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L’avventura, a. I, n. 2, luglio-dicembre 2015
International Journal of Italian Film and Media Landscapes

135 pp., euro 30,00
ISSN 2421-6496

Il secondo numero del periodico edito da il Mulino si apre con un contributo di Martina Gandolfi (sezione Forme, stili, figure) su Lyda Borelli nelle arti tra Ottocento e Novecento. La scoperta di un catalogo iconografico di materiali inediti relativi alla diva del cinema muto, contenente uno straordinario numero di caricature, illustrazioni e ritratti, consente di capire meglio le ragioni della popolarità dell’attrice e la sua influenza nella cultura, nell’arte e nel cinema.

Nella sezione ArchivioLuca Mazzei indaga i rapporti tra letteratura e cinema nel primo Novecento, analizzando cinque racconti di fantasia accomunati dalla presenza di un personaggio-spettatore che, svenuto per lo shock provocatogli dalle immagini in movimento, si risveglia all’interno del film che sta guardando. Uno stratagemma meta letterario che innesca una prospettiva raramente utilizzata dalla storiografia cinematografica, che apre nuove riflessioni sull’affermazione della settima arte e di nuove forme di spettatorialità.

Francesco Bono indaga un periodo poco noto del cinema nostrano, quello degli anni Trenta, nel contesto delle frequenti cooperazioni tra Italia e Austria frutto degli sforzi della neonata Direzione Generale per la Cinematografia (DGC) per far riguadagnare una reputazione internazionale al cinema italiano dopo la crisi degli anni Venti. Il cosiddetto “asse Roma-Vienna” coincide con una stagione breve (1934-1936) ma centrale nella storia del cinema sotto l’egida del fascismo, coinvolgendo registi come Carmine GalloneAugusto Genina e Goffredo Alessandrini.

Lorenza di Francesco si occupa de La cavia (1962), sceneggiatura mai realizzata di Cesare Zavattini. Mettendo a confronto i materiali del progetto (conservati nell’archivio Zavattini alla biblioteca Panizzi di Reggio Emilia) con il successivo lavoro zavattiniano (Il boom di Vittorio De Sica, 1963), si tracciano le coordinate di quel “cinema della crudeltà” di cui La Cavia doveva costituire il primo esperimento.

Nella sezione CameraCaterina Martino prende in esame la fotografia “concettuale” italiana degli anni Sessanta e Settanta. L’opera dei fotografi Franco VaccariLuigi Ghirri e Ugo Mulas sembra stabilire un dialogo con quella degli americani Sol LeWittJoseph KosuthVito Acconci, sotto il segno di un’ironia innovativa figlia dei “ready-made” duchampiani.

Nella rubrica Racconto contemporaneoStefano Adamo propone un’analisi dei film di mafia italiani a partire dalle modalità con cui le vittime vengono consegnate alla memoria collettiva. Secondo tale prospettiva, la figura di Placido Rizzotto nell’omonimo film di Pasquale Scimeca (2000) e quella di Peppino Impastato ne I cento passi di Marco Tullio Giordana (2000) avrebbero avuto il merito di sensibilizzare il grande pubblico alle istanze del movimento culturale anti-mafia degli anni Novanta.

Infine Roy Menarini evidenzia come alcune recenti media productions, di ambito sia televisivo che letterario, abbiano trasformato la storia giudiziaria italiana in una «New Italian Epic» (p. 266), aprendo a nuove possibili interpretazioni dei cambiamenti in atto nella società italiana contemporanea.


Raffaele Pavoni


La Copertina

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