Il
volume miscellaneo curato
da Francesco Cotticelli e Roberto Puggioni ha come nodo centrale
il rapporto tra Filologia e Storia dello spettacolo, tra testi teatrali e tutto
ciò che concorre alla
messinscena. I trenta saggi raccolti seguono un percorso che va dallantica
Grecia al Novecento.
Si affrontano i testi teatrali di Sofocle (Ugo Criscuolo), Aristofane (Angela
Maria Andrisano, Maria Luisa
Chirico) e Seneca (Filippo Amoroso),
i drammi pastorali di Tasso e Guarini (Laura
Riccò, Roberto Puggioni), Shakespeare (Tiffany Sern, Paola Pugliatti),
gli autori del Siglo de Oro come Calderón (Ignacio Arellano, Juan M. Escudero), il trio
Pariati-Conti-Bibbiena (Angela Romagnoli),
Goldoni (Anna Laura Bellina, Anna Scannapieco), Carlo Gozzi (Alberto Beniscelli), Petito (Franco Carmelo Greco), Mastriano (Loredana Palma), Eduardo e Titina De
Filippo (Nicola De Blasi, Giuseppina Scognamiglio) per finire con gli adattamenti cinematografici di Kurosawa (Armando
Rotondi).
Gli
studi propongono molteplici spunti di riflessione sullapplicazione dei metodi
filologici alla complessa disciplina della Storia dello spettacolo. Paola Radici Colace indaga sulletimologia
di alcuni termini afferenti al teatro greco rilevando come questi si siano radicati nel
quotidiano; si pensi a prosopon che
significa maschera, personaggio ma anche volto umano. La studiosa riflette anche sulla
metafora come strumento per mettere in relazione il microcosmo teatrale e il
macrocosmo reale: ne riscontra
un uso abbondante in autori come Luciano,
Plutarco e Dione Cassio.
Nel
Cinquecento si assiste a un fenomeno di “testualizzazione”. Marzia Pieri
analizza le varie forme testuali: la “drammaturgia consuntiva”; la
trattatistica; i testi spettacolari volti a celebrare corti e signori; le forme
dilettantistiche accademiche. Con la prima tipologia si apre il capitolo
dedicato alla Commedia dellArte, tramandata da forme ibride fra oralità e
scrittura e tuttavia non estranea alla trattatistica (pensiamo a Flaminio
Scala, Tristano Martinelli e Giovanbattista Andreini). Anna Maria Testaverde pone come punti di riferimento Zorzi e il
convegno Origini del teatro moderno. La
Commedia dellArte (Pontedera, 1976) e individua negli anni Sessanta il
nucleo di unindagine su “canovacci”, “scenari” e “mandafuora”. Da qui il
legame tra testo e pratica teatrale, tra filologia e “analisi strutturale”. Francesco
Cotticelli cita le trattazioni di Siro Ferrone su viaggi, transazioni e
biografie come snodo fondamentale per gli studi sul teatro di mestiere; si opta
per lincrocio delle fonti, siano esse immagini, canovacci o carteggi.
Quanto
al teatro musicale, le considerazioni di Paologiovanni Maione sulla
scena partenopea del Settecento e di Claudio Toscani sulle edizioni
critiche dellopera di Verdi; si riflette sulle stratificazioni storiche, sulle
forme preventive e consuntive e, per dirla con Piermario Vescovo, sui
processi di “trasmissione”. Tenendo conto della componente visiva dellopera Maria Ida Biggi prende in esame Puccini
e Manon Lescaut per confrontare
materiali letterali, musicali e iconografici; Francesc Cortés si occupa invece delleditoria spagnola e propone alcune
metodologie per trattare partiture, libretti, frammenti, libri darte, edizioni
auliche, storiche, nazionalistiche e pratiche.
Infine il
saggio di Armando Rotondi riflette
sul confronto tra “traduzione” e “adattamento” attraverso il
cinema di Kurosawa, ispirato al teatro shakespeariano ma anche al Nō
giapponese.
Il volume si conclude
ponendo unulteriore problematica.
«Sembra che la traduzione sia per forza anche un adattamento» afferma Rotondi riprendendo Eco (cfr. Dire quasi la
stessa cosa. Esperienze di traduzione, Milano, Bompiani, 2003); ciò che
influisce è il contesto. Le analisi sui testi teatrali rispondono quindi a
regole diverse rispetto alla filologia classica; come spiega Antonia Lezza
trattando lopera di Viviani, nel primo caso ci troviamo davanti a
unarte recente e ancora da sviluppare.
Benedetta Colasanti
|
|