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Il senso del teatro, «Teatro e Storia», a. XXXII / n.s. X, n. 39, 2018


454 pp., euro 30,00
ISSN 0394-6932

L’annale n. 39 di «Teatro e Storia» si apre – dopo la consueta Introduzione del direttore responsabile Mirella Schino (pp. 9-34) – con la presentazione dello spettacolo pensato nel 2016 dalla regista Ariane Mnouchkine per il Théâtre du Soleil: Une chambre en Inde (pp. 35-41). Fortemente autobiografico, è stato vissuto dagli spettatori come definitivo, quasi un testamento in cui ci si interroga su quel “senso del teatro” che è il filo conduttore del numero della rivista. «Di che deve o può parlare il teatro ai tempi del Bataclan? Di politica, deve essere teatro politico, è la risposta. Ma in quanti modi il teatro può essere politico?» (p. 9) sono solo alcune delle complesse domande a cui tentano di rispondere, sulla scia dello spettacolo, Georges Banu (pp. 43-46) e Duccio Bellugi (pp. 47-54).

Segue un dossier dedicato all’attore catanese Giovanni Grasso (1873-1930): attraverso lo studio dei contesti culturali in cui l’artista lavorò e della rete di relazioni internazionali intessuta durante le sue tournée, vengono indagati il suo statuto tecnico e artistico e l’influenza che ha avuto su alcune personalità del teatro del XX secolo (pp. 55-221). I contributi dei ricercatori si alternano con i materiali: documenti provenienti da Russia, Francia e Regno Unito che illuminano le esperienze di Grasso in quei paesi. Da segnalare, in particolare, gli interventi di Emeline Jouve sulla New York degli anni Venti del secolo scorso (pp. 171-193); di Alice Folco sull’impresario Lugné-Poe (pp. 147-166); di Stefania Rimini Simona Scattina sulle attrici Marinella Bragaglia e Mimì Aguglia (pp. 197-221); nonché le pagine dedicate all’incontro di Grasso con Craig e Mejerchol’d (pp. 83-129).

A Mejerchol’d è dedicato anche il saggio di Béatrice Picon-Vallin che segue negli scritti e negli spettacoli del regista russo le tracce del suo interesse verso il teatro di figura occidentale e asiatico (pp. 223-231). Con Manuela Pietraforte si torna a uno sguardo d’attore con il racconto della sua esperienza prima in Etiopia e poi in Sud Sudan (pp. 233-240). Mentre si è svolto in Kenia il progetto Malkia, un laboratorio di teatro-formazione al femminile tenuto da Letizia Quintavalla tra il 2005 e il 2010 (pp. 241-248). Un racconto toccante, che restituisce il dolore e il ricordo di una ragazza africana di neanche vent’anni che, analfabeta, aveva imparato a recitare Brecht prima di sparire senza lasciare traccia. Autobiografico anche lo scritto a quattro mani di Milena Salvini Isabelle Anna sul parigino Centre Mandapa (pp. 309-316). 

La memoria di Zbigniew Osiński, scomparso il 1° gennaio 2018, è affidata a Marina Fabbri, che traccia il profilo della sua vita di studioso (pp. 249-260), a Franco Ruffini, che ricorda le esperienze condivise (pp. 283-283), e a una selezione di lettere che Grotowski gli inviò tra il 1962 e il 1997 (pp. 261-281). Un ricordo anche l’intervento di Samantha Marenzi su Artaud (pp. 287-298) e quelli di Eugenio Barba Arianna Berenice De Sanctis su Mario Delgado (pp. 317-346). Entrambi sono seguiti da una selezione di lettere autografe (pp. 299-308 e 347-350).

Chiude il volume un secondo dossier dedicato al libro di Barba e Savarese I cinque continenti del teatro. Fatti e leggende della cultura materiale dell’attore, Bari, Edizioni di Pagina, 2017 (pp. 350-439). Al suo interno si segnala la riproposta di un denso saggio di Fabrizio CrucianiLa cultura materiale del teatro (1980).



di Lorena Vallieri


La copertina

cast indice del volume


 



 
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