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Bianco e nero, a. LXXVIII, nn. 588-589, maggio-dicembre 2017


A cura di Mariapia Comand

167 pp., euro 20,00
ISSN 0394-008X

Il doppio numero è dedicato alla figura di Mario Verdone in occasione del centenario della sua nascita e dell’ottantesimo anno di «Bianco e nero». Oltre a essere stato redattore della rivista e animatore del Centro Sperimentale di Cinematografia, Verdone fu il primo docente universitario di Storia del cinema in Italia. Grazie all’analisi del suo archivio privato, il volume ricostruisce i molteplici risvolti dell’attività teorica e pratica di questa poliedrica figura d’intellettuale, le diverse declinazioni del suo studio sul cinema e sulle arti, il suo profilo biografico sullo sfondo della Storia.   
 
All'editoriale di Mariapia Comand segue un articolo di Verdone, uscito nel dicembre 1960, in cui si ripercorrono le tappe di «Bianco e nero», il cui punto di forza «fu di mantenersi il più possibile, nonostante le non poche difficoltà, sul piano culturale e non su quello ideologico» (p. 21).   
 
Seguono i ricordi privati dei figli: Carlo evoca la figura paterna elogiandone la vasta cultura e la saggezza. Luca evidenzia i molteplici campi d’interesse del padre (cinema, teatro, arti figurative, letteratura, circo, insieme all’attività didattica e di ricerca) e delinea un ritratto del formativo coinvolgimento della famiglia in queste sue attività culturali e nei suoi stimolanti viaggi intorno al mondo.   
 
L’introduzione di Andrea Mariani e di Simone Venturini sottolinea l’importanza dell’archivio personale di Verdone reso disponibile dalla famiglia in collaborazione con la biblioteca “Luigi Chiarini” e da «Bianco e nero». Un archivio composto prevalentemente da lettere, in bilico tra «microstoria e archeologia» (p. 45).  Si illustrano inoltre i macro-temi di questo numero doppio: le arti e i media, l’ambiente della cultura cinematografica, l’industria cinematografica e audiovisiva.
   
Wanda Strauven analizza le ricerche di Verdone sul cinema futurista mettendo in luce la rivalutazione dei registi Arnaldo Ginna e Bruno Corra. Seguono il commento e l’interpretazione in chiave “futurista” di un testo manoscritto di Ginna, nonché delle cartoline postali inviate da costui al professore.   
 
Simone Dotto ricostruisce l’attività di Verdone nella produzione radiofonica: il periodo dell’Eiar, la collaborazione con Radio Firenze, il coinvolgimento nel palinsesto Rai anche in qualità di critico cinematografico. Il saggio si sofferma sull’esperienza di Pangloss, programma settimanale di cultura pensato da Luigi Salimbeni, sottolineando nella verdoniana “drammaturgia della parola” (p. 68) la capacità di sfruttare efficacemente le specificità del medium.   
 
Giovanni Grasso e Massimo Locatelli ripercorrono il ruolo svolto da Verdone nella promozione di una cultura storico-umanistica del cinema. Tra le sue molteplici attività: la citata collaborazione con «Bianco e nero» e quella con il Centro Sperimentale di Cinematografia anche in ruoli organizzativi; l’impegno nelle conferenze specialistiche organizzate nel 1948 e nel 1949 in contemporanea con la Mostra di Venezia; la partecipazione al primo corso di filmologia italiano a Roma (1949); gli svariati incarichi per il Cidalc (Comité International pour la Diffusion des Arts et des Lettres par le Cinéma). Queste esperienze consentirono allo studioso di ottenere nel 1965 la libera docenza in Storia e critica del cinema.
   
Tomaso Subini analizza il ruolo di Verdone nell’ambito dei primi tre concorsi universitari italiani di cinema (1965-1967) senza perdere di vista l’influenza della Chiesa cattolica sulle istituzioni cinematografiche italiane.   

Ivelise Perniola tenta, attraverso testimonianze frammentarie, di restituire il profilo di Verdone documentarista, individuando tanto nella sua elaborazione teorica quanto nella sua produzione una urgenza pedagogica.   
 
La sezione Tracce, documenti, testimonianze raccoglie le parole di chi ha condiviso con Mario Verdone percorsi non secondari nel mondo della cultura cinematografica. Alfredo Baldi ricostruisce l’esperienza dello studioso al Centro Sperimentale di Cinematografia integrando la documentazione di archivio con le parole dell’amico. Vengono così alla luce vividi resoconti delle vicende del Centro durante e dopo la guerra, nonché punti di vista inediti sui percorsi paralleli di Verdone professore e documentarista. Daniele Luchetti torna agli anni in cui frequentava il corso di Storia del cinema tenuto da questo intellettuale poliedrico: l’approccio “viscerale” del docente alla visione cinematografica e la sapiente selezione di pellicole sono stati d’ispirazione per la carriera di Lucchetti regista. Fernando Birri descrive la sua esperienza al CSC evidenziando soprattutto lo spirito entusiasta e curioso del professore, la disponibilità e il rigore con cui intraprendeva progetti con i propri allievi.   
 
Eusebio Ciccotti si concentra sul volume Cinema del lavoro (1962), raccolta di diversi scritti su film connessi al tema del lavoro, con una sezione dedicata al “tecnofilm”. Offre poi un quadro esaustivo della ricerca svolta da Verdone sul film industriale soffermandosi su Cinetoscopio: la rubrica sui documentari “tecnici”, talvolta collegati a produzioni di tipo sociale ed educativo, della rivista «Realtà».
   
Laura Pompei conclude il fascicolo con una ricognizione dei documenti e dei criteri organizzativi del citato fondo archivistico, specchio dell’eclettismo culturale di Mario Verdone. 

di Stella Scabelli


La copertina

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