Il
10 febbraio 1956 debuttò al Piccolo Teatro di Milano lOpera da tre soldi di Bertolt
Brecht per la regia di Giorgio
Strehler. Lepisodio è noto: la recita fu un successo e il drammaturgo di
Augusta, che assistette allo spettacolo, ne rimase entusiasta. Lo attestano due
biglietti vergati a mano e indirizzati rispettivamente a Paolo Grassi, «Lo spettacolo è magnifico. Molte grazie» (p. 27), e
allo stesso Strehler: «Caro Strehler, mi piacerebbe poterle affidare per
lEuropa tutte le mie opere, una dopo laltra. Grazie. Bertolt Brecht» (p. 28).
Poche
righe di apprezzamento per il lavoro del regista triestino, ma su cui si è
giocata ampia parte della questione dei diritti di rappresentanza delle opere
di Brecht in Italia. Per oltre ventiquattro anni quelle poche righe furono
interpretate da Grassi come una delega morale che riconosceva nel Piccolo
Teatro il “Zentrum” delle espressioni e delle rappresentazioni dellopera
brechtiana in Italia e in Strehler il “suo” regista. Dal canto proprio questultimo
vi lesse la volontà testamentaria di Brecht di affidargli la tutela di tutte le
sue opere in Italia ed Europa.
Ma
se il rapporto privilegiato fra Brecht e il Piccolo Teatro di Milano è un fatto
ormai acquisito e indagato dalla storiografia, meno chiare, sino ad oggi, sono le
dinamiche che videro il teatro diretto da Paolo Grassi divenire il mediatore, e
assai più spesso lostacolo, fra gli “aventi diritto” dei capolavori brechtiani e gli altri teatri
italiani. Dinamiche ora puntualmente indagate dal volume di Alberto Benedetto: Brecht e il Piccolo Teatro. Una questione di diritti. Lautore vi
ricostruisce, anche grazie a unampia documentazione di prima mano, i complessi
e spesso tesi rapporti tra Grassi, la moglie di Brecht Helene Weigelg e la casa editrice tedesca Suhrkamp. Mettendo
opportunamente in luce la lungimirante strategia di Grassi, ma anche le
umiliazioni, gli egoismi e le solitudini di uno dei protagonisti del teatro del
Novecento.
Attraverso
un ricco epistolario, Benedetto ridisegna il mosaico di tattiche, equivoci,
rotture, alleanze e polemiche che caratterizzarono la parabola dei rapporti tra
Grassi e gli eredi di Brecht. Questultimi, almeno in un primo momento, si
affidarono a lui per valutare lopportunità o meno di rilasciare i diritti di
rappresentazione alle altre compagnie teatrali italiane. Assegnandogli così, di
fatto quando non di diritto, il ruolo di “supervisore” sulla politica
brechtiana in Italia, sino a fargli ottenere
quasi un regime di monopolio a favore del Piccolo Teatro. Non concessero però
accordi scritti, nonostante i diversi tentativi di Grassi di “ufficializzare”
la propria posizione. Così che, quando il sempre maggiore controllo che da
Milano si esercitava sulle rappresentazioni delle opere di Brecht cominciò a
infastidire sia i registi e gli impresari italiani che gli stessi eredi, questi
non esitarono a mettere in discussione i vantaggi sino a quel momento concessi.
Cogliendo nel divorzio tra Strehler dal Piccolo Teatro il momento opportuno per
assestare il colpo decisivo alla sempre più instabile posizione privilegiata a
lungo occupata da Grassi.
Lorena Vallieri
INDICE Avvertenze
di consultazione Introduzione, di Sergio
Escobar 1.
Primi contatti 2.
LOpera da tre soldi 3.
Il dopo Brecht 4.
La morte di Peter Suhrkamp 5.
La resistibile ascesa di Arturo Ui 6.
Il primo accordo 7.
Vita di Galileo 8.
Un secondo mancato accordo 9.
Puntila e il suo servo Matti 10.
Strehler lascia il Piccolo Teatro 11.
Lultimo accordo 12.
Conclusioni Postfazione Il tempo di
Brecht,
di Stefano Massini Appendice
fotografica Indice
dei nomi Bibliografia
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