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Roberto De Feo

Giuseppe Borsato 1770-1849


Venezia-Verona, Fondazione Giorgio Cini-Scripta edizioni, 2016, pp. XV-669 («Saggi e profili di Arte veneta»), euro 78,00
ISBN 9-788898-877508

Su Giuseppe Borsato (1770-1849)


Fu un artista di talento il pittore friulano Giuseppe Borsato. Introdotto nella cerchia di Giannantonio Selva e di Pietro Gonzaga, nel corso della sua lunga vita egli dipinse quadri, specialmente d’impronta vedutistica. Si cimentò in grandiose decorazioni ad affresco popolate di prospettive, architetture e decori ispirati all’antico e alla statuaria di Canova. Ideò apparati sontuosi per visite imperiali a Venezia. Realizzò scenografie (documentate anzitutto dai bozzetti conservati a Parigi negli album della Bibliothèque-Musée dell’Opéra editi nel 1995 da Maria Ida Biggi), dipinse sipari e restaurò teatri. Lavorò nel complesso marciano del palazzo Reale voluto da Napoleone, nella “Reale Villeggiatura” della villa di Stra e abbellì le dimore di ricchi aristocratici e borghesi veneziani e veneti. Disegnò oggetti, mobili, ornati e interni. Aggiornò così, in città e in Terraferma, la tradizione della ex Serenissima, accordandola nel segno internazionale del gusto neoclassico e dello stile Impero dettato all’Europa anche dalle tavole della Recueil di Percier e Fontaine.

Di tutto ciò si occupa la pregevole monografia di Roberto De Feo, frutto maturo di oltre un trentennio di indagini. Lo studioso ha il merito di colmare una lacuna storiografica valutando al giusto in un’ottica complessiva le opere e i giorni di questo artista instancabile troppo a lungo misconosciuto, relegato a torto nell’accademismo ma rivalutato a partire dal secolo scorso dalle ricerche di Giuseppe Pavanello, di Giandomenico Romanelli e di Biggi. A una biografia ricca di puntualizzazioni («Famigeratissimo artista», pp. 1-26) seguono un saggio introduttivo («Il valoroso professore tanto operò da stancare la mente e la penna di chi volesse tutti descrivere i suoi lavori», pp. 27-83) e, di conseguenza, un catalogo monumentale (pp. 87-596) che schiera in ragionata sequenza schede critiche bibliograficamente informate, illustrate da immagini nitide. Si svaria dalla pittura da cavalletto ai disegni alle scenografie sino alle stampe. Non pochi gli inediti e le attribuzioni convincenti. Si dà inoltre notizia delle opere non rintracciate (segnalo le due tele in onore di Giuditta Pasta registrate a pp. 360-361) e di quelle attribuite. Per poi soffermarsi su affreschi, mobilia, monumenti e metalli. Gli apparati (appendice documentaria, elenco delle esposizioni, bibliografia, gli indispensabili indici dei nomi e dei luoghi) arricchiscono uno strumento di lavoro utilissimo. Il punto di vista prevalente è quello della Storia dell’arte ed è auspicabile che in futuro si possa meglio intrecciare con quello della Storia dello spettacolo (e forse non sarebbe stato ozioso mettere a partito i saggi di Lionello Puppi su La Fenice editi in «Drammaturgia» nel 1997 e nel 2003).

Molteplici, si è accennato, le “filiere” spettacolari: dal metamorfismo urbano al teatro. Mi riferisco soprattutto alle vedute di Borsato raffiguranti le sontuose feste per l’ingresso di Napoleone a Venezia nel 1807, nelle quali l’artista ebbe un ruolo non secondario. 



G. Borsato, Ingresso di Napoleone I a Venezia il 29 novembre 1807, partic., 1809, olio su tela. Roma, Museo Mario Praz

Alla diuturna attività di scenografo a La Fenice (1809-1823) e ai progetti di rinnovo del massimo teatro veneziano (1808, 1828, 1837). Ai sipari per il teatro del Selva, per il Nuovo e il Nuovissimo di Padova, nonché per il veneziano teatro Apollo (già San Luca) e per il teatro di Udine. Oppure, ancora, penso alle superbe “macchine” galleggianti ideate per le auguste visite a Venezia di Francesco I e di Ferdinando I d’Austria. Macchine, aggiungo, memori della cinquecentesca tradizione dei “teatri del Mondo”: da Giovanni Antonio Rusconi a Vincenzo Scamozzi. Si veda il consuntivo olio su tela che proietta l’osservatore-spettatore nella fascinazione delle luci artificiali dell’eccezionale spettacolo notturno allestito nel luglio 1825 in onore di Francesco per la festa di S. Marta.



G. Borsato, Spettacolo notturno in onore di Francesco I d'Austria per la festa di S. Marta il 29 luglio 1825, 1826, olio su tela. Collezione privata

Mentre il preventivo disegno acquerellato del «galleggiante rotondo tempio, sopra una assai grande chiatta» (p. 203) testimonia in prospetto e in pianta la magnifica imbarcazione in onore di Ferdinando. Al pari dei tanti fogli dedicati alle eleganti “bissone” (barche snelle lunghe veloci) sontuosamente apparate per accompagnare il solenne evento imperiale dell’ottobre 1838. Una produzione grafica di qualità.



G. Borsato, Galleggiante per la visita a Venezia di Ferdinando I d'Austria il 5 ottobre 1838, 1838, matita, penna, acquerellato a colori. Venezia, Gabinetto dei Disegni e Stampe del Museo Correr


G. Borsato, «Bissona rappresentante l'IMPERO», 1838, matita, penna, acquerellato a colori. Venezia, Gabinetto dei Disegni e Stampe del Museo Correr

Dal 1806 al 1838, nonostante il mutare dei contesti politici, fu Borsato «il maggior responsabile delle concezioni e realizzazioni di archi trionfali, “macchine” galleggianti, colonne luminose e imbarcazioni per regate» (p. 9). Un sapiente “regista” dell’effimero urbano. Non solo. Un protagonista raffinato della scena europea che terminò trionfalmente la sua carriera di scenografo con uno spettacolo point de repère della scenotecnica del XIX secolo: l’ultima opera italiana di Rossini, Semiramide, rappresentata in prima assoluta alla Fenice nella stagione di Carnevale 1822-1823.

Concludo segnalando un disegno dell’artista friulano non registrato nel bel volume di cui si è fatto cenno: un piccolo schizzo a inchiostro, su carta vergata e filigranata, della scenafronte dell’Olimpico di Vicenza che ho avuto la ventura di pubblicare nell’ormai lontanissimo 1992.


di Stefano Mazzoni


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