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Imago, a. V, n. 10, 2015
Studi di cinema e media

A cura di Giorgio de Vincenti e Enrico Carocci

Secondo semestre, 180 pp., euro 20
ISSN 2038-5536

Questo numero della rivista è il primo volume di un dittico dedicato alla figura di Paolo Bertetto. Una raccolta di scritti in omaggio alla vasta produzione critica e teorica di uno studioso da sempre orientato al rapporto con altri campi della ricerca, come la filosofia, le arti visive e la massmedialità. Il filo comune che lega tali contributi, a cura di Giorgio De Vincenti e Enrico Carocci, è quindi l’approccio interdisciplinare agli studi sul cinema.

In apertura della prima sezione del volume (Estetica e teoria) Jacques Aumont si confronta con gli studi di Bertetto sul tema della memoria. L’inquadratura cinematografica, secondo Aumont, ha una sola temporalità: il continuo presente delle immagini in movimento. Il cinema, «lungi dall’essere una macchina produttrice di memoria, diventa una macchina che fabbrica oblio» (p. 19). Claudine Eizykman propone una panoramica sulla storia delle relazioni tra i concetti di “racconto” e di “visivo”, termini che si compenetrano, come dimostra l’analisi di due film molto diversi per contesto storico e cifra stilistica: Tusalava di Len Lye (1929) e Men in Black di Barry Sonnenfeld (1997).

Maurizio Ferraris si chiede se il cinema sia riconducibile al tema nietzschiano del “mondo diventato favola” o se la sua funzione sia quella di far comprendere la realtà attraverso le immagini in movimento. Sul tema nietzschiano si concentra anche Gianni Vattimo, che si confronta con l’ultimo libro di Bertetto, Microfilosofia del cinema (Marsilio 2014). Roberto Diodato invece analizza il rapporto dello studioso torinese con il pensiero di Deleuze e Bergson sulla temporalità del cinema e sull’interpretazione ontologica del concetto di immagine cristiana.

Silvio Alovisio affronta il percorso di Bertetto, evidenziando le tappe del suo lavoro di ricerca: dallo studio del cinema delle avanguardie storiche alla più ampia considerazione della spettacolarità e della finzione narrativa degli ultimi anni. Lo stesso itinerario accademico è al centro del contributo di Vito Zagarrio, che applica il concetto di detection al metodo di Bertetto: lo studioso è il detective dell’ermeneutica che indaga il film e le sue forme attraverso una metodologia «tesa a cercare non tanto una verità, ma i metodi possibili per avvicinarvisi» (p. 71).

La seconda sezione (Analisi e interpretazione) è aperta da una importante riflessione di Thomas Elsaesser sul rapporto tra letteratura e cinema, tra Minority Report (2002) di Steven Spielberg e il racconto di Philip K. Dick cui il film s’ispira. Il saggio approfondisce vari temi: la cospirazione come dimensione della politica nella società neocapitalista, la globalizzazione della nuova ideologia hollywoodiana, il rapporto tra determinismo e libero arbitrio, l’ambiguità delle azioni umane e il concetto stesso di tempo. Il rapporto tra letteratura e cinema è affrontato anche da Roberto Alonge che mette a confronto Belle de jour di Luis Buñuel (1967) e il romanzo omonimo di Joseph Kessel. Giorgio Tinazzi affronta invece il tema della “copia” e del “doppio”. Il saggio si concentra in particolare su Sunset Boulevard (1950) e Fedora (1978), entrambi di Billy Wilder. Secondo la suggestiva riflessione di Tinazzi questi e altri film sono modelli esemplari di opere che minano alla radice l’idea di “autenticità” e il concetto stesso di “testo filmico”.

Nella terza e ultima sezione (Storia e politica) Guy Fihman  rievoca la collaborazione con Bertetto nel quadro della valorizzazione del patrimonio cinematografico dei Lumière. Il saggio traccia il ruolo degli impresari francesi nell’affermazione della settima arte, individuandone gli elementi più produttivi e le relazioni che si sono instaurate tra il nuovo dispositivo e il mercato. Uta Felten presenta un luogo mitico nell’immaginario borghese della città, il boulevard, attraverso l’uso che ne fa la Nouvelle Vague e la fotografia francese degli anni Sessanta. Franco Belardi invece si confronta con i libri Qu’est-ce que la philosophie? di Deleuze e Féliz Guattari (Editions de Minuit 1991) e Chaosmose di Guattari (Galilée 1992). Infine Giaime Alonge si concentra sul periodo tedesco di Fritz Lang, sviluppando una disamina delle tesi centrali della bibliografia al riguardo, tra cui quelle di Sigfried Kracauer, Lotte Eisner, Tom Gunning e Anton Kaes.

Il volume si conclude con l’omaggio di un allievo di Bertetto, Alessandro Amaducci, studioso e videoartista.      



di Nicola Stefani


La copertina

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