Anna Barsotti e Carlo Titomanlio decidono di
avventurarsi nel panorama scivolosissimo degli ultimi decenni del secolo scorso
e linizio del nuovo, e fra le suggestioni
possibili scelgono di tratteggiare il profilo del teatro di Servillo, muovendo
dal caos allordine e viceversa, dal blocco indistinto
a una individualità – dellattore o di uno spettacolo – mai scorporabile
dallinsieme da cui si parte e a cui si torna: la “bella confusione” di Jouvet, di Eduardo, del teatro.
Corpo,
figura, vita, segni visivi rimbalzano con coerenza nei titoli dei paragrafi attraverso
i quali chi legge viene iniziato a un percorso che, fissata una cronologia,
risulta articolato e sinuoso: “a spirale”, lo definisce la Barsotti; “rizomatico”,
direbbe chi scrive.
Il
volume si struttura in due blocchi, Toni
Servillo attore (pp. 13-88) e Toni Servillo regista (pp. 89-213), a firma della stessa Barsotti, più un focus, Viaggiare leggeri. La scenografia nel teatro di Toni Servillo (pp.
233-260) a cura di Titomanlio. La tripartizione non intende facilitare la vita
al lettore, studente o esperto, ne esige piuttosto lattenzione; tali sezioni sembrano pulsare dellattività e del fervore, ancora
ardente ma ormai sedimentato, da cui nascono. Si tratta di una modalità di
processo intertestuale, “rizomatica” appunto, la quale, specialmente nella
prima parte, come attraverso una grossa rete apre links e finestre di approfondimento, stimolando la curiosità per
ulteriori ricerche.
Scrive
Cesare Molinari nella Prefazione: «Se la ricchezza di un libro» si misura «sulle domande che
pone e sulle problematiche che apre, […] allora
questo studio va considerato tra i più ricchi che la saggistica sullattore
abbia di recente prodotto» (p. 9). Ebbene, lo sguardo critico della Barsotti
traccia un percorso “vivente”, escludendo il privato ma includendo il vissuto
artistico: il caso, gli incontri, le occasioni colte e mancate, le intersezioni.
E in questa modalità cè forse qualcosa di servilliano, una sorta di “poetica
del tratteggio” (spesso nel testo questa tecnica di disegno si fa metafora di
un modus operandi), che non è,
attenzione, sfumatura. A noi gli spazi mancanti,
le domande!
La
biografia artistica di Toni Servillo, dagli esordi ad oggi, appare dunque
compresa tra lo sperimentalismo spregiudicato di un gruppo di giovanissimi che
si installano nei pressi della Reggia di Caserta, costituendo il nucleo del Teatro
Studio (a partire dal 1977), e il chirurgico nitore dello spazio scenico di Le voci di dentro di Eduardo (2013), ultima
produzione (esaminata) di Teatri Uniti per la regia dellattore-autore, non
tralasciando incursioni nel cinema e nellopera lirica. Nella definizione di
questo percorso limpostazione spiroidale aiuta a tornare indietro e a fare salti in avanti senza perdere di vista loggetto
di studio, lattore, anzi gli attori, in un teatro che nasce e rimane di
gruppo, con nomi ricorrenti e nuovi ingressi.
“Attore-autore”
è la consolidata formula storiografica che da
tempo la studiosa accosta a Servillo e lampio respiro del volume conferma
questa tesi. Fin dagli esordi, infatti, risulta chiara la capacità autoriale
dellattore capocomico nel segno di una scrittura scenica. Scrittura che si produce attraverso il corpo e i
codici dello spettacolo e che sposta un testo, un classico, per esempio, dal
suo tempo al nostro: lo riattiva e lo fa diventare materia vivente.
La
prima spirale si avvolge intorno alla figura dellinterprete, dalla
delineazione di quelle che lautrice definisce silhouettes, in linea con lo spirito decostruttivo della prima
attività, fino alla composizione (anche musicale) del personaggio, dotato di
parola e potenziato dalla relazione con il testo e con la scena. In generale il
movimento va dalla decostruzione alla scoperta di unaltra tendenza, quella del
“costruire moltiplicandosi” dirà Servillo (p. 264). La ricostruzione del
periodo iniziale mostra le tappe di questo passaggio: il Teatro Studio, nato
sulle ceneri della post-avanguardia, muove dal teatro immagine e, a seguito della
fusione in Teatri Uniti (Martone-Servillo-Neiwiller), rivaluta una tradizione (partenopea
specialmente) da reinventare. Emerge dal lavoro artigianale di tali personalità
come ogni passo sia costantemente verificato sul corpo dellattore e risponda a
esigenze di compagnia. Daltra parte lo scavo nella recitazione di Servillo si
concentra su caratteristiche singolari relative alla voce, al volto, alla maschera vocale e al corpo.
Il
corpo collettivo della compagnia è protagonista della seconda parte del libro: Toni
Servillo regista. In questo caso la “spirale” critica si aggira fra gli
elementi costituitivi degli spettacoli, ricomponendoli, e rimuove il frastuono
scoppiettante del successo di messinscene fortunatissime:
da Rasoi del 1991 a Le voci dentro (2014), passando per Molière, Goldoni e Marivaux. Spettacoli
di cui si forniscono dettagliate analisi performative attraverso la memoria di visioni
personali, lausilio delle recensioni (da apprezzare la rispettosa “critica sulla
critica” di cui, grazie a una distanza prospettica, lautrice si assume la
responsabilità), dei video, dei materiali di scena.
Il
dialogo con il grande schermo, che lattore frequenta in questi anni sempre più
volentieri, rimane costante e la messa in relazione del lavoro dellattore su se stesso e sui personaggi chiarisce
reciprocamente la dialettica che intercorre tra alcune interpretazioni teatrali
e filmiche. Si pensi solo al fil rouge
che lega Servillo/Peppino Priore di Sabato,
domenica e lunedì (2002) a Servillo/Titta di Gerolamo di Le conseguenze dellamore
dellaffezionato Paolo Sorrentino (2004).
Infine,
lanalisi si concentra sullarte di creare spazi. Meglio, sulla scenografia tra
attività artigianale e “intelligenza dei testi”. Titomanlio riavviluppa le due
spirali precedenti attraverso un dinamico refresh
dellintero percorso del teatro di Servillo. Protagonisti sono gli scenografi Renato Lori, Lino Fiorito, Daniele Spisa
(tra i più assidui) e la costumista Ortensia
De Francesco. Seguendo tali creatori di “involucri coerenti” si procede dal
linearismo “infantile” degli sfondi dei primi spettacoli – disegni eseguiti «con
la mano sinistra» (p. 239) – fino alla cucina bianchissima di casa Cimmaruta e
alle sedie appese al soffitto “come teste daglio” nel magazzino dei Saporito
in Le voci di dentro. Alla
definizione superficiale di “minimalismo”, lo studioso preferisce le categorie
di “dissimulazione” e “trasparenza”, attraverso le quali lidea di uno spazio
aderisce al testo senza soffocarlo e si fa indice di contesto senza tuttavia
distrarre lo spettatore. Questultimo è il referente principale di Teatri
Uniti: in rapporto a esso Servillo pensa le
regie e costruisce gli spazi; non a caso il posizionamento del pubblico nei
confronti della scena è stato spesso non convenzionale o comunque significativo.
Il
volume è arricchito da una galleria di preziose immagini, dalla teatrografia e dalla bibliografia
aggiornate. Si registra, infine, il Dialogo con Toni Servillo, nel quale è
lattore-autore stesso a prendere la parola.
Un
volume, quello di Barsotti-Titomanlio, che aiuta a fare il punto sugli studi
dattore contemporanei (e non solo): una mission
di archiviazione rivolta a registrare tecniche, fatti e persone – volti, corpi
e voci – nel loro meraviglioso accadere.
di Chiara Schepis
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