Merita
una giusta (anche se tardiva) segnalazione questa edizione goldoniana,
accompagnata da una bella Introduzione,
oltre che da un congruo numero di note di commento stilate da una studiosa che
già altre volte si era applicata con proficui risultati alla letteratura come
al teatro di Antico regime. In particolare si ricordano i suoi studi sulla drammaturgia
barocca. Si vedano le edizioni delle opere di Giovan Battista Andreini, di cui è recente una giusta rivalutazione
storica: La Maddalena lasciva e penitente
(Bari, Palomar, 2006), La Ferinda (Taranto,
Lisi, 2008), nonché la raccolta delle
Opere teoriche stampate presso la casa editrice Le Lettere (Firenze 2013).
Alla segnalazione di questo lavoro ci sia consentito accompagnare lauspicio di
un rilancio della bella collezione delle opere goldoniane dovuta allintelligenza
e allimpegno di Cesare De Michelis
per la casa editrice Marsilio di Venezia.
Lattuale
edizione del Don Giovanni Tenorio è basata sul tomo VII della stampa proposta
per la prima volta a Firenze dagli «Eredi Paperini» nel 1754, con undici
successive edizioni fino al 1792, quando fu ristampata dalleditore veneziano
Antonio Zatta, nel tomo XXVI delle Opere
teatrali del Sig. Avvocato Carlo Goldoni, insieme a Il Tasso, Lamante di se
medesimo, Il disinganno in corte.
Nella
Nota al testo del presente libro (pp.
65-78) la curatrice del volume dà conto delle diverse stampe del Don Giovanni,
segnalando le varianti editoriali e testuali. Per quanto riguarda lapparizione
scenica si ricorda invece che la prima rappresentazione assoluta di questa
«commedia di cinque atti in versi» avvenne durante il carnevale veneziano del
1736. Bisognerà attendere il 28 ottobre 1787 per assistere a Praga alla prima
rappresentazione del Don Giovanni di Mozart e Da Ponte, ma è bene
ricordare che quella storia del «dissoluto punito» aveva già raccolto molti
consensi tanto fra i drammaturghi quanto fra gli spettatori in teatri di ogni
genere e grado. Su questa tradizione si veda almeno il fondamentale lavoro di Giovanni Macchia, Vita, avventure e morte di Don Giovanni, Roma-Bari, Laterza, 1966 (più
volte ristampato, prima dalleditore Einaudi e poi da Adelphi, 1991 e 1995).
Quellimpianto
drammaturgico determinò insomma una sorta di fanatismo. Goldoni, attentissimo a percepire gli umori e le attese del
pubblico, non si fece sfuggire loccasione, anche se verosimilmente lo
scrittore veneziano attinse soprattutto alla diffusa tradizione italiana.
Occorre infatti ricordare che, fin dal Seicento, nelle diverse regioni
italiane, numerose compagnie dellArte, assai propense ad approfittare dei soggetti
di successo, avevano sfruttato nei loro canovacci il tema del seduttore punito
nelle fiamme dellInferno.
Sulla
scia di quella tradizione diffusa tra gli attori di mestiere Goldoni fiutò il
proprio successo. Lo cercò e lo ottenne, tanto che alla “prima”
rappresentazione della sua commedia nel carnevale del 1736 fecero seguito
numerose repliche «senza interruzione, fino al martedì grasso», come lo
scrittore stesso ricorderà nei suoi Mémoires
(I, XXXIX). Quasi venti anni dopo quello spettacolo ebbe la sua resurrezione in
forma di libro. Una resurrezione oggi replicata.
di Siro Ferrone
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