Il ricco e corposo catalogo della mostra Omaggio al Granduca, memorie dei piatti dargento per la festa di San Giovanni rende ben conto delle accurate ricerche svolte dalle curatrici, Rita Balleri e Maria Sframeli, per far luce su un episodio poco noto, ma assai interessante, della lunga storia della celebrazione del patrono di Firenze, San Giovanni Battista. Fin dalla sua istituzione, regolamentata dagli Statuti del Podestà del 1325, la festa, oltre a esaltare la concordia, la ricchezza e limportanza politica della città, offriva al governo loccasione di mostrare, di anno in anno, i successi ottenuti nel continuo ampliamento del dominio extra-moenia, che si componeva di sobborghi, castelli e città quali Cortona, Volterra, Pisa, Arezzo e Pistoia, per ricordare solo alcune fra le più importanti. Questa esibizione di potenza era simbolicamente rappresentata dallofferta di palii e di ceri che i delegati delle località soggette portavano al Santo il 24 giugno, ricorrenza della sua natività, in un imponente corteo che, prima di giungere al Battistero, sostava in Piazza dei Signori per omaggiare la Signoria e le principali magistrature. Con linstaurazione del principato mediceo gli “omaggi” furono presentati direttamente al Granduca.
Non è un caso, dunque, che alla solennità di questa ricorrenza si ricolleghi anche la tradizione dellannuale offerta a Cosimo III de Medici, e al suo successore Gian Gastone, di un bacino dargento, del peso di più di cinque chilogrammi odierni, voluta per legato testamentario dal cardinale genovese Lazzaro Pallavicini in segno di riconoscenza per lintermediazione del Granduca nel contratto di matrimonio fra la propria nipote Maria Camilla e Giovan Battista Rospigliosi, nipote di papa Clemente IX. Con questo sponsale, celebrato nel 1670, il Pallavicini era, infatti, riuscito a elevare la propria casata ai vertici dellaristocrazia romana. Uno dei “piatti” più tardi, del 1730, raffigura proprio Gian Gastone nellatto di ricevere gli “omaggi” (cat. 51).
Fin dal 1680, anno della morte del Cardinale, gli eredi si impegnarono a eseguire il legato offrendo al Granduca, ogni 24 giugno, il prezioso bacile dargento cesellato la cui manifattura fu affidata ai migliori argentieri romani e i cui disegni furono opera di artisti quali Carlo Maratti, Ciro Ferri, Pietro Lucatelli, Ludovico Gimignani, Lazzaro Baldi, Filippo Luzi, Giuseppe, Carlo e Tommaso Chiari. Tutti i disegni noti, provenienti da musei italiani ed esteri e da collezioni private, sono stati esposti nella mostra e accuratamente analizzati nelle schede del catalogo sulla base di documenti archivistici inediti.
I cinquantotto “piatti”, donati ai Medici fino allestinzione della casata, illustravano le glorie politiche, militari e culturali dei principali esponenti della famiglia, da Lorenzo il Magnifico a Gian Gastone. Gli originali dargento massiccio sono purtroppo scomparsi, sacrificati alle necessità economiche e al progressivo disinteresse della dinastia lorenese, succeduta a quella medicea, nonostante lo strenuo tentativo di Anna Maria Luisa, Elettrice Palatina, di difendere un patrimonio che glorificava la propria famiglia.
La memoria di questi oggetti si è, tuttavia, conservata grazie alliniziativa del marchese Carlo Ginori che, tra il 1746 e il 1748, fece realizzare dalla Manifattura Ginori di Doccia, sotto la guida dellargentiere Pietro Romolo Bini, delle forme in gesso, tratte dagli originali in argento, con la probabile intenzione di utilizzarle per una produzione in porcellana. Da quelle forme sono stati tratti i calchi in gesso esposti nella mostra e descritti nelle schede del catalogo, attraverso i quali è possibile ricostruire il programma iconografico della serie che si era ispirato ai fasti della dinastia medicea affrescati in alcune sale di Palazzo Pitti.
Una fortunosa circostanza consente di farsi unidea delloriginaria raffinatezza dei “piatti”. Il primo bacile donato a Cosimo III non fu creato apposta come gli altri, ma fuprelevato dal patrimonio della famiglia Pallavicini per il poco tempo intercorso fra la morte del Cardinale, avvenuta il 20 aprile 1680, e loccasione della prima offerta, solo due mesi dopo. Rari manufatti simili a quello si sono conservati fino ai nostri giorni. Realizzato nel 1619 da un argentiere fiammingo attivo a Genova, il bacile oggi allAshmolean Museum di Oxford ed esposto in mostra (cat. 76), se da un lato fa rimpiangere la scomparsa della serie medicea, dallaltro rende conto della lungimiranza del marchese Ginori nellimpedire la totale perdita della memoria di una testimonianza storica e artistica così importante e unica.
I quattro saggi che compongono il catalogo, rispettivamente dedicati alla storia dei “piatti” (“Preziosa catena di splendido legato”. Trionfi dargento a perenne memoria della gratitudine di un Cardinale, di Maria Sframeli), ai loro disegni (I disegni per i “piatti” di San Giovanni, di Ursula Verena Fischer Pace), agli artigiani coinvolti (Gli argentieri, di Jennifer Montagu), alla fattura e allimpiego dei calchi (La fortuna dei “piatti” di San Giovanni nella Manifattura Ginori di Doccia, di Rita Balleri), insieme alle accurate schede, distribuite in altrettante sezioni corrispondenti, e alle appendici documentarie, rendono questo volume uno strumento prezioso per la conoscenza di un tassello poco noto della festa patronale fiorentina.
di Paola Ventrone
|
|