Il libro di Elena Tamburini, frutto di una raccolta
organica di lavori precedenti, si inserisce negli studi sulla Commedia dellArte
scegliendo una prospettiva originale e proponendo interessanti percorsi
interpretativi. La studiosa da un lato indaga le relazioni fra alcuni dei più
celebri comici appartenenti al cosiddetto “periodo eroico” (Adriano Valerini,
Francesco e Isabella Andreini, Flaminio Scala) e gli
intellettuali, accademici e artisti loro contemporanei. Dallaltro tenta
di individuare gli elementi della temperie culturale del primo Cinquecento che potrebbero
aver influenzato il pensiero e loperato di questi professionisti dello spettacolo. Si prende le mosse (cap. primo) da una ricognizione circa il
significato del sintagma “Commedia dellArte”, mettendo a confronto la
celebre definizione crociana di “arte” come “professione” con possibili
accezioni alternative, viranti verso un significato più “nobile”, ricavate da
testi cinque-seicenteschi. Nel secondo e nellultimo capitolo si affronta il tema della possibile
influenza del pensiero dellumanista friulano Giulio Camillo sul teatro dei
comici di mestiere. In particolare, Lidea del Theatro, pubblicata postuma (1550), conterrebbe
elementi che avrebbero ispirato lattività scenica, teorica ed editoriale dei Gelosi. Lenigmatico
teatro della memoria realizzato dal filosofo (sulla cui problematica forma si
rimanda alle considerazioni di S. Mazzoni, LOlimpico
di Vicenza: un teatro e la sua «perpetua memoria», Firenze, Le Lettere,
20102, pp. 38-39) consentiva di riunire in immagini “tutto” lo scibile umano sotto il
comune denominatore della retorica. Tamburini si interroga se quell«enorme
distanza di virtuosismo e di cultura» che sembra separare i Gelosi dalle
precedenti generazioni di attori possa essere almeno in parte ricondotta «a
una consapevole filiazione dei comici dallopera di Giulio Camillo» (p. 57). Si
ripercorrono quindi le tappe della ricezione del pensiero camilliano da parte
di accademie dedite anche al teatro (come gli Infiammati di Padova e lAccademia Veneziana), per poi
concludere con lesame del Teatro
delle favole rappresentative di Flaminio Scala ipotizzando una possibile
influenza su costui
dellIdea del Theatro.
Secondo lautrice: Scala,
«continuando lobiettivo dellIdea camilliana
sul fronte dello spettacolo, raccoglie e concretizza i modelli universali delle
drammaturgie dei comici e linfinita casistica dei molteplici casi umani,
unendo spesso elementi tragici e comici, parola e gesto» (pp. 207-208). Nei capitoli centrali vengono
indagati i rapporti tra comici dellArte,
“cortigiane oneste”, pittori “allimprovviso” e accademici della Val di Blenio.
Il terzo capitolo si sofferma sulla nota
ipotesi di Ferdinando Taviani circa la derivazione delle attrici dellArte
dalle meretrices honestae (cfr. Il segreto della Commedia dellArte. La
memoria delle compagnie italiane del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze, La
casa Usher, 1986, pp. 331-337). Tamburini cerca di fornire prove
documentarie al riguardo, attraverso nuove fonti iconografiche. La digressione
sul mondo delle cortigiane offre loccasione,
tramite la figura di Veronica Franco, per un approfondimento su Tintoretto
e il suo rapporto con il teatro. Il quarto e quinto
capitolo prendono in considerazione il legame fra i comici Gelosi e la citata accademia
della Val di Blenio. Oltre a sottolineare la già accertata appartenenza al
gruppo milanese di Zan Panza de Pegora, la studiosa valorizza un riferimento
alla celeberrima troupe teatrale in un sonetto, datato 1560, del pittore
e teorico darte Giovan Paolo Lomazzo,
accademico bleniese. Viene così retrodatata la prima menzione della più famosa
compagnia dellArte del secondo Cinquecento. Altre fonti letterarie
sembrano confermare lo stretto rapporto fra le due compagini: in particolare i
tre Lamenti dellorso, individuati fra i Rabisch bleniesi,
richiamano lOrseida,
trilogia di scenari inclusa nel Teatro delle favole rappresentative. Lipotesi di Tamburini è che vi siano
allusioni alla repressione esercitata da Carlo Borromeo nella Milano dei
primi anni 80 del XVI secolo tanto nei confronti
dei comici quanto dei bleniesi, che con le loro opere – in dialetto lombardo –
tendono a esaltare la Natura e gli istinti. I Gelosi si trovano a
metà strada tra il raffinato eloquio di Adriano Valerini e la comicità “bassa”
del citato Zan Panza de Pegora; tra laspirazione allingresso negli ambienti “alti”
frequentati da letterati e accademici e la vicinanza alluniverso culturale del sodalizio della
Val di Blenio. La sintesi tra questi due poli si avrebbe con Isabella Andreini,
esemplare punto di tangenza tra Natura e Arte. Lattrice
parrebbe incarnare lideale camilliano di fusione tra
elementi apparentemente contrari. La comica-poetessa potrebbe dunque aver
raccolto leredità delminiana. Ne sarebbe
testimonianza il tema, ricorrente in entrambi, della Fama. Il libro ha il merito
di offrire originali spunti di riflessione sulla cultura rinascimentale,
mettendo in relazione il pensiero di alcuni umanisti del primo Cinquecento con
esperienze teatrali, artistiche e letterarie più tarde. Le pagine seguono il
“fiume carsico” delle espressioni culturali marginali mettendole in relazione. Si
possono così intuire inediti punti di contatto fra pratiche teatrali ed
esoteriche, fra tecniche di improvvisazione scenica e prassi pittoriche lontane
dalla scuola toscana. Si evidenziano inoltre alcuni punti di tangenza tra il
mondo degli attori professionisti e quello dei dilettanti. Emerge, infine, uno
stimolante percorso geografico che attraversa alcuni importanti centri italiani
soffermandosi in particolare su Roma e sullarea lombardo-veneta. Le espressioni
culturali meno ortodosse nella Milano borromaica vengono messe a confronto con
«gli esperimenti teatrali padovani, le tensioni veneziane di diffusione
universale della cultura e le innovative imprese romane sul fronte del teatro»
(p. 14). Il lavoro di Tamburini registra
motivi di interesse non secondario per gli studiosi della Commedia dellArte (e
non solo). Il merito principale della studiosa consiste nellapproccio trasversale e interdisciplinare
a questo tanto studiato quanto ancora sfuggente fenomeno. Non sempre però le
affascinanti ipotesi che emergono dal libro trovano adeguato riscontro nelle
fonti. Non manca unampia e ricca
documentazione, che spazia dai brani letterari posti a
conclusione dei capitoli III-VI alla vasta appendice iconografica pubblicata in
chiusura. Tuttavia il legame fra alcune ipotesi di lavoro e le prove addotte a
loro fondamento non appare sempre pienamente
consequenziale. Ad esempio, lincisione di Julius Goltzius (cfr.
pp. 89-92 e fig. 8) che la studiosa analizza per corroborare la citata tesi di
Taviani – impresa particolarmente gravosa – non fornisce una testimonianza
incontrovertibile. Le figure rappresentate – una cortigiana affiancata da uno
Zanni e da un Magnifico – potrebbero essere tre personaggi di commedia anziché
i rispettivi interpreti. Difficile stabilire se la donna raffigurata sia una
“meretrice onesta” impegnata in una rappresentazione scenica o, piuttosto, unattrice che, durante una recita, veste i
panni delletera. Fu questo il caso di Angelica
Alberghini, probabile interprete dellomonima cortigiana nellAlchimista
dellattore-autore Bernardino
Lombardi (cfr. S. Ferrone, Arlecchino. Vita e avventure di Tristano
Martinelli attore, Bari, Laterza, 2006, p. 42). O ancora, lipotesi che alcuni dei più celebri
esponenti delle prime generazioni dei comici italiani avessero origini nobili
non trova convincenti argomenti nel caso di Valerini: la sua discendenza da una
famiglia aristocratica è notizia tramandata da antichi repertori (in primis
le Notizie istoriche di Francesco Bartoli) ma successivamente
smentita da più recenti ricerche darchivio (cfr. S. Ughi, Di
Adriano Valerini, di Silvia Roncagli e dei comici Gelosi, in
«Biblioteca teatrale», 3, 1972, pp. 147-154 e G.P. Marchi, Lesperienza
teatrale di Adriano Valerini, in La
Commedia dellArte tra Cinque e Seicento in Francia e in Europa.
Atti del convegno internazionale
di studi [Verona-Vicenza, 19-21 ottobre
1995], Fasano, Schena, 1997, p. 175).
Il celebre Innamorato viene poi identificato, peraltro per via ipotetica, sulla
scorta di fonti iconografiche non univocamente interpretabili, con Zan Trippone:
protagonista di due incisioni di Ambrogio Brambilla in cui viene
celebrato il suo matrimonio con Franceschina (cfr. pp. 139-143 e fig. 5). Sebbene
la Servetta dei Gelosi, al secolo Silvia Roncagli, avesse sposato in
seconde nozze il comico-letterato veronese, lo Zanni in questione potrebbe
essere, ancora una volta, un personaggio teatrale. La sua unione con la
fantesca, peraltro un topos in commedia, sembra piuttosto riconducibile
alla finzione scenica. Al di là dei dubbi
appena rilevati, Culture ermetiche e commedia dellArte è un libro
affascinante, capace di coniugare il rigore scientifico con una scrittura
fluida e accessibile, ma soprattutto di offrire ulteriori strumenti di indagine
e uno sguardo inedito su aspetti poco noti della cosiddetta Commedia dellArte.
di Eloisa Pierucci
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