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Goldoni «avant la lettre»: esperienze teatrali pregoldoniane (1650-1750)

A cura di Javier Gutiérrez Carou
Atti del convegno di studi (Santiago de Compostela, 15-17 aprile 2015)

Venezia, lineadacqua, 2015, 698 pp., euro 80,00
ISBN 978-88-95598-43-7

Il poderoso volume Goldoni «avant la lettre» registra gli atti del convegno galiziano dell’aprile 2015 dedicato al teatro “pregoldoniano”, ossia a «quelle opere e tradizioni con cui Carlo Goldoni entrò probabilmente in contatto già dalla sua giovinezza, senza tenere conto del fatto che abbiano lasciato, o meno, la loro impronta nel suo teatro» (p. 17; corsivo mio). In continuità con i lavori del progetto ARPREGO (Archivio del teatro pregoldoniano, finanziato dal Ministero de Economía y Competitividad spagnolo), si prende in esame il contesto drammaturgico e produttivo nazionale e internazionale che avrebbe influenzato, direttamente o indirettamente, l’opera di Goldoni dagli esordi alla maturità.

Impeccabilmente centrata è la riflessione di Anna Scannapieco che, in apertura, ridefinisce il valore del “prima” (avant) e del “poi” nel percorso teatrale goldoniano. Il “prima” non riguarda solo i “precursori” del veneziano, anticipatori della decantata “riforma”, ma uno straordinario impasto di saperi letterari e, soprattutto, pratici. Agli attori va riconosciuto un ruolo di primo piano nella trasformazione del teatro da prima a dopo Goldoni.

Il cuore del volume è costituito da quindici sezioni dedicate a molteplici temi: dagli antenati artistici dell’avvocato alle retrospettive sui suoi primi personaggi, dalle opere per la compagnia Imer ai momenti cruciali della sua formazione drammaturgica. Riflessioni e proposte fra Sei e Settecento provengono da Valentina Gallo, Silvia Zoppi Garampi, Alberto Beniscelli e Renzo Guardenti. Gallo esamina i libretti per musica del cardinale Decio Azzolini, nei quali individua la partecipazione intellettuale di Caterina di Svezia e un’anticipazione dell’opera metastasiana. Zoppi Garampi guarda a Gianvincenzo Gravina e alla sua traduzione dal francese Due dissertazioni sulla comedia e sugli spettacoli (1695 ca.), soffermandosi sul ruolo giocato dalla precettistica transalpina nel progetto letterario graviniano. Beniscelli propone una riflessione sull’influenza dei modelli di Pietro Metastasio e Apostolo Zeno sulla produzione letteraria goldoniana. Guardenti rilegge le illustrazioni del Théâtre Italien (1700) di Evaristo Gherardi e quelle relative al Théâtre de la Foire (1721-1734) quali esempi emblematici delle possibilità dell’iconografia abbinata alla drammaturgia, di cui Goldoni farà uso nelle edizioni Pasquali e Zatta.

A Luigi Riccoboni comico ambizioso e brillante trattatista dedicano attenzione Beatrice Alfonzetti e Michela Zaccaria (Dai Riccoboni a Goldoni). La lucidità del giudizio dell’attore sul teatro settecentesco emerge con straordinaria forza dalle Observations sur la comédie, et sur le genie de Molière (1735), in cui Alfonzetti individua una consapevolezza nuova riguardo alle potenzialità commerciali della commedia in specifici luoghi e tempi. Zaccaria traccia un bel profilo di Elena Balletti, detta Flaminia, moglie di Lelio, soffermandosi in particolare sugli anni italiani della sua esperienza teatrale e letteraria al fianco del marito. Chiude la sezione Franco Vazzoler, che ripercorre la critica settecentesca su Giovanbattista Andreini, dal tranciante giudizio dello stesso Riccoboni a quello “redentore” di Francesco Bartoli.

Ben sei gli interventi (tutti di area francese) che guardano più approfonditamente al citato Théâtre Italien di Evaristo Gherardi e alla Comédie-italienne (terza sezione). Di Stéphanie Cabiddu è un commento alla Fille savante contenuta nel terzo volume della raccolta gherardiana, mentre Emanuele De Luca decodifica il Recueil come modello autoriale nobilitante della figura dell’attore. Arianna Fabbricatore analizza L’Union des deux opéras di Charles-Rivière Dufresny rappresentata nell’agosto del 1692 e segnata da un doppio registro parodico-satirico. Le dodici commedie dello stesso Dufresny raccolte da Gherardi sono al centro del contributo di Stéphane Miglierina, che mette in luce come gli italiani ricerchino il pieno sostegno del pubblico introducendolo ai segreti della scena. Il saggio ben inquadrato di Camilla Maria Cederna approfondisce il personaggio di Colombine nella Fausse Coquette: spesso chiave di volta dell’intreccio insieme ad Arlecchino, è una figura che taglia trasversalmente la storia della letteratura teatrale, destinata a un lungo successo e a una significativa “evoluzione” fin nel pieno Ottocento. Chiude la sezione una serrata disamina di Anna Sansa su Arlequin misanthrope.

Nel capitolo dedicato ai Commediografi di area bolognese-veneta fra Sei e Settecento Maria Ghelfi presenta una nuova analisi delle commedie di Giovanni Bonicelli e Tommaso Mondini dedicate a Pantalone, tornando sulle questioni della lingua e dell’ambientazione (già diffusamente trattate dalla storiografia), e proponendo un’ipotesi sull’allestimento scenotecnico delle commedie. Un curioso confronto tra la commedia Le fortune non conosciute del Dottore di Maria Isabella Dosi Grati (1688) e la sua riscrittura veneziana Le fortune non conosciute di Pantalone (1706 ca.?) è avanzato da Javier Gutiérrez Carou.

La ricognizione dei cosiddetti pregoldoniani prosegue con i Commediografi toscani fra Sei e Settecento: Roberta Turchi getta uno sguardo sul cicisbeo nella commedia da Giambattista Fagiuoli a Goldoni, Pérette-Cécile Buffaria affianca Molière a Girolamo Gigli come modelli di riferimento per la successiva opera goldoniana, mentre Elena Marcello riesamina i diversi gradi d’influenza della letteratura spagnola sulle pièces dello stesso Gigli.

La carrellata sugli “antenati” italiani si chiude con tre interventi dedicati all’ambiente napoletano (sezione sesta). Francesco Cotticelli aggiunge nuovi tasselli alla figura e all’affascinante lavoro di Domenico Barone, cavaliere di Liveri. Paologiovanni Maione analizza le trasformazioni che Lo castiello sacchejato di Francesco Oliva subisce dal 1720 al 1747: un interessante excursus alle radici della “commedia pe museca”. Propone infine una panoramica sulla produzione di Niccolò Amenta Giulia Dell’Aquila.

Tessere e prospettive si compongono nel settimo capitolo. Benedict Buono presenta parte di un lavoro sistematico e imponente, illustrando la metodologia d’analisi della componente idiomatica e proverbiale nel teatro pregoldoniano. Susanne Winter sviscera i segreti del personaggio della “serva astuta” mettendo a confronto La serva padrona nelle declinazioni di Jacopo Angelo Nelli (1708), Gennaro Antonio Federico (1733) e Joseph Felix von Kurz  (1770). Interessanti, seppur poco centrati, il contributo di Margherita Verdirame sul teatro dei siciliani Paolo Mura e Pietro Mancuso (1660 ca.-1713) e quello di Rosario Castelli dedicato alla commedia Le notti di Palermu di Tommaso Aversa (1637-1657).

L’ottava sezione è dedicata a Donne e teatro pregoldoniano fra Sei e Settecento. Paola Cosentino ripercorre le vicende della regina longobarda Rosmonda prima e dopo Goldoni, evidenziando l’efficacia narrativa di un longseller tra i più fortunati. Carmela Panarello riflette sul ruolo della donna nel teatro comico toscano a cavallo tra XVII e XVIII secolo, fra attrici, protettrici, imprenditrici e personaggi femminili delle commedie di Nelli, Fagiuoli, Gigli. Monika Surma-Gawlowska riapre il ragionamento su uno dei “vasi di Pandora” della storia del teatro, quello relativo alla condizione delle attrici, indagando l’evoluzione del ruolo della donna nelle compagnie dell’Arte e interrogandosi sul passaggio di consegne a partire dal Seicento tra Servette e Innamorate. Dopo aver curato insieme a Sara Mamone l’edizione Marsilio della Locandiera (2007), Teresa Megale allarga l’indagine ai precedenti della celebre commedia, soffermandosi su alcune drammaturgie secentesche d’area napoletana, fiorentina e veneziana.

Al teatro parodico nel primo Settecento dedicano la loro attenzione Valeria Tavazzi e Andrea Fabiano (nona sezione), approfondendo la riflessione rispettivamente sul Rutzvanscad il giovine di Zaccaria Valaresso (1724) e sul Pastor fido ridicolo (1712 è la data della prima rappresentazione londinese), operina in musica di duraturo successo.

Al teatro per musica sono dedicati gli interventi a firma di Francisco José Rodríguez Mesa, Françoise Decroisette, Giovanni Polin e Cécile Berger (Librettisti e riforma). Il primo indaga l’Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck e Ranieri de’ Calzabigi, individuando una sostanziale identificazione tra scena e platea nella corte viennese del 1760. Decroisette ricerca i segni della scrittura goldoniana nell’inedito dramma civile per musica di Giovanni Andrea Moniglia Il vecchio balordo (1659). Polin, già autore della bella introduzione per il primo volume dei drammi per musica di Goldoni edito da Marsilio, si occupa del repertorio del teatro comico musicale prima del debutto goldoniano (1748) ed evidenzia le peculiarità di una drammaturgia che già dal 1745 inizia un precipuo processo di formalizzazione. Chiude la sezione il saggio di Berger, la quale si interroga sui possibili debiti dell’avvocato nei confronti di Ogni uguaglianza amor uguaglia di Giuseppe Domenico De Totis (1706).

A Goldoni in lontananza rivolgono lo sguardo Epifanio Ajello, Bruno Capaci, Alessandra Di Ricco, Jolanta Dygul. Ajello si concentra sul valore dell’oggettistica e delle marionette nelle pièces goldoniane, mentre Capaci si interessa alle discontinuità tra l’Arlequin francese (di Marivaux in particolare) e l’Arlecchino/Truffaldino italiano, dedicando una riflessione specifica a quello di Goldoni. Intervento di rottura è quello di Di Ricco, che propone un’inversione nell’analisi del teatro di Pier Jacopo Martello: secondo la studiosa la drammaturgia di quest’ultimo non è da intendersi come destinata alla lettura e ai letterati, ma alla scena; non alla correzione dei vizi morali, ma degli “intelletti”. Di grande interesse il saggio di Dygul sulla Commedia smascherata, ovvero i comici esaminati di Gennaro Sacco, pubblicata e recitata alla corte di Augusto II a Varsavia nel 1699: una riflessione sul teatro secondo la formula della “commedia in commedia”.

Annibale Rainone apre L’orizzonte Goldoni proponendo una retrospettiva sulla funzione della drammaturgia di collegio presso i Gesuiti per la formazione teatrale del giovane Goldoni. Recuperando la questione dei rapporti tra Metastasio e il commediografo veneziano, William Spaggiari introduce nuovi elementi per l’attribuzione dell’intermezzo L’impresario delle Canarie al poeta cesareo; Tatiana Korneeva prende in esame possibili elementi di continuità tra Giacinto Andrea Cicognini e Goldoni riguardo alla vicenda del capitano Belisario. Il confronto tra i due autori è ripreso da Inés Rodríguez Gómez, che si concentra sul ruolo dei rispettivi personaggi femminili.

Quattro i saggi dedicati al Goldoni pregoldoniano. Nel primo Margherita Pieri riflette sugli intermezzi scritti per la compagnia Imer come palestra per la successiva attività drammaturgica. Gli altri tre contributi hanno come oggetto una delle opere più scadenti di Goldoni, il Don Giovanni Tenorio: Angela Guidotti vi rintraccia i prodromi della riforma; Guido Nicastro ne mette in rilievo le differenze sostanziali rispetto alle scritture di Tirso de Molina, Cicognini e Molière; Simona Morando vi legge la critica dell’idea edenica della scena pastorale, esemplificata dal personaggio di Elisa.

Quattro anche I sentieri verso la maturità. Il primo è percorso da Eszter Szegedi, che si occupa del libretto del Giustino di Nicolò Beregan da cui Goldoni adattò la tragicommedia omonima. Pierangela Izzi rinviene le impronte della riforma nelle commedie che vanno dal Momolo cortesan (1738) alla Putta onorata (1748). Segue Stella Larosa, la quale individua le influenze della Mandragola di Machiavelli nella Locandiera, soprattutto nei tratti del carattere mascolino di Mirandolina. Chiude la fila Marzia Pieri, che dopo i recenti approfondimenti su Artemisia e il progetto delle “Nove Muse” analizza il discorso sul Goldoni tragico per il San Samuele.

L’ultima sezione è dedicata ai contemporanei del veneziano: Monica Bisi analizza Il vero cavaliere di Giuseppe Gorini Corio (1759) quale opera adulta e rappresentativa della poetica dell’autore. Milena Contini si occupa della commedia di Giovanni Camillo Canzachi L’adulatore, che suscitò nuovo interesse all’atto della sua tardiva pubblicazione nel 1740. Un esame di tre commedie di Vincenzo Rota (La zoccoletta pietosa, La morta viva e Il fantasima) è proposto da Anna Maria Salvadè, mentre allo stile comico di Giulio Cesare Becelli è dedicato il saggio di Cristina Cappelletti.

Spetta a Piermario Vescovo il compito di sigillare il corposo volume. Lo studioso propone un ragionamento sulla Biblioteca di Carletto Goldoni, che oltre ai nomi canonici dei commediografi toscani o dei letterati lombardi accoglie Orazio e Lope de Vega, insieme a una fitta e quasi infinita serie di autori e attori più o meno noti in cui Goldoni si è imbattuto dalla giovinezza fino agli anni della sua affermazione come uomo di teatro.

Non tutti gli interventi apportano un vero contributo allo studio del teatro pregoldoniano inteso secondo i criteri suggeriti da Gutiérrez Carou nella nota introduttiva, ma per la ricchezza degli argomenti trattati e dei saggi raccolti questo volume contiene comunque proficui spunti di riflessione, in qualche caso di notevole spessore storico-critico.


di Lorenzo Galletti


La copertina

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