I temi della connettività e della
diffusione globale della musica elettronica sono al centro del volume curato da
Simon Emmerson per la collana “Routledge
Research in Music”. Un nuovo orizzonte di studi in cui da un lato si punta a
superare il canone euro-americano che ha a lungo plasmato le narrazioni e i
miti di fondazione della musica contemporanea, guardando agli altri continenti;
dallaltro si registra la caduta degli steccati tra i generi della “musica
fatta con la tecnologia” (p. 10), prendendo in considerazione anche pratiche
associate alla cultura popular.
I contributi sono articolati in
tre sezioni. Nella prima si indaga il rapporto fra dimensione globale e locale.
Ricardo del Falla propone una vasta
panoramica sullAmerica Latina in cui vengono presi in esame i numerosi
progetti in corso, sottolineando la vivacità del continente nel campo
dellelettronica. Molteplici le aree di ricerca esplorate: sviluppo di nuovi strumenti
musicali digitali (interessanti quelli basati su modelli precolombiani); relazione
fra musica e processi cognitivi; rapporto fra cultura popolare, comunità e arti
elettroniche.
Due contributi sono dedicati
allAsia Orientale. Nel primo, Marc
Battier e Lin-Ni Liao approfondiscono
i recenti sviluppi e le tendenze della musica elettronica nella Cina
continentale, Taiwan, Hong Kong, Macau e Giappone. La musica prodotta oggi in
questarea è contraddistinta da tratti specifici legati alle culture poetiche,
musicali, religiose e filosofiche che caratterizzano il contesto locale.
Linterazione fra le nuove tecnologie e questi aspetti può generare peculiari
processi interculturali. Nel secondo contributo, Leigh Landy si concentra sulla tendenza dei compositori della
Repubblica Cinese a includere nei propri lavori elementi della cultura
tradizionale. Sono individuate e discusse tre modalità operative: il sampling (“campionamento”), ovvero il
riuso di materiali sonori desunti dalla musica cinese allinterno della
composizione elettroacustica; limpiego di strumenti musicali o di tecniche
compositive locali; un più elusivo riferimento a tratti culturali quali ad
esempio la tradizione buddista o il taoismo.
Patrick Valiquet discute le classificazioni di genere come sistemi
complessi, connotati a livello culturale e storico, guardando alla scena
contemporanea di Montréal e alla relazione fra i musicisti underground e la tradizione elettroacustica. Benché la distinzione di
stampo adorniano fra cultura alta e intrattenimento si possa considerare in
larga parte superata, nella prassi locale si rilevano ancora forti dinamiche di
contrapposizione ed esclusione. In questa prospettiva, luso delle nuove
tecnologie può configurare un campo di negoziato estetico. Nella panoramica di Hillegonda Rietveld sulla musica dance elettronica, la techno (forma prevalentemente
strumentale che esibisce la provenienza “sintetica” dei suoni) è individuata
come denominatore comune di un insieme di pratiche diffuse a livello globale e
variamente caratterizzate a livello locale, sociale ed etnico. La studiosa
esplora le articolazioni di questa «transnational lingua franca» (p. 128), sottolineando gli aspetti estetici legati
alla ritualità della danza nel contesto della condizione post-umana della technoculture.
La seconda parte del volume si
concentra sulla nozione di “inclusione” e sulle varie forme che questa può
assumere nellambito della musica elettronica. Sono qui proposte esperienze diversificate.
Si va da Som de Maré, un progetto di
arte sonora condotto nelle favelas di
Rio de Janeiro (ne parlano i curatori Pedro
Rebelo e Rodrigo Cicchelli Velloso),
a una serie di workshop condotti da Atau Tanaka e Adam Parkinson in cui la questione della partecipazione è centrale
tanto dal punto di vista tematico quanto metodologico (i workshop sono concepiti come occasioni di sperimentazione di
pratiche di peer-learning). La
dimensione sociale caratterizza anche i lavori di Leah Barclay, in cui si esplorano le possibilità interdisciplinari
del suono come mezzo per la comprensione del cambiamento climatico.
Sally Jane Norman riflette sul concetto di accordatura in relazione
alle nuove pratiche strumentali e agli ambienti tecnologici in cui siamo
immersi. Le possibilità estese che lelettronica fornisce al musicking generano nuove forme di
accordatura e “meta-gesti” legati a nuovi organi esosomatici («technical
artefacts that extend, substitute and compensate for natural powers of the
human body», p. 204). Il rapporto fra corpo e tecnologia è centrale anche nel
contributo di Eduardo Reck Miranda e
Joel Eaton. Vi sono esaminati quattro
progetti nel campo della neurotecnologia musicale, una nuova area di studi che
interseca neurobiologia, ingegneria e musica. Lidea di adoperare i dati
relativi allattività cerebrale per la creazione di musica può avere molte
declinazioni, non soltanto in termini di sintesi del suono e modalità di
composizione. Uno dei progetti discussi riguarda la realizzazione di interfacce
di comunicazione fra cervello e computer in modo da consentire anche a chi non
può muovere gli arti di generare suoni.
Nella terza sezione si riflette
sullestensione della performance e
dellinterazione musicale, anzitutto rispetto alle pratiche sviluppatesi in
rete: se internet, con la sua “pervasività”, può essere considerato «the
ultimate prothesis» (p. 14), le networked
performances che vi sono ospitate assumono oggi una centralità inedita.
Simon Emmerson traccia gli sviluppi ventennali di queste pratiche, discutendo
le nuove concezioni relativistiche del tempo e dello spazio che le informano,
mentre Kenneth Fields (in coda allo
stesso saggio) dà conto di alcune esperienze del programma di ricerca Syneme coordinato
tra il 2008 e il 2013 presso lUniversità di Calgary, ora con sede a Pechino.
Della proiezione del suono nello
spazio si occupa Jonty Harrison.
Ripercorrendo le tappe del sistema BEAST (Birmingham Electro-Acoustic Sound
Theatre) dalla sua creazione (1982) a oggi, Harrison affronta questioni più
generali: alla luce delle tangenze fra composizione e performance nella musica
acusmatica, si interroga su che cosa voglia dire diffondere unopera fissata su
supporto traducendo le intenzioni del compositore, codificate nellUrtext del “nastro”, dallambiente
controllato dello studio allo spazio performativo.
In chiusura, Mick Grierson indaga le possibilità offerte dal creative coding nel campo dellarte
audiovisiva presentando la piattaforma interattiva multi-user CodeCircle.
di Giulia Sarno
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