Il
volume non costituisce soltanto il catalogo-guida della mostra dedicata a Jean Genet dal MUCEM di Marsiglia
(aprile-luglio 2016), ma anche un documento originale, nei contenuti e nelle
suggestioni, del legame dello scrittore col Mediterraneo, ambiente che collega
Genet soldato in Siria e in Marocco (anni Trenta del secolo scorso) al
testimone dei massacri in Libano che gli detteranno Quatre heures à Chatila (1983). Limpresa che comprende la mostra e
il libro è resa possibile dalla qualità degli archivi detenuti dallIMEC,
costituiti per la passione di Albert
Dichy, prima a Parigi dal 1989, poi nella grande, funzionale sede
dellAbbaye dArdenne (Caen). La materia è distribuita nelle tre parti
intitolate ad opere e figure genetiane: Journal
du voleur, Les Paravents e Un captif amoureaux. Ciascuna presenta interventi
doccasione, appunto le échappées
(fughe o digressioni) di autori contemporanei ispirati ai testi dello scrittore.
Dal Journal du voleur, autobiografia
romanzata, prende spunto la ricognizione dei luoghi, degli spostamenti e degli
incontri dellautore, dalla nascita alla pubblicazione dellimportante testo desordio,
redatto a partire dal 1945. I controlli e gli accertamenti delle istituzioni
sulla personalità anomala dellinfante abbandonato, seguito dallAssistenza
Pubblica, si sintetizza nel 1938 con la proposta di riforma dal servizio
militare. La diagnosi:
«Genet est un desequlibré psychique, instable, fugueur, amoral, inaffectif.
Cest sans doute un habitué de lhomosexualité passive quil pratique sans convinction apparente. Cest aussi un
fabulateur, un imaginatif mythomaniaque» (p. 65). Più volte detenuto, conosce Jean
Cocteau, che gli ottiene la pubblicazione di Notre-Dame-des-Fleurs (1943). Segue una lunga dettagliata Chronolologie biografica in fac-simile
(pp. 73-76), per poi giungere alledizione clandestina del Journal (1948), stampata da Skira a Ginevra. La sezione si chiude con Escapar
di Sonia Chiambretto e Une fantaisie di Patrick Autréaux.
Lincontro
con lo scultore svizzero (presentatogli da Sartre
nel 1954) segna una svolta esistenziale e artistica. Lestetica “letteraria” di
Genet evolve allora tramite riflessioni ed esperienze a tutto campo, influenzando
la sua stessa visione dellArte. «Giacometti réaffirme face à Genet limportance du sujet […]. Il fait ainsi lentement
émerger Genet du rêve mallarméen qui le hante» (p. 118). La svolta consisterà nellabbandonare il progetto di unopera
centrata sul «nulla» per «louverture au pluriel, le geste de loffrande, la
dedicace à lautre» (p. 119). Il «moment Giacometti» è articolato da Albert
Dichy nei tempi (o movimenti) Poser,
Rencontrer, Sortir, Boiter. Azioni diverse in cui lespressione si rivela
nello scrittore quale specchio e reazione alla presenza delle forme (sculture e
ritratti) plasmate dallartista. Vengono istituite relazioni molto intime fra
le due opere in fieri e Dichy individua in quelle a venire di Genet limpronta
di quelle di Giacometti.
Per
quanto riguarda lopera teatrale, quale avventura esemplare si sceglie Les Paravents, iniziato nel 1955 e
pubblicato nel 1961. In presentazione si precisa che «Genet a beaucoup dit et écrit quelle
[pièce] navait quun rapport lontain à lAlgérie. La réaction des spectateurs
laura pourtant contredit» (p. 124). Grazie allintelligenza del regista Roger Blin, «le pretexte de la guerre
dAlgérie permet le développement dune pensée poétique et politique» (p. 124).
Il dossier presenta molti inediti, documentari
e iconografici, aperti da un Avertissement
dei Servizi dInformazione (17 aprile 1966) sulla programmazione della pièce al
Théâtre de lOdéon (p. 127). Il testo è tratto dal XIII Quadro delled. 1961.
Segue il Rapport dei Servizi sulla
prima rappresentazione (17 aprile 1966), lunga descrizione delle fasi dello
spettacolo, che conclude: «Aucune manifestation na marqué ce spectacle, malgré
les répliques violentes et le langage très libre des acteurs» (p. 138). Le
recensioni, sui giornali dellepoca, sono di Poirot-Delpech («Le Monde») e di Gautier («Le Figaro»).
Fogli manoscritti
del 1955-1958, con gli abbozzi dei dialoghi e dei “paraventi” (pp. 147-49),
precedono bozzetti dei costumi, a cui seguono Lettere e schizzi dellautore al regista, documenti allorigine delle
Lettres à Roger Blin pubblicate nel
1967: profonda riflessione di estetica della scena mista di dettami concreti. Quella intestata «Quelques
costumes et maquillages, comme je les vois» (p. 156) è immaginata per Maria Casarès, interprete della Mère:
«Des cheveux de toupe blanche. Un face blanche, passée à la céruse, et des
rides très travaillées [...]. La robe, très lourde, descend un peu plus bas que
les pieds» (p. 156). Fra i costumi di André Acquart, quelli per Germaine Kerjean (ruolo di Kadidja),
per Marcelle Ranson (Ommou) e per Madeleine Renaud (Warda). Il disegno del
dispositivo scenico appare comprensivo di pedane praticabili e paraventi (p. 171).
Un altro documento finora inaccessibile è lintervista radiofonica di Michel Droit a Jean-Louis Barrault del 3 maggio 1966, dalla quale si apprende la
vivace e dolorosa reazione vissuta dallartista durante la «battaglia dei
Paraventi», costellata da polemiche ed azioni di disturbo, fra ragioni
politiche, risentimenti e pretesti per alimentare conflitti forse insanabili. Barrault concludeva
lintervista con unesaltazione civile del Teatro, «un État indépendant qui
devrait être reconnu à lONU et qui est la gloire et lhonneur de lhumanité»
(p. 172).
Il versante
politico dellimpegno di Genet appare sotto il titolo di Un captif amoureux, libro di difficile collocazione,
pubblicato postumo nel 1986 (non ancora tradotto in Italia), maturato dalle frequentazioni solidali con le Black
Panthers e con i feddayn palestinesi.
I materiali e i testi relativi – che da noi hanno trovato a suo tempo sensibile
riscontro – vengono presentati e commentati per campioni. Fra i primi europei a
visitare i campi palestinesi del massacro, Genet rende la sua testimonianza in Quatre heures à Chatila (1983) e segna
linizio dellultimo suo periodo, «celui de la reprise en main des images par
lécriture» (p. 188). Les Palestiniens
commenta le fotografie di Bruno Barbey
scattate dal 1969 al 1971 e pubblicate su «Zoom» lo
stesso anno. Un captif amoureux vale a testamento: «Le livre
est une recherche du temps passé […] plus particulièrement la recherche des
années après sa rencontre en Jordanie, dun jeune combattant palestinien nommé
Hamza. [...] Celui qui a écrit ces pages, transfiguré dans sa nuit personnelle et portative, ce viel
orphelin pouvait enfin mourir» (p. 189). Già
nellIntervista filmata da Antoine Bourseiller nel 1981, la voce di
Genet suonava profetica: «Ma vie sachève à peu près. Jai soixante et onze ans et vous avez
devant vous ce qui reste de tout ça. Rien de plus. Ce nétait pas grand-chose» (p. 7).
Limpostazione
grafica del disegnatore Philippe Millot
(docente di tipografia e grafica allENSAD di Parigi) risulta lavoro inventivo,
prezioso e sofisticato (peccato per certi caratteri al limite della leggibilità),
un efficace puzzle visivo che avvalora la contemporaneità dello scrittore e del
suo universo.
di Gianni Poli
|
|