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Emanuele De Luca

«Un uomo di qualche talento». François Antoine Valentin Riccoboni (1707-1772)
Vita, attività teatrale, poetica di un attore-autore nell'Europa dei Lumi
Biblioteca di drammaturgia. Collana diretta da Annamaria Cascetta

Pisa-Roma, Fabrizio Serra, 2015, 282 pp., euro 58,00
ISBN 978-88-6227-804-I

La recente storiografia e gli studi critici e letterari offrono un panorama molto articolato sui processi di circolazione degli attori fra Italia e Francia nonché sulla migrazione dei testi, dei temi e dei soggetti drammatici tra Sei e Settecento. Il bel saggio di Emanuele De Luca, frutto di una lunga ricerca sul campo, ricostruisce la biografia, il profilo artistico e l’attività autorale di François Antoine Riccoboni (1707-1772), epigono di quella tradizione perché esponente di un’importante famiglia d’Arte in azione già dalla metà del XVII secolo nelle principali piazze dell’Italia settentrionale e presso le corti dell’Europa centrale. Questo percorso vuole essere paradigmatico dell’evoluzione del teatro degli Italiani in Francia sul piano performativo, drammaturgico e teorico. Infatti, nonostante fosse nato a Mantova – dove viveva la nonna materna, attrice protégée del duca Ferdinando Carlo – François Riccoboni ebbe formazione e vita artistica esclusivamente oltralpe e francese fu naturalizzato nel 1723. Per queste ragioni De Luca adotta il nome francese (nonostante la storiografia citi più spesso la forma italiana, Francesco) e per sottolineare anche nominalmente la distanza di François da una filiazione prestigiosa quanto ingombrante dalla quale cercò di affrancarsi tutta la vita.

«Un uomo di qualche talento»: così lo definì suo padre Luigi Riccoboni detto Lelio, capocomico e drammaturgo di vaglia e dal 1716 alla guida del rinato Théâtre Italien di Parigi. Anche la madre Elena Balletti detta Flaminia, celebre attrice e poetessa in Arcadia, aveva nutrito per l’unico figlio l’ambizioso progetto di farne un altro protagonista della scena come Michel Baron ed insieme un nuovo Molière. Ma François Riccoboni aveva gran talento e pessimo carattere; era insofferente alle regole, presuntuoso e dispotico fuori e dentro il palco. L’educazione severa al collegio dei Gesuiti di Parigi, gli studi di latino e di retorica non misero un freno al suo gusto per la dissacrazione e per gli eccessi. Colpa dell’indole o dei pregiudizi sugli attori italiani nell’annosa querelle fra le due compagnie reali, certo è che la Comédie-Française rigettò per ben due volte la sua richiesta di entrare in organico. La rinomata danzatrice Marie Sallé rischiò di diventare sua moglie prima di partire – da sola – per i trionfi d’oltremanica; mentre François, probabilmente per tacitare le voci di presunta omosessualità, sposava e faceva entrare in compagnia l’attrice Marie-Jeanne Laboras, che col nome di Madame Riccoboni finì per sublimare nella letteratura i suoi dispiaceri coniugali.

Sulla base di una ricchissima documentazione di prima mano, il saggio fa luce su un personaggio complesso e sostanzialmente inedito, a proposito del quale tacciono molti contemporanei anche illustri, come Carlo Goldoni e Giacomo Casanova. L’approccio è interdisciplinare ed i documenti d’archivio (in particolare i repertori notarili) dialogano coi testi drammatici, le corrispondenze con le partiture musicali, i trattati sulla poetica e l’estetica con il contesto sociale e religioso. 

Nella prima parte De Luca chiarisce in modo definitivo alcuni passaggi della biografia di Riccoboni fils, come ad esempio il periodo del primo ritiro dalle scene nel 1729 e del soggiorno a Bruxelles ospite di Jean-Baptiste Rousseau prima dell’approdo a Parma insieme ai genitori Lelio e Flaminia. Sono ricostruiti i viaggi nel quinquennio 1750-1755 a Mantova per tutelare i diritti di successione della casa di famiglia ed in Laguna dove lo raggiunse la notizia della morte del padre che lo aveva diseredato. Risale al 1759 una finale, brevissima apparizione sul palcoscenico della Comédie; ma gli ultimi anni rimangono alquanto oscuri ed all’insegna di vagabondaggi, disordini finanziari, fascinazioni alchemiche e frequentazioni dubbie. François si assentava spesso e a lungo, viveva alle spalle della moglie; pochi mesi dopo la morte della madre fu colpito da paralisi, ma rifiutò con ostinazione le cure mediche e morì lasciando pochi rimpianti e molti debiti.

Pagine interessanti sono dedicate ai probabili contatti con la massoneria, che dietro pretesto di dîners chantants raccoglieva a Parigi i più rinomati autori della foire e dell’Hôtel de Bourgogne presso accolite di begli spiriti come la Société du Caveau. A testimonianza sono presentate due lettere inedite di François al duca di Richmond, gran maestro della massoneria inglese. Analogamente a Dell’Arte rappresentativa (1728), dedicata dal padre Luigi all’altro capo massone Lord Chesterfield, L’Art du Théâtre à Madame *** (1750) traduceva l’esperienza pratica sul piano teorico e affrancava finalmente l’arte dell’attore dall’oratoria e dalla subordinazione al testo drammatico. Il trattato di François costituisce la prima esplicita obiezione alla teoria emozionalista ed è un precedente significativo del celebre omologo diderottiano, all’origine di un dibattito che dal XVIII secolo arriva ai nostri giorni. 


Alla pratica scenica, attoriale e coreutica è riservata la seconda parte del volume, che presenta un interprete eclettico e versatile nell’uso del corpo e della voce, abile nella recitazione, nella danza e nel canto. François Riccoboni debuttò a vent’anni col nome di Lelio fils nei ruoli di primo Amoroso che furono di suo padre (La Surprise de l’amour di Marivaux e La Vie est un songe di Calderón), ma si produsse anche nel registro comico-farsesco e mostrò predilezione per le pièces musicali e satiriche. Insieme ai genitori, suoi mèntori furono Pierre-François Biancolelli, figlio del celebre Arlecchino Dominique e la zia Giovanna Benozzi in arte Silvia, diva del Théâtre Italien. Se i giudizi coevi su di lui sono lacunosi e talvolta contrastanti, per abilità performative e per eterogeneità del repertorio egli può essere considerato una sorta di Proteo alle prese con parti drammatiche e en travesti, parodie, brani cantati e ballati. Molto significativa fu infatti anche la sua attività di danzatore, coreografo, maestro di ballo e sperimentatore del nuovo genere di ballet-pantomime.

La pluralità di poetiche e generi, di stili e soggetti, di temi e motivi diede vita agli esiti più felici del repertorio della Comédie Italienne nel rapporto col teatro italiano, quello francese in prosa e in musica e la foire. Nella terza parte del lavoro, De Luca ricostruisce la drammaturgia di Riccoboni fils dividendola in archi cronologici, propone attribuzioni e presenta alcuni manoscritti inediti. Tuttavia ristabilire la piena paternità dei lavori è impresa non semplice per via delle scritture a più mani, delle riprese e delle interpolazioni che costituiscono da sempre la pratica del teatro. All’opera-prima Les Effets de l’éclipse (1724), che seguì solo di un mese il raro fenomeno dell’eclisse, si aggiunsero quarantasei pièces di cui ventitré in collaborazione con Biancolelli e Jean-Antoine Romagnesi; divertissements, balletti e compliments, ma soprattutto pièces à tiroirs e allegoriche, parodie en vaudevilles, parodie di tragedie e di opéras-ballets, commedie legate all’attualità e combinazioni di atti unici. François Riccoboni mantenne uno stretto rapporto col mercato teatrale e si mostrò incline ad assecondare i gusti del pubblico; vide così la parte più fertile della sua attività artistica coincidere con la fase delle grandi mutazioni nella pratica teatrale europea fra gli anni Trenta e la metà del Settecento.


di Michela Zaccaria


La copertina

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