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Live Electronic Music. Composition, Performance, Study

A cura di Friedemann Sallis, Valentina Bertolani, Jan Burle, Laura Zattra

London-New York, Routledge, 2018, 340 pp., £ 120,00
ISBN 978-1-138-02260-7

Pubblicato nella prestigiosa collana “Routledge Research in Music”, il volume affronta le nuove prospettive sul ruolo del performer e sulla concezione della musica come performance nell’era della riproduzione meccanica del suono. Il campo estetico cui si fa riferimento è quello della sperimentazione musicale avviata nel XX secolo: ambito in cui il più delle volte le opere non sono fissate attraverso segni grafici su un pentagramma e la nozione stessa di “testo” risulta problematica. Dunque: come si compone, esegue e studia una musica che non può essere rappresentata per mezzo della notazione convenzionale? Per rispondere a questo interrogativo sono chiamati in causa i punti di vista del compositore, del performer, dell’assistente musicale, dell’ingegnere del suono, dell’informatico musicale e del musicologo. Il volume non vuole essere un manuale né si pone come uno studio esaustivo sull’argomento, ma offre piuttosto una collezione di “istantanee” («snapshots», p. 1) su un oggetto in rapida evoluzione. Il risultato è un’opera interessante e coinvolgente, che contribuisce in modo rilevante al dibattito musicologico più attuale.

L’introduzione firmata dai curatori del volume Friedmann Sallis, Valentina Bertolani, Jan Burle e Laura Zattra fornisce elementi interpretativi fondamentali a partire da una discussione genealogica del concetto di “musica elettronica dal vivo”. Tale concetto è qui definito non come categoria compositiva, bensì quale pratica performativa: la live electronic music è un tipo di «performance in which the electronic part has an impact on or is influenced by the performers in some interactive way» (p. 7). In questo orizzonte, le forme che essa include vanno dalla pressione di un pulsante che avvia la riproduzione di un nastro fino alla gestione “dal vivo” di tutti gli aspetti della musica. La live electronic music non è dunque un sottogenere, ma “copre” l’intera storia della musica elettronica.

Il volume è diviso in tre parti. Nella prima, Composition, incentrata sulla prospettiva autoriale, i compositori Agostino Di Scipio e Chris Chafe presentano proprie opere in cui la dimensione performativa e l’interattività hanno un peso determinante. In chiusura di sezione, Zattra riflette sulla natura collettiva del processo creativo analizzando il ruolo dell’assistente musicale in significativi contesti posti a confronto (l’IRCAM di Parigi, il CCRMA di Stanford e il CSC di Padova) ed evidenziando la recente affermazione della figura professionale del computer music designer.

Nella parte centrale del volume, Performance, la stessa Zattra sul filo di vecchie interviste fatte ad Alvise Vidolin si focalizza sul rapporto di collaborazione del designer con Luigi Nono e Salvatore Sciarrino, in particolare nella performance di lavori importanti quali i rispettivi Prometeo. Tragedia dell'ascolto (1984) e Perseo e Andromeda (1990). François-Xavier Féron e Guillaume Boutard hanno invece raccolto le esperienze di dodici musicisti professionisti dalla Francia e dal Québec con la musica elettronica dal vivo, prendendo in considerazione opere per strumento solo e live electronics: una nuova forma di “musica da camera”. La pianista Xenia Pestovar riflette sulle questioni di notazione nella musica per pianoforte e live electronics, presentando alcuni esempi tratti dal repertorio contemporaneo e discutendone i diversi approcci dal punto di vista dell’esecutore: un contributo importante anche come vademecum di buone pratiche per il compositore. 

John Granzow compara due strumenti ideati di recente nell’ambito della musica elettronica dal vivo: il daxofono di Hans Reichel – un idiofono a frizione dotato di microfoni a contatto – e Animal, lo strumento algoritmico creato da Chris Chafe, già discusso nel capitolo 2 dall’autore stesso. Le affinità tra i due strumenti, assenti sul piano costruttivo, si rivelano nella concezione performativa che li anima. L’ultimo capitolo della sezione è dedicato alla performance robotica: George Tzanetakis offre una breve panoramica, per poi passare all’esame delle sfide tecniche che emergono dalle sperimentazioni attuali. L’obiettivo dello studioso e del suo team è quello di creare strumenti basati sull’automazione che possano funzionare come partner di musicisti in carne e ossa in situazioni “improvvisative”. 

La terza e ultima parte del volume, Study, è dedicata a problemi legati alle sfere dell’autorialità, ricezione, notazione, trascrizione e studio della musica elettronica dal vivo. Angela Ida De Benedictis affronta la questione della tradizione esecutiva autoriale (o auktoriale Aufführungstradition secondo la definizione di Hermann Danuser; cfr. Musikalische Interpretation, a cura di H. D., Laaber, Laaber-Verlag, 1997, pp. 27-34) per alcuni repertori della seconda metà del Novecento. Problemi di autenticità interpretativa e trasmissione delle intenzioni dell’autore sono discussi a partire da casi di studio emblematici nella pratica di Berio, Stockhausen e Nono. A questioni analoghe è dedicato il contributo di Nicola Scaldaferri che discute il circolo ermeneutico “autore-testo-esecuzione” e il ruolo di mediazione delle tecnologie nel contesto di pratiche di tradizione orale: l’oggettivazione della performance per mezzo della registrazione sonora è al centro della riflessione. 

Dániel Péter Biró e George Tzanetakis applicano metodologie di analisi computazionale a registrazioni di forme vocali tradizionali: i “lamenti” (siratók) ungheresi, la cantillazione della Torah e la recitazione del Corano. A fronte di repertori che non possono essere accuratamente descritti per mezzo della notazione occidentale convenzionale, l’obiettivo è la precisa individuazione delle altezze e dei profili melodici. Metodologie analoghe (spettrogramma e analisi automatica del pitch) sono applicate da Jan Burle per la trascrizione di una performance registrata di A Pierre. Dell'azzurro silenzio, inquietudini di Luigi Nono (1985). Sulla base di quest’ultimo lavoro Friedemann Sallis propone, nel capitolo successivo, un’interpretazione della stessa esecuzione. In chiusura, Vincent Tiffon esamina in modo comparativo il processo creativo e l’esperienza della performance da parte dell’ascoltatore nel caso di due lavori di live electronic music in cui una concezione “frontale” dell’opera si oppone a una ludica e interattiva. 


di Giulia Sarno


La copertina

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