Lannale n. 39 di «Teatro e Storia» si apre – dopo la
consueta Introduzione del direttore responsabile Mirella
Schino (pp. 9-34) – con la presentazione dello spettacolo pensato nel
2016 dalla regista Ariane Mnouchkine per il Théâtre
du Soleil: Une chambre en Inde (pp. 35-41). Fortemente
autobiografico, è stato vissuto dagli spettatori come definitivo, quasi un
testamento in cui ci si interroga su quel “senso del teatro” che è il filo
conduttore del numero della rivista. «Di che deve o può parlare il teatro ai
tempi del Bataclan? Di politica, deve essere teatro politico, è la
risposta. Ma in quanti modi il teatro può essere politico?» (p. 9) sono solo
alcune delle complesse domande a cui tentano di rispondere, sulla scia dello
spettacolo, Georges Banu (pp. 43-46) e Duccio
Bellugi (pp. 47-54).
Segue un dossier dedicato allattore catanese Giovanni
Grasso (1873-1930): attraverso lo studio dei contesti culturali in cui
lartista lavorò e della rete di relazioni internazionali intessuta durante le
sue tournée, vengono indagati il suo statuto tecnico e artistico e
linfluenza che ha avuto su alcune personalità del teatro del XX secolo (pp.
55-221). I contributi dei ricercatori si alternano con i materiali:
documenti provenienti da Russia, Francia e Regno Unito che illuminano le
esperienze di Grasso in quei paesi. Da segnalare, in particolare, gli
interventi di Emeline Jouve sulla New York degli anni Venti
del secolo scorso (pp. 171-193); di Alice Folco sullimpresario
Lugné-Poe (pp. 147-166); di Stefania Rimini e Simona
Scattina sulle attrici Marinella Bragaglia e Mimì Aguglia (pp.
197-221); nonché le pagine dedicate allincontro di Grasso con Craig e
Mejerchold (pp. 83-129).
A Mejerchold è dedicato anche il saggio di Béatrice
Picon-Vallin che segue negli scritti e negli spettacoli del regista
russo le tracce del suo interesse verso il teatro di figura occidentale e
asiatico (pp. 223-231). Con Manuela Pietraforte si torna a uno
sguardo dattore con il racconto della sua esperienza prima in Etiopia e poi in
Sud Sudan (pp. 233-240). Mentre si è svolto in Kenia il progetto Malkia, un
laboratorio di teatro-formazione al femminile tenuto da Letizia
Quintavalla tra il 2005 e il 2010 (pp. 241-248). Un racconto toccante,
che restituisce il dolore e il ricordo di una ragazza africana di neanche
ventanni che, analfabeta, aveva imparato a recitare Brecht prima di sparire
senza lasciare traccia. Autobiografico anche lo scritto a quattro mani di Milena
Salvini e Isabelle Anna sul parigino Centre Mandapa
(pp. 309-316).
La memoria di Zbigniew Osiński, scomparso
il 1° gennaio 2018, è affidata a Marina Fabbri, che traccia il
profilo della sua vita di studioso (pp. 249-260), a Franco Ruffini,
che ricorda le esperienze condivise (pp. 283-283), e a una selezione di lettere
che Grotowski gli inviò tra il 1962 e il 1997 (pp. 261-281). Un ricordo anche
lintervento di Samantha Marenzi su Artaud (pp. 287-298) e
quelli di Eugenio Barba e Arianna Berenice De
Sanctis su Mario Delgado (pp. 317-346). Entrambi sono seguiti da una
selezione di lettere autografe (pp. 299-308 e 347-350).
Chiude il volume un secondo dossier dedicato al
libro di Barba e Savarese I cinque continenti del teatro. Fatti e
leggende della cultura materiale dellattore, Bari, Edizioni di Pagina,
2017 (pp. 350-439). Al suo interno si segnala la riproposta di un denso saggio
di Fabrizio Cruciani: La cultura materiale del teatro (1980).
di Lorena Vallieri
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