Dopo
un approfondimento su
Le cacce reali
nellEuropa dei principi la
collana “La civiltà delle corti” del Centro Studi delle Residenze Reali Sabaude
prosegue con un volume dedicato a Diana, sotto il cui nume sorse, poco dopo la
metà del Seicento, la Venaria Reale di Torino. Grazie al programma iconografico
stilato da Emanuele Tesauro – responsabile dellideazione dei cicli decorativi
per le residenze ducali e degli apparati effimeri per gli eventi festivi – la
reggia divenne il “racconto” per immagini del
mito della Dea e della sua trasfigurazione
sub
allegoria. Divinità lunare protettrice della caccia, Diana occupava in
quegli stessi anni un posto di rilievo nel linguaggio metaforico condiviso
dalle corti europee di Antico Regime. Grazie alle sue virtù appariva adatta a
trasmettere alcuni princìpi cardine della autorappresentazione del potere:
lintegrità morale del principe, la sovranità come prerogativa congenita e
connaturata alla classe regnante, luso legittimo della forza.
Da
qua lo sguardo multidisciplinare e attento allEuropa adottato nei saggi
raccolti da Giovanni Barberi Squarotti,
Annarita Colturato e Clara Goria. Unindagine attenta alla
fortuna del mito nella lunga durata, come dimostra la prima sezione del volume,
Dallantichità alla civiltà delle corti,
e lultima, Sguardi tra Sette e Novecento.
Vi si affrontano tematiche come il rapporto della Dea con la luna nella
letteratura antica (Gioachino Chiarini);
la sua presenza nelle opere di Boccaccio (Luigi
Surdich); il suo carattere ambiguo, legato alla morte e alle potenze della
notte, ma anche alla contemplazione e alla sapienza filosofica, senza
dimenticare lidentificazione con Lucina, patrona delle nascite e delle nutrici
(Rinaldo Rinaldi). Divinità
proteiforme, nel primo Cinquecento Diana fu iscritta entro più ampi programmi
di rappresentazione astrologica sia in virtù del ricordato legame con la luna,
sia come simbolo dellacqua. Eccola allora dipinta da Peruzzi alla Farnesina
nelloroscopo del mecenate Agostino Chigi e inserita da Raffaello nelle
invenzioni per i mosaici della cappella della famiglia senese in Santa Maria
del Popolo a Roma. Protagonista di imponenti apparati pittorici, divenne
tutrice della castità della badessa Giovanna da Piacenza e si trasfigurò in
chiave filosofica e contemplativa: da oggetto di ardite identificazioni con la
Trinità e con la Vergine in emblema della sapienza esoterica nella ricerca
spirituale della verità (Stefania
Lapenta).
La
sua fortuna proseguì nel Sette-Ottocento affascinando, ad esempio, Foscolo e
Leopardi (Francesca Fedi), ma anche
i ritrattisti francesi come dimostrano i molti quadri «en diane» (Alessandro Malinverni). A lei si ispirò
un interprete come Pompeo Batoni che, in sintonia con il mondo poetico
dellArcadia e con la cultura antiquaria del tempo, attinse al mito per quadri
da stanza, pitture di storia, dipinti di paesaggio (Liliana Barroero). E nonostante le aspre critiche ai soggetti
mitologici e la polemica romantica a favore di una più autentica
modernizzazione del genere storico, la ritroviamo nelle pitture di Felice Giani
per le dimore patrizie tra Faenza, Forlì e Bologna e nelle creazioni dei
giovani artisti piemontesi di cultura accademica (Monica Tomiato). Continuando nel tempo a prestarsi ad
attualizzazioni, riscritture e variazioni fino alle odierne trasposizioni pop (Michele Dantini).
Le
variazioni del mito intrigarono dunque gli artisti su più fronti, come
dimostrano le indagini della seconda sezione: Le corti italiane e la corte di Francia.
Il motivo del bagno con le ninfe, del disvelamento e della seduzione del corpo
femminile, la rappresentazione degli “affetti” e il tema delle metamorfosi, tra
cui quella di Atteone, ben si adattavano ai modelli etico-comportamentali di
quel mondo cortigiano nel quale erano ancora vivi gli ideali cavallereschi di
impronta medievale. Basti pensare al tema eroico-amoroso riletto in chiave
cortigiana da Parmigianino nella Rocca Sanvitale di Fontanellato (Elisabetta Fadda) o alle tipologie, più
misteriose ed esoteriche, che nacquero nella Firenze di Francesco I dallunione
tra la Diana Efesia, la Dea Natura e antiche divinità femminili come Cibele e
Iside (Valentina Conticelli). Ma la
reinvenzione del mito passò anche attraverso gli apparati iconografici per le
residenze del Lazio (Patrizia Tosini)
e per la Francia di Luigi XIII (Delphine
Trébosc e Céline Bohnert),
mentre spicca la sua assenza nel mecenatismo estense (Sonia Cavicchioli).
A
questi modelli, superandoli, si ispirò la
reggia di Diana alla Venaria Reale. La cosa non sorprende. Nel presentarsi
sulla scacchiera europea i Savoia scelsero la Dea come emblema della loro
identità dinastica e politica. Casta e cacciatrice, evocava la virtù e la pietas religiosa dei “principi
guerrieri” che “offrivano” il proprio stato alla cristianità come baluardo
contro le eresie dOltralpe. La Venaria non era solo una residenza dallerudito
decoro classicheggiante, ma «una sorta di breviario per emblemi con funzione
etica e politica» (p. X) che si dispiegava, attraverso oltre un centinaio di
immagini, dalle decorazioni degli interni (Giovanni Barberi Squarotti e Clara
Gloria) a quelle dei giardini (Paolo
Cornaglia), per essere ripreso e amplificato nelle altre residenze sabaude
(Sara Martinetti).
Ma
il fascino di Diana si manifestò anche in un altro imprescindibile capitolo
della cultura di Antico Regime: quello dei balletti di corte (basti evocare il
nome di Viganò) e dellopera in musica cui offriva la possibilità di introdurre
effetti scenici sorprendenti. Un mito che si adattava a una favola boschereccia
come Diana schernita, messa in scena
a Roma nel 1629 (Michele Curtis); a
un dramma per musica come La Calisto
di Cavalli, rappresentato a Venezia nel 1651; al ventaglio di generi del Grand Siècle, spesso concepiti in
contrapposizione ai modelli italiani (Jean
Duron). Lo stesso mito era utilizzato per presenziare nozze di alto rango
in Spagna (Leonardo J. Waisman) o
per presiedere al mondo dei morti nella tradizione popolare (Febo Guizzi).
In conclusione, un libro che approccia in maniera originale e
interdisciplinare il mito di Diana, sottolineandone il significato nella lunga
durata. La ricerca di riscritture e attualizzazioni in diversi ambiti culturali
(pittorico, scultoreo, letterario, filosofico, performativo) restituisce la complessità
delle differenti, possibili chiavi di lettura.