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Le stagioni di Niccolò Jommelli

A cura di Maria Ida Biggi, Francesco Cotticelli, Paologiovanni Maione, Iskrena Yordanova

Napoli, Turchini, 2018, 1116 pp., euro 35,00
ISBN 97-8888-949-1164

È uscito, per la Collana a cura del Centro di Musica Antica Pietà de’ Turchini di Napoli, uno studio collettaneo dedicato a Niccolò Jommelli in occasione del trecentesimo anniversario della nascita. Aspetti inediti o poco indagati della vita e dell’opera dell’illustre musicista sono analizzati in una ponderosa raccolta di saggi (oltre mille pagine) firmati da studiosi italiani e internazionali, per le cure di Maria Ida Biggi, Francesco Cotticelli, Paologiovanni Maione, Iskrena Yordanova.

Il contesto storico-culturale su cui si staglia la vicenda di Jommelli è esaminato da Giulio Sodano e Riccardo Lattuada, che delineano rispettivamente le vicende politiche dei primi lustri del Regno dei Borbone a Napoli e le rigogliose fasi della pittura italiana ed europea che accompagnano la vita del musicista dagli anni Dieci del secolo fino all’anno di morte (1774). I rapporti di Jommelli con i contemporanei sono indagati da Alberto Beniscelli, che seleziona i luoghi di interesse dell’epistolario metastasiano, e da Raffaele Mellace, che mettendo assieme i giudizi degli uomini del suo tempo restituisce la percezione non univoca che la sua musica seppe destare.

Ricchi apparati documentali sono messi a frutto da Marina Marino, con dettagliate precisazioni sull’atto battesimale e sugli anni di apprendistato del compositore; da Antonio Caroccia e Francesca Seller, mediante un resoconto sui brani jommelliani custoditi nelle collezioni pubbliche e private del Regno delle due Sicilie; e da Rosa Cafiero e Giulia Giovani, che mettono a punto un catalogo ragionato delle composizioni autografe conservate nella collezione dell’amico “dilettante” Giuseppe Gismondo.   

Circostanziate analisi musicologiche offrono Paolo Sullo, attraverso una lettura comparata delle sinfonie del compositore aversano presenti negli archivi romani; Giacomo Sances e Giacomo Sciommeri, autori di uno studio preliminare su cinquantacinque brani di musica profana a lui attribuiti presso il Fondo Baini della Biblioteca Casanatese di Roma; e Ciro Raimo, che pone in evidenza gli artifici tecnico-tastieristici delle composizioni operistiche e sacre. Di trame collezionistiche si occupa anche Sarah M. Iacono, ricostruendo la fortuna dell’esiguo corpus di cantate del musicista aversano tra Napoli e la Terra d’Otranto. 

Sul versante teatrale, Paologiovanni Maione approfondisce il ritorno di Jommelli al Teatro dei Fiorentini di Napoli nel biennio 1747-1748; Roberto Scoccimarro presenta gli esiti di una ricerca pluriennale condotta sugli intermezzi Don Chichibio (1741) e L’Uccellatrice (1750) (e sue rielaborazioni); Francesco Cotticelli ripercorre la drammaturgia napoletana tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo; mentre Paola De Simone e Nicolò Maccavino introducono i criteri base di una edizione critica, di prossima pubblicazione, relativa alla “festa teatrale” Cerere placata (1772).

Preziosi apporti documentali sulla spettacolarità partenopea degli anni Settanta del Settecento sono offerti da Raffaella Passariello e Stefania Prisco, che presentano i frutti di uno spoglio a tappeto delle carte del Banco di San Giacomo presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli. Se Beatrice Alfonzetti indaga i rapporti tra opera e tragedia nella rete di scambio che collega Roma e Venezia nei decenni centrali del secolo, Antonella D’Ovidio mette a fuoco l’attività di Jommelli operista al Teatro Argentina negli anni Quaranta. Restando nella città pontificia, Bruno Forment si concentra sul fortunato Cajo Mario (1746) collegandone il soggetto operistico con una serie di “dipinti teatrali” del pittore e scenografo Antonio Joli. Di Ifigenia si occupa invece Francesca Menchelli-Buttini, che mette a confronto gli allestimenti dell’opera a Roma (1751) e a Napoli (1753).

La fase veneziana di Jommelli è illustrata da Maria Ida Biggi, con un focus sugli aspetti scenografici dei principali teatri cittadini negli anni Quaranta; da Menchelli-Buttini, che riflette sugli sviluppi musicali del libretto della Merope (1741-1742); da Andrea Chegai, il cui approfondimento pone in rilievo le soluzioni drammaturgiche e sceniche della produzione jommelliana per il teatro di San Giovanni Grisostomo; e da Giovanni Polin, che contestualizza l’esperienza veneziana del maestro di Aversa nel panorama culturale e spettacolare della Serenissima.   

A mettere in valore la dimensione performativa delle composizioni jommelliane contribuiscono Lorenzo Mattei, che individua elementi di attorialità nella musica prodotta a Stoccarda alle dipendenze del Duca di Württemberg tra gli anni Cinquanta e Sessanta; e Lucio Tufano, che esamina le funzioni e le tecniche del “cantare a parte” tramite exempla, dall’Astianatte (1741) all’ultima ripresa della Didone in terra tedesca (1763).

I rapporti di Jommelli con l’Europa sono documentati da Rosy Candiani, che ricostruisce la proficua collaborazione del musicista con Metastasio e Farinelli nell’allestimento di Semiramide per le scene madrilene (1753); da Maione, che ripercorre i fitti tracciati musicali tra le corti di Napoli e di Lisbona; e da Cristina Fernandes, il cui studio sulla biblioteca dell’infanta di Portogallo e regina di Spagna Maria Bárbara de Bragança aggiunge un prezioso tassello alla conoscenza della circolazione dei repertori di musica nel Vecchio Continente.

Chiudono il volume la pubblicazione di una parte dell’inedito epistolario portoghese di Jommelli a cura di Iskrena Yordanova; l’analisi dell’oratorio La passione di Gesù Cristo (1749) condotta da Anthony Deldonna; un contributo sulla fortuna musicale della figura biblica di Giuseppe tra Sei e Settecento a firma di Teresa Chirico; e le osservazioni di Michael Pauser sugli influssi della musica sacra veneziana sul Miserere (1774).



di Gianluca Stefani


La copertina

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