Il compositore e musicista Jonathan
Impett, direttore della ricerca allOrpheus Institute di Ghent e docente
alla Middlesex University di Londra, dà alle stampe un progetto ambizioso:
quello di indagare in un quadro complessivo la natura e levoluzione del
pensiero musicale di Luigi Nono. Il grande maestro veneziano,
scomparso nel 1990, ha nel
tempo attirato lattenzione di importanti studiosi: basti ricordare, per
limitarsi allorizzonte nostrano, i lavori di Angela Ida De Benedictis e
Veniero Rizzardi, tra cui lessenziale raccolta degli Scritti e
colloqui (Lucca, Ricordi-LIM, 2001). Non particolarmente nutrita è invece la bibliografia in
lingua inglese dedicata a Nono. Lo sforzo di Impett è dunque rivolto a colmare
questa parziale lacuna attraverso un volume corposo (oltre
cinquecento pagine) che rivolge unattenzione puntuale a tutte le fasi
della carriera del compositore. Oltre ai materiali editi (i numerosi
dischi e le edizioni critiche delle partiture approntate da Ricordi),
lindagine di Impett ha sfruttato in modo intensivo le risorse – manoscritti,
schizzi, corrispondenza e biblioteca personale – conservate alla Fondazione
Archivio Luigi Nono, istituzione con sede a Venezia diretta dalla moglie del maestro, Nuria Schoenberg.
La ricerca ha anche beneficiato del contributo di alcuni stretti collaboratori di Nono: il flautista Roberto
Fabbriciani, lex direttore dellExperimentalstudio di Friburgo André
Richard, il trombonista-tubista Giancarlo Schiaffini e il regista
del suono e informatico musicale Alvise Vidolin. Questo approccio ha
permesso di ricostruire in modo organico la vicenda noniana, immergendo le
composizioni – pure indagate con perizia musicologica – in un contesto
esistenziale, culturale, sociale, politico e filosofico preciso. La tesi centrale del volume è che
la vitalità del pensiero musicale di Luigi Nono si giochi interamente nel
dominio, appunto, musicale: «Nono resists the mapping of reasoning from other
domains onto music. Decisions
are musical decisions, not graphical, theoretical, architectural or
metaphorical» (p. 6). Questa pratica, pur nella sua autonomia, si fa
veicolo di un profondo umanesimo che connota lhabitus di Nono e la sua
visione “etica” dellattività compositiva: «For me our humanity is the
principal foundation of everything: life, being, work, love, music (which is
nothing other than LIFE). Within
me there is a part of collectivity, I come from collectivity, and I live and
work on this foundation», scriverà a Stockhausen nel 1952 (p. 85). Impett applica allopera di Nono diverse
direttrici interpretative che ritiene utili a rivelare il pensiero musicale del
compositore: il potere trasformativo della musica, tanto a livello individuale
quanto a livello sociale, e il legame strettissimo con la militanza politica;
il rapporto fra musica, storia e linguaggio; la natura dellopera musicale
“diffusa” fra testo, tempo, tecnologia e singoli individui; la performatività
dellatto compositivo; infine lascolto come atto culturale. Visto attraverso
queste lenti, il percorso di Nono si pone come parabola storica esemplare nellambito dei profondi rivolgimenti che segnano la cultura
occidentale e che vedono trasformarsi nel tempo lattività musicale di ambito
“colto”, il ruolo del compositore e la stessa consistenza dellopera musicale
come “oggetto”. Il pensiero noniano sembra anticipare in questo senso «the new
technological state of culture of the twenty-first century» (p. XX). Il percorso cronologico comincia nel
primo capitolo con un affondo nelle radici familiari e locali del compositore, nella
convinzione che importanti componenti del suo pensiero musicale abbiano uno
stretto legame con la storia culturale, artistica ma anche artigianale di
Venezia, nonché con la sua topografia. Gli anni della formazione sono poi narrati
nel secondo capitolo attraverso una serie di incontri essenziali, una rete di
rapporti entro la quale la personalità di Nono fiorisce e che ne segneranno gli
sviluppi futuri: il primo maestro al Conservatorio di Venezia Gian Francesco
Malipiero; il grande amico e sodale Bruno Maderna; il direttore
dorchestra Hermann Scherchen, responsabile della diffusione delle
musiche più avanzate dellepoca; la pianista e compositrice brasiliana Eunice
Katunda, che fece conoscere a Nono lopera di Lorca; il campione
della dodecafonia René Leibowitz e il suo volume su Schoenberg et son
école (Paris, J.B. Janin, 1947); e il magistero di Luigi Dallapiccola. A partire dal terzo capitolo si
entra nel vivo delle opere musicali. Si procede in senso cronologico, gettando
luce su alcuni nodi concettuali, come ad esempio il complesso e ambivalente
rapporto di Nono con il modernismo di Darmstadt, o la relazione fra poesia,
dramma e musica, o limpegno politico. Ai grandi capolavori sono dedicati
capitoli isolati (Il canto sospeso, Intolleranza 1960, Al gran
sole carico damore, Prometeo). Lanalisi puntale delle opere, in
cui sono riportate anche notizie dettagliate sulla genesi e il contesto della
composizione, è occasionalmente intervallata da paragrafi connettivi che “fanno
il punto” sul percorso di Nono, fornendo informazioni biografiche, riferimenti
agli scritti, considerazioni più generali sugli sviluppi del suo pensiero
musicale. Una struttura che, se da un lato dà ampio spazio alle singole opere,
dallaltro rende forse meno agevole reperire quelle linee di forza che pure
Impett individua nella produzione di Nono e che delineano un pensiero di
carattere «spatial, numerical, graphical, perspectival, poliphonic» (p. XXI). Queste tendenze ricorrenti
emergono e si inabissano nel corso del volume con un movimento carsico,
districandosi in una straordinaria trama di dati, documenti e spunti analitici
che chiunque voglia in futuro occuparsi del compositore veneziano – ma anche in
generale della musica europea del secondo Novecento – non potrà evitare di
affrontare.
di Giulia Sarno
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