Estinta, o
quasi, la “vertigine” della nota, lassillo di dover registrare nello spazio a
pie di pagina le referenze disponibili su un dato argomento, lo studioso
contemporaneo può volgersi sereno alle possibilità di reperimento di testi che
oggi offrono i motori di ricerca, i database
specializzati, i social network
intelligenti, come il fortunato academia.edu. Il tutto con buona pace dei
direttori delle riviste scientifiche che guardano talvolta perplessi la
parcellizzazione del loro lavoro editoriale. In Editorial? (pp. 1-4) Paul Rae riflette sul senso stesso del
suo scritto che, molto probabilmente, avrà pochi lettori. Resta che la funzione
principale delleditorialista è quella di individuare i punti di contatto tra un
saggio e laltro. Affinità tematiche che, in questo numero, sono collegate alluso
e abuso in teatro del “passato”, al ruolo della violenza in relazione alla performance, alla capacità di
significazione dei luoghi dello spettacolo. In From India to
India. The Performative Unworlding of Literature (pp. 5-19) Rashna Darius Nicholson ricostruisce le
tracce del passaggio tra gli orientalisti indiani ed europei del mito di
Savitri, tratto dal poema epico Mahābhārata
e incentrato sul tema della fedeltà coniugale, provando a valutarne le ricadute
sulla scena teatrale della seconda metà del Novecento. Joanna Mansbridge (The Zanne: Male Belly Dancers and Queer Modernity in Contemporary
Turkey, pp. 20-36) dopo un
preambolo storicizzante riflette sul
successo degli spettacoli di danza del ventre maschile nellImpero Ottomano, si
sofferma sul declino del genere e sul suo rifiorire odierno in alcune aree
della Turchia urbanizzate e economicamente floride: le stesse in cui lAKP, il
partito turco islamico conservatore ha raccolto maggiori consensi. In Restating the Scene of Foundation:
Establishing Israeli Statehood and Culture in National Collection by Public
Movement (pp. 37-54) Daphna Ben
Shaul analizza National Collection, una performance,
realizzata nel 2015 a Tel Aviv dal gruppo di ricerca teatrale Public Movement,
che inizia con una marcia per le vie della città dal luogo
della proclamazione dellindipendenza dello Stato di Israele (1948) e giunge al
Museum of Art. Qui il corteo dei performers
depone uno dei quadri che nel giorno della dichiarazione fecero da sfondo alle
foto ufficiali e ai filmati della firma degli atti. Immagine irrisolta di un
evento simbolico bisognoso di essere storicizzato e riconsiderato. Della performance come ponte tra passato e
presente si occupa anche Ed Charlton.
In Apartheid Acting Out: Trauma,
Confession and the Melancholy of Theatre in Yael Farbers “He Left Quietly”
(pp. 55-71), Charlton prende in considerazione gli spettacoli dellattore
sudafricano Duma Kumalo: condannato
a morte nel 1984 quale membro del gruppo di protesta Sharpeville Six, poi graziato
e rilasciato in seguito alle elezioni democratiche del 1994. Dal 2002 Kumalo si
esibisce in He Left Quietly, uno
spettacolo in cui rivive il trauma della persecuzione e della carcerazione per
motivi politici, rievocando la crudeltà della sua esperienza per mezzo della
melanconia. Alle
declinazioni più remote di un passato non estinto ci conduce infine Absence, Presence, Indexicality: The Mise en
Scène of the Heart of Neolithic Orkney (pp. 72-90) di Jonathan W. Marshall che considera le potenzialità evocative del
Cerchio di Brodgar, monumento neolitico situato a Stenness sulle isole Orcadi
in Scozia. Lo studioso indaga le suggestioni che inducono il visitatore a
ricostruire mentalmente forme, significato e funzioni del sito archeologico, pur
ignorando i rituali che vi si svolgevano. Chiudono
il fascicolo due utili strumenti: Book
Reviews (pp. 91-109), con le recensioni dei principali studi in lingua
inglese di argomento teatrale, e Book
Received (pp. 111-112), con le segnalazioni delle ultime pubblicazioni di
area anglosassone.
di Claudio Passera
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