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Anna Barsotti

Il teatro di Toni Servillo
Con Dialogo. Prefazione di Cesare Molinari

Titivillus, Corazzano (PI), 2016, 328 pp., euro 22 («Altre visioni 131»)
ISBN 978-88-7218-415-8

Anna Barsotti
e Carlo Titomanlio decidono di avventurarsi nel panorama scivolosissimo degli ultimi decenni del secolo scorso e l’inizio del nuovo, e fra le suggestioni possibili scelgono di tratteggiare il profilo del teatro di Servillo, muovendo dal caos all’ordine e viceversa, dal blocco indistinto a una individualità – dell’attore o di uno spettacolo – mai scorporabile dall’insieme da cui si parte e a cui si torna: la “bella confusione” di Jouvet, di Eduardo, del teatro. 

Ispiratore di Servillo è appunto il grande “Giucoliero” Eduardo, volto familiare dell’infanzia, dal quale il giovane sperimentatore viene folgorato in fase di già piena attività quando, con Giuseppe Bartolucci, vede l’attore da vecchio nel ruolo di Ciampa. «Io ricordo quella visione come un riferimento intellettuale […]. In quel momento, dentro di me, la visione di quel teatro e di quell’ultimo Eduardo, ha creato un cortocircuito, per cui ho sentito che se teatro di parola doveva essere, occorreva che fosse fortemente legato al vissuto, al modo di mangiare, di camminare, di rubare la vita, attraverso l’esposizione del corpo, della figura, l’esasperazione dei segni visivi» (p. 263).

Corpo, figura, vita, segni visivi rimbalzano con coerenza nei titoli dei paragrafi attraverso i quali chi legge viene iniziato a un percorso che, fissata una cronologia, risulta articolato e sinuoso: “a spirale”, lo definisce la Barsotti; “rizomatico”, direbbe chi scrive.

Il volume si struttura in due blocchi, Toni Servillo attore (pp. 13-88) e Toni Servillo regista (pp. 89-213), a firma della stessa Barsotti, più un focus, Viaggiare leggeri. La scenografia nel teatro di Toni Servillo (pp. 233-260) a cura di Titomanlio. La tripartizione non intende facilitare la vita al lettore, studente o esperto, ne esige piuttosto l’attenzione; tali sezioni sembrano pulsare dell’attività e del fervore, ancora ardente ma ormai sedimentato, da cui nascono. Si tratta di una modalità di processo intertestuale, “rizomatica” appunto, la quale, specialmente nella prima parte, come attraverso una grossa rete apre links e finestre di approfondimento, stimolando la curiosità per ulteriori ricerche.

Scrive Cesare Molinari nella Prefazione: «Se la ricchezza di un libro» si misura «sulle domande che pone e sulle problematiche che apre, […] allora questo studio va considerato tra i più ricchi che la saggistica sull’attore abbia di recente prodotto» (p. 9). Ebbene, lo sguardo critico della Barsotti traccia un percorso “vivente”, escludendo il privato ma includendo il vissuto artistico: il caso, gli incontri, le occasioni colte e mancate, le intersezioni. E in questa modalità c’è forse qualcosa di servilliano, una sorta di “poetica del tratteggio” (spesso nel testo questa tecnica di disegno si fa metafora di un modus operandi), che non è, attenzione, sfumatura. A noi gli spazi mancanti, le domande!

La biografia artistica di Toni Servillo, dagli esordi ad oggi, appare dunque compresa tra lo sperimentalismo spregiudicato di un gruppo di giovanissimi che si installano nei pressi della Reggia di Caserta, costituendo il nucleo del Teatro Studio (a partire dal 1977), e il chirurgico nitore dello spazio scenico di Le voci di dentro di Eduardo (2013), ultima produzione (esaminata) di Teatri Uniti per la regia dell’attore-autore, non tralasciando incursioni nel cinema e nell’opera lirica. Nella definizione di questo percorso l’impostazione spiroidale aiuta a tornare indietro e a fare salti in avanti senza perdere di vista l’oggetto di studio, l’attore, anzi gli attori, in un teatro che nasce e rimane di gruppo, con nomi ricorrenti e nuovi ingressi.

“Attore-autore” è la consolidata formula storiografica che da tempo la studiosa accosta a Servillo e l’ampio respiro del volume conferma questa tesi. Fin dagli esordi, infatti, risulta chiara la capacità autoriale dell’attore capocomico nel segno di una scrittura scenica. Scrittura che si produce attraverso il corpo e i codici dello spettacolo e che sposta un testo, un classico, per esempio, dal suo tempo al nostro: lo riattiva e lo fa diventare materia vivente.

La prima spirale si avvolge intorno alla figura dell’interprete, dalla delineazione di quelle che l’autrice definisce silhouettes, in linea con lo spirito decostruttivo della prima attività, fino alla composizione (anche musicale) del personaggio, dotato di parola e potenziato dalla relazione con il testo e con la scena. In generale il movimento va dalla decostruzione alla scoperta di un’altra tendenza, quella del “costruire moltiplicandosi” dirà Servillo (p. 264). La ricostruzione del periodo iniziale mostra le tappe di questo passaggio: il Teatro Studio, nato sulle ceneri della post-avanguardia, muove dal teatro immagine e, a seguito della fusione in Teatri Uniti (Martone-Servillo-Neiwiller), rivaluta una tradizione (partenopea specialmente) da reinventare. Emerge dal lavoro artigianale di tali personalità come ogni passo sia costantemente verificato sul corpo dell’attore e risponda a esigenze di compagnia. D’altra parte lo scavo nella recitazione di Servillo si concentra su caratteristiche singolari relative alla voce, al volto, alla maschera vocale e al corpo.

Il corpo collettivo della compagnia è protagonista della seconda parte del libro: Toni Servillo regista. In questo caso la “spirale” critica si aggira fra gli elementi costituitivi degli spettacoli, ricomponendoli, e rimuove il frastuono scoppiettante del successo di messinscene fortunatissime: da Rasoi del 1991 a Le voci dentro (2014), passando per Molière, Goldoni e Marivaux. Spettacoli di cui si forniscono dettagliate analisi performative attraverso la memoria di visioni personali, l’ausilio delle recensioni (da apprezzare la rispettosa “critica sulla critica” di cui, grazie a una distanza prospettica, l’autrice si assume la responsabilità), dei video, dei materiali di scena.

Il dialogo con il grande schermo, che l’attore frequenta in questi anni sempre più volentieri, rimane costante e la messa in relazione del lavoro dell’attore su se stesso e sui personaggi chiarisce reciprocamente la dialettica che intercorre tra alcune interpretazioni teatrali e filmiche. Si pensi solo al fil rouge che lega Servillo/Peppino Priore di Sabato, domenica e lunedì (2002) a Servillo/Titta di Gerolamo di Le conseguenze dell’amore dell’affezionato Paolo Sorrentino (2004).

Infine, l’analisi si concentra sull’arte di creare spazi. Meglio, sulla scenografia tra attività artigianale e “intelligenza dei testi”. Titomanlio riavviluppa le due spirali precedenti attraverso un dinamico refresh dell’intero percorso del teatro di Servillo. Protagonisti sono gli scenografi Renato Lori, Lino Fiorito, Daniele Spisa (tra i più assidui) e la costumista Ortensia De Francesco. Seguendo tali creatori di “involucri coerenti” si procede dal linearismo “infantile” degli sfondi dei primi spettacoli – disegni eseguiti «con la mano sinistra» (p. 239) – fino alla cucina bianchissima di casa Cimmaruta e alle sedie appese al soffitto “come teste d’aglio” nel magazzino dei Saporito in Le voci di dentro. Alla definizione superficiale di “minimalismo”, lo studioso preferisce le categorie di “dissimulazione” e “trasparenza”, attraverso le quali l’idea di uno spazio aderisce al testo senza soffocarlo e si fa indice di contesto senza tuttavia distrarre lo spettatore. Quest’ultimo è il referente principale di Teatri Uniti: in rapporto a esso Servillo pensa le regie e costruisce gli spazi; non a caso il posizionamento del pubblico nei confronti della scena è stato spesso non convenzionale o comunque significativo. 

Il volume è arricchito da una galleria di preziose immagini, dalla teatrografia e dalla bibliografia aggiornate. Si registra, infine, il Dialogo con Toni Servillo, nel quale è l’attore-autore stesso a prendere la parola.

Un volume, quello di Barsotti-Titomanlio, che aiuta a fare il punto sugli studi d’attore contemporanei (e non solo): una mission di archiviazione rivolta a registrare tecniche, fatti e persone – volti, corpi e voci – nel loro meraviglioso accadere.



di Chiara Schepis


La copertina

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