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Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology

A cura di Francesco Giannattasio, Giovanni Giuriati

Udine, Nota Edizioni, 2017, 280 pp., 30,00 euro
ISBN 9788861631502

Il volume inaugura la collana Intersezioni musicali, ideata dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC), della Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con l’editore friulano Nota. Presso la fondazione Francesco Giannattasio ha organizzato a partire dal 1995 gli importanti Seminari internazionali di etnomusicologia che per vent’anni sono stati un punto di riferimento essenziale per gli studiosi. La pubblicazione di cui si parla raccoglie i frutti degli ultimi tre incontri (2013-2015) dedicati anche a un radicale ripensamento epistemologico imposto dai cambiamenti che hanno investito l’oggetto di studi dell’etnomusicologia.

Il saggio introduttivo di Giannattasio evidenzia le questioni centrali. Prendendo atto del nuovo “paesaggio sonoro” globale che avvolge la «Media Age» (p. 26), è necessario mettere in discussione le teorie e le metodologie storiche degli etnomusicologi. Si propone di riconsiderare (ed eventualmente abbandonare) alcune nozioni che hanno guidato la disciplina dalla sua fondazione negli anni Cinquanta del secolo scorso – su tutte, quelle di “identità culturale” e di “alterità” – in favore di una prospettiva che privilegi lo studio delle musiche viventi dal punto di vista della “transculturalità”. Riconoscendo nell’interazione fra tradizioni culturali e concezioni musicali di origine diversa il tratto principale della nuova creatività contemporanea, lo studioso esorta ad allargare lo sguardo etnomusicologico verso tutte le musiche di oggi per comprenderne le peculiarità espressive, i processi produttivi e le rinnovate funzioni sociali. In altri termini: di fronte a uno scenario inedito, in cui le vecchie tassonomie hanno perso efficacia descrittiva, Giannattasio propone di dare un segno forte di discontinuità rispetto al passato e aggiornare il nome della disciplina a “musicologia transculturale”.

La nozione di “transculturalità” come chiave di lettura del mondo contemporaneo è al centro del contributo di taglio filosofico di Wolfgang Welsch. Lo studioso si oppone sia al concetto, di ascendenza herderiana, di “cultura singola”, sia a quelli di “interculturalità” e di “multiculturalità”. Concetti più moderni ma ugualmente inadeguati perché presuppongono, incorporandola, quella stessa idea di singolarità culturale. La descrizione delle culture di oggi come isole o sfere («islands or spheres», p. 34) omogenee e separate è considerata scorretta, ingannevole: le forme del vivere attuale sono transculturali perché “attraversano” ogni confine culturale prestabilito. I tratti salienti di questa condizione sono analizzati anche in rapporto alle questioni emerse negli ultimi decenni nel dibattito sulla globalizzazione.

Timothy Rice interpreta la transculturalità sul piano del metodo: un nuovo approccio comparatistico è necessario per la sopravvivenza dell’etnomusicologia. Le vie indicate da Rice sono due: il confronto tra studi locali diversi su temi e questioni di interesse generale (si pensi al rapporto tra musica e identità); l’esame trasversale delle “scoperte” sulla natura della musica.

Dopo il contributo di carattere storiografico di Lars-Christian Koch, che approfondisce le metodologie sviluppate da Carl Stumpf e Erich Moritz von Hornbostel, due dei padri fondatori della musicologia comparata, Steven Feld auspica un superamento dell’etnomusicologia nella direzione della “acustemologia”: una disciplina destinata ad accogliere le istanze del postumanesimo e a collocarsi in una prospettiva “trans-specie” avvicinandosi al campo dei sound studies. Per Feld, un reale rinnovamento deve passare per il riconoscimento delle interazioni sonore degli esseri umani con tutte le altre specie, con l’ambiente e con le tecnologie.

Jocelyne Guilbault si concentra su processi e logiche sottesi alla creazione di legami musicali (musical bonding) in senso cosmopolita, vale a dire lo stabilirsi di relazioni che travalicano i confini identitari degli stati-nazione dando vita a fenomeni musicali transculturali. Al centro della analisi alcune espressioni originarie di Trinidad e Capo Verde. Jean-Loup Amselle punta invece a decostruire la nozione di métissage, da lui proposta alla fine degli anni Novanta: per evidenziare la natura intrinsecamente composita di ogni gruppo etnico, meglio parlare di “connessione di culture”.

La seconda parte del volume comprende due sezioni dedicate a studi “locali” che accolgono la prospettiva transculturale. Introdotta da uno scritto di Giovanni Giuriati, la prima si concentra su contesti e pratiche di area napoletana: la Festa dei Gigli di Nola (Giuriati); il rito della Madonna dell’Arco (Claudio Rizzoni); il fare dei posteggiatori (Giovanni Vacca); la canzone napoletana (Raffaele Di Mauro). La seconda sezione riguarda il Salento. Maurizio Agamennone riflette sulla documentazione sonora di interesse storico a partire dalle registrazioni effettuate nel 1954 da Alan Lomax e Diego Carpitella, oggetto di uno studio monografico recente. Indaga inoltre e problematizza alcuni usi che di queste fonti vengono fatti nelle pratiche “neo-folk” diffuse in area salentina. Sui fenomeni di revival si interroga approfonditamente il saggio di Flavia Gervasi, che chiude il volume.


di Giulia Sarno


La copertina

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