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Paola Bertolone

«Sarò bella e vincente».
Le lettere di Eleonora Duse al conte Giuseppe Primoli

Roma, Edizioni di storia e letteratura, 2018, 236 pp., euro 28,00
ISBN 978-88-9359-271-0

«Sarò bella e vincente»: le parole che danno il titolo a questo importante volume curato da Paola Bertolone sono quelle con cui Eleonora Duse chiude una breve lettera scritta nell’aprile del 1904 al conte Primoli, l’amico Gegé, per comunicargli i suoi spostamenti e la ritrovata energia creativa, compromessa dalla recente fine del rapporto sentimentale e artistico con Gabriele D’Annunzio. Il ritrovato entusiasmo porterà l’attrice verso Parigi, verso la drammaturgia di Maeterlinck e l’interpretazione di Monna Vanna. Anche per questo scrive a Primoli. Vuole che l’amico avverta l’autore belga delle sue intenzioni: «Prego telegrafare a Maeterlinck del mio arrivo. Desidero vederlo per mettermi d’accordo su tutto».

Poche le frasi, ma comunque sintomatiche della natura del rapporto – profondo, intenso e duraturo – intercorso tra l’attrice e il conte, suo intimo confidente nonché generoso e infaticabile intermediario col mondo intellettuale e aristocratico di due importanti città, Roma e Parigi. Un ruolo che fu forse decisivo per l’avvio della carriera internazionale della Duse e che Bertolone, nella sua esaustiva Introduzione, così sottolinea: «l’ampiezza delle conoscenze a livello non solo francese ma europeo […] rende tangibile, per così dire, la funzione sociale e culturale di public relations di Gegé Primoli nei confronti di Eleonora Duse. Sarà soprattutto quello del ponte tra le due culture nazionali italiana e francese, l’elemento che creerà e fortificherà il fecondo rapporto tra l’attrice e il Conte» (p. XXIX).

Le parole della Duse qui citate costituiscono soltanto un piccolo saggio di quanto reperibile in questo vasto corpus epistolare che raccoglie ben trecentotredici documenti – tra lettere, biglietti e telegrammi – inviati nella quasi totalità dalla Duse a Primoli, il quale firma solo tre autografi. Un carteggio ponderoso che si segnala anche per la lunga durata di circa un quarantennio, dal 1882 al 1921, e che abbraccia quasi tutta la carriera artistica della Diva, dai suoi momenti iniziali fino al ritorno alle scene, avvenuto appunto nel 1921, dopo l’abbandono improvviso del 1909.

Il volume, realizzato sotto l’egida della Fondazione Primoli che custodisce gli originali delle missive, si configura come la terza operazione editoriale dedicata nell’ultimo decennio alla pubblicazione di autografi dusiani. Aggiunge così preziosi tasselli a quelli già costruiti da Maria Ida Biggi con la pubblicazione della raccolta delle lettere inviate dalla Duse alla figlia (Ma Pupa, Henriette. Le lettere di Eleonora Duse alla figlia, Venezia, Marsilio, 2010) e da Franca Minnucci che ha editato il carteggio tra Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio («Come il mare io ti parlo», Milano, Bompiani, 2014). Due libri, forse non per mera coincidenza, intitolati anch’essi servendosi delle dirette parole dell’attrice e che, insieme, costruiscono un filone di studi entro cui inserire anche questa nuova pubblicazione, più eccentrica e particolare rispetto alle precedenti proprio per la natura, puramente amicale e collaborativa, dei rapporti tra i corrispondenti.

La particolarità e l’interesse del carteggio furono colti pienamente, verso la fine degli anni Sessanta del Novecento, da Gerardo Guerrieri, profondo, capillare, raffinato e instancabile studioso dusiano, il cui archivio è conservato presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Trascurando altre corrispondenze, pur da lui frequentate ma evidentemente ritenute meno significative, Guerrieri si era impegnato a curarne personalmente l’edizione e ne aveva annunciato l’imminente uscita. Le sue dichiarazioni, meglio di quelle di chiunque altro, rivelano l’indiscutibile centralità dell’epistolario, che assume significato non solo per ciò che riguarda strettamente la vita privata e artistica dell’attrice, ma per l’intera storia del teatro italiano a cavallo tra Otto e Novecento: «la Fondazione Primoli annuncia, a cura del sottoscritto, la pubblicazione delle lettere della Duse al conte Primoli. Tale epistolario, una volta completato, sarà uno strumento essenziale per la storia del teatro italiano da [sic!] un buon mezzo secolo: quello che va dalla metà del secondo cinquantennio dell’Ottocento alla metà del primo cinquantennio del Novecento. E se ne può già intendere il valore direi di linea di forza e asse direzionale che attraversa e collega e calamita eventi teatrali disparati e assai distanti nella prospettiva storica, stimolando a illuminarne i contorni spesso debolmente documentati».

Quella di Guerrieri, dunque, ancor più che un’intenzione, fu una vera e propria promessa; ma il progetto, come altri suoi concepiti sulla Duse, non vide purtroppo la conclusione. Ne ha per nostra fortuna recentemente raccolto l’intuizione e l’eredità proprio Bertolone, esperta studiosa dusiana che, con serietà e abnegazione, ha vagliato le carte, le ha trascritte, ha attribuito loro una non facile datazione, le ha divise in sezioni che ha poi incorniciato con opportune contestualizzazioni. L’operazione che ne è seguita ha fatto pienamente e correttamente rivivere quegli autografi e li ha consegnati al lettore in modo ordinato e coerente, mettendolo in grado di coglierne – oltre ai dati sostanziali, troppo numerosi per poter essere qui brevemente elencati – anche quegli elementi più intimi e sotterranei che restituiscono tratti particolari della personalità di Eleonora Duse.

Ne scaturisce un ritratto dell’attrice più vero e concreto, finalmente privo di quelle sovrastrutture preconcette cui spesso le biografie dusiane, anche quelle più recenti, sembrano invece sottostare. Non è riguardo a questo aspetto ininfluente quanto notato dalla curatrice che si sofferma sulla «particolare nota di ironia […] che è un tratto ricorrente della personalità dell’attrice. Tratto non sempre sottolineato, a fronte della trasmissione nella storiografia di una prevalente immagine come dolente e vittima sacrificale, ma che invece spicca forse in modo più significativo proprio nel carteggio con Gegé, dove non vi sono implicazioni sentimentali e vincoli di relazione e dove è palpabile l’agio dell’attrice» (p. 183).

Ci sembra pertanto di poter affermare che difficilmente, chiunque da ora in poi vorrà occuparsi della Duse, del suo teatro e più in generale della storia del teatro italiano tra Otto e Novecento, potrà trascurare la lettura di questa particolare e preziosa corrispondenza.



di Francesca Simoncini


La copertina

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