Apre questo numero della rivista la consueta
rassegna di Aufführungen, lo spazio
riservato alle recensioni delle produzioni teatrali di maggiore interesse
realizzate nei paesi di lingua tedesca. Lattenzione si concentra sulla scena berlinese:
alla Schaubühne Milo Ran ha allestito Empire,
novità che completa Europe-Trilogie.
Nel testo si intrecciano frammenti visionari dellEuropa contemporanea e
citazioni biografiche dello stesso autore-regista che si avvale della presenza
di qualificati attori quali Ramo Ali, Rami Khalaf, Maia Morgenstern, Akilas Karazisis.
Il Maxim
Gorki Theater ha ospitato il debutto di Denial,
ideazione di Yael Ronen
strutturata sulla base di una sequenza di quadri dedicati alla memoria del
protagonista nelle fasi cruciali della sua esistenza. Il linguaggio racconta un
mondo travagliato e complesso con frequenti situazioni comiche assunte con
maestria dagli interpreti, tra i quali si riconoscono Oscar Olivo, Dimitrij Schaad, Maryam Zaree e Orit Nahmias.
La
stagione dello Schauspiel di Francoforte si è inaugurata con Iphigenie di Ersan Mondtag. Si
tratta di un adattamento in chiave moderna di Ifigenia in Tauris di Goethe con Björn Meyer e Sylvana Seddig incisivi
e applauditi protagonisti. Segue Königin
Lear, rifacimento al femminile del corrispettivo King Lear di Shakespeare e calato
nel contesto di una famiglia moderna. Il testo del belga Tom Lanoye si può
leggere in versione integrale nella sezione Das
Stück di questo numero. La regia asciutta e minimale porta la firma di Kay Voges mentre
il ruolo del titolo è assunto da Josefin Platt
affiancata da Viktor
Tremmel, Lukas Rüppel, Carina Zichner, Verena Bukal.
Anche le
produzioni viennesi spiccano per qualità come Das Narrenschiff, rielaborazione drammaturgica dellomonimo romanzo
di Anne Porter (1962)
da parte di Roland
Kobert e trasferito sul palcoscenico del Volkstheater da Dušan David Pařízek. Jan Thümer, Gábor Biedermann, Lukas Holzhausen, Syneb Saleh e Rainer Galke sono gli
attori principali.
Il
prestigioso Burgtheater ha alzato il sipario della nuova stagione con la
rappresentazione del beckettiano Endspiel
che Dieter Dorn affronta
nel rispetto totale della fedeltà al testo e lo consegna allestro espressivo
di Nicholas Ofczarek, Michael Maertens, Barbara Petrisch e Joachim Bissmeier.
Alla
rassegna Festivals la rivista berlinese dedica ampio spazio. Ben documentata è
la manifestazione Ruhrtriennale, dal cartellone della quale spicca la messinscena
di Die Fremden di Johnas Simons che
corrisponde alla riduzione teatrale del romanzo di Camus Der Fall Meursault – eine Gegendarstellung secondo
il lavoro drammaturgico di Kamel
Daoud. Tra i tanti altri spettacoli meritano doverosa
segnalazione Alceste di Christoph Willibald Gluck (regia
ancora di Simons), linstallazione Nicht
schlafen di Alain
Platel e Steven Prengels.
Il teatro
davanguardia è stato lelemento trainante della berlinese Foreign Affairs. Nel
cartellone figuravano infatti nomi di spicco come Frank Van Laecke con En avant, marche!; Forced Entertainment
con From the Dark, per la durata di ventotto
ore; e Jan Lauwers con The Blind Poet e il collettivo Nature
Theater of Oklahoma.
Si
prosegue con il festival di Avignone, annuale ritrovo per artisti di spessore
internazionale che si è puntualmente rinnovato anche in questa edizione
caratterizzata da una singolarità: la presenza di spettacoli lunghissimi quasi
ad alimentare una sfida per il primato della durata, alla quale partecipano Ariane Mnouchkine con Ephémères (otto ore), Peter Brook (Mahabharata, per la durata di undici
ore), Antoine Viter con le
dodici ore di Der seidene Schuh
seguito da Thomas Jolly e le sue
diciotto ore per Heinrich VI e da Olivier Py e La Servante dalla lunghezza record di
ventiquattro ore. Spiccano altri spettacoli di notevole rilievo artistico come Die Brüder Karamasow nelladattamento
dellomonimo romanzo di Dostoevskij da parte
di Jean Bellorini e
linterpretazione di Marc
Plas e Geoffroy Rondeau; 2666 dalle pagine di Roberto Bolańo secondo la riscrittura di Julien Gosselin e Die Verdammten da Luchino
Visconti con Christophe Montenez e
Éric Génovèse ben diretti dalla
regia di Ivo Van Hove.
András
Siebold,
direttore del festival di Amburgo ha accorpato una serie di interessanti proposte
che trattano il tema del confine usando i molteplici linguaggi dello spettacolo.
In Auguri di Olivier Dubois e in Monument
0.1: Valda & Gus di Eszter
Salamon domina la danza; I know it
when I see it del regista israeliano Jason
Danino Holt e del musicista Thies
Mynther è un musical dedicato allindustria pornografica. Fiore
allocchiello della rassegna è costituito dal circense The Greatest Show on Earth con Philippe
Quesne, Meg Stuart, Eisa Jocson.
Conclude questo viaggio allinterno dei
festivals la cronaca di Wiesbaden Biennale organizzata da Maria Magdalena Ludewig e Martin
Hammer. Primeggiano la performance provocatoria di Dries Verhoeven ambientata in una chiesa e Tiago Rodrigues con By Heart.
In Theatergeschichte
si legge un estratto dal libro di Deborah
Victor-Engländer dedicato a Alfred Kerr
– Die Biographie (Reinbek, Rowohlt, 2016). Il libro ripercorre la carriera
del grande e influente critico teatrale attivo prevalentemente a Berlino e
costretto allesilio in età nazista.
di Massimo Bertoldi
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