Nel saggio che apre il nuovo
numero della rivista Anna Sansa
mette sotto la lente un testo di Goldoni
poco conosciuto al grande pubblico, Il
feudatario o Il Marchese di Monte
Fosco. Eppure, dallepoca della sua stesura fino al pieno Ottocento, la
commedia fu una delle più rappresentate a Venezia e allestero, tanto nella
versione originale che in rifacimenti, sia in prosa che in musica. La studiosa
si interroga quindi sullattualità del testo, insolitamente ambientato fuori
dalla Laguna non tanto in termini geografici (cosa a cui il commediografo non
era nuovo; si pensi alla Locandiera o
alla Trilogia della villeggiatura),
quanto in quelli politici e sociali. Ma se il feudo risulta una realtà
idealmente distante dalla vita della Repubblica marinara, è altrettanto vero
che la questione giuridica relativa alla regolamentazione dei territori di
terraferma fu per Venezia, fin quasi alla sua caduta sul finire del XVIII
secolo, un tema di scottante attualità. E il Goldoni giurista, che in
terraferma aveva mosso i suoi primi passi da scrittore di teatro, lo sapeva
bene. Nel Feudatario (1752) egli
condanna la resa della Repubblica alla
nuova aristocrazia veneziana, la quale abbandonando i suoi doveri politici ed
economici che avevano fatto grande la Serenissima, si è mollemente rinchiusa
entro i confini dei nuovi possedimenti terrieri. Gli studi di Marialuisa Ferrazzi sulle fortune dei comici italiani in Russia si
arricchiscono di un approfondimento su Pietro
Pertici. La presenza del comico e cantante fiorentino è attestata alla
corte della zarina Anna Ioannovna
dal 18 maggio 1734 almeno fino al febbraio 1738, in concomitanza col
soggiorno pietroburghese della famiglia Sacco
(fino al 1735) e di altri attori e cantanti di alto calibro perlopiù
provenienti dallambiente veneziano. Dai documenti risulta certa la sua
partecipazione a numerosi intermezzi e ad almeno unopera seria, La forza dellamore e dellodio,
rappresentata a corte il 29 gennaio 1736, giorno del compleanno
dellimperatrice. La studiosa mette poi in luce limportanza, per la carriera
soprattutto comica di Pertici, della vicinanza con attori come i Sacco, Carlo Bertinazzi o Zanetta Casanova, e ribadisce la centralità del suo ruolo nella
diffusione e nellaffermazione del repertorio goldoniano, principalmente in
area fiorentina, dai primi anni della riforma fin dopo la partenza del
commediografo per Parigi. Anna Laura Bellina descrive in sintesi le funzioni del programma
informatico Synopsis, applicato ai
libretti di Pietro Metastasio e
Goldoni sui siti web www.progettometastasio.it e www.carlogoldoni.it e capace di collazionare automaticamente le varianti dautore e di scena con
unaffidabilità del 99,5%. Da un breve confronto tra la produzione dei due librettisti
risulta ancora più evidente la disparità dei loro ruoli: artefice di una
produzione seria più limitata ma raffinata il poeta cesareo, fucina di libretti
in prevalenza comici e pertanto anche metricamente più vari lavvocato
veneziano. Il contributo firmato da Anna Scannapieco si concentra sulla
fortuna italiana del Père de famille
di Diderot. Dalle prime edizioni
livornesi (in traduzione e in lingua originale) agli adattamenti di Pertici e
della compagnia Sacco, passando per le reiterate esclusioni del testo dalle
maggiori raccolte settecentesche di drammaturgia francese, fino alla tournée italiana dei comédiens français, la studiosa pone in
evidenza la fitta rete di rimaneggiamenti, tagli, inversioni a cui la commedia
fu sottoposta. Il quadro che ne risulta smaschera lefficacia scenica di un
testo che il suo autore sostenne sempre senza riserve, ma che teatranti e
pubblico accolsero solo dopo averlo filtrato attraverso specifiche
rielaborazioni, o tramite lArte di attori eccellenti, come il Petronio Zanarini della compagnia del
teatro San Samuele di Venezia. Gli studi di Valeria Tavazzi sul teatro del Settecento conducono a una
riflessione sul valore della parodia e del metateatro, fenomeni destinati a
incrociarsi e a sovrapporsi sovente nella produzione drammaturgica della prima
metà del secolo. Nello specifico, la studiosa pone lattenzione sulle
coincidenze tra la parodia tragica, che prende le mosse dalla discussione sul
teatro tragico iniziata già sul finire del secolo XVII, e il libretto
dargomento metateatrale, che porta in scena, sulla scorta di quanto fatto da
Benedetto Marcello nel suo Teatro alla
moda (1720), i vizi e i clichés
del teatro musicale e dei suoi protagonisti. Del resto l«alto tasso di
metateatralità sulle scene» prova l«abitudine degli spettatori a recepire e
gustare una critica che parte innanzitutto dalla consapevolezza (o dallo
smascheramento) di norme codificate e ancora attuali nella coscienza dei
letterati o nella prassi di comici e cantanti» (p. 101). Simona Bonomi analizza la vicenda della pubblicazione dei quattro
tomi delle commedie di Pietro Chiari
rappresentate nei teatri Grimani dalla truppa Imer-Casali-Sacco. I «primi
appunti» sui rapporti tra lo scrittore, Michele
Grimani e lo stampatore Angelo Pasinelli propongono il riconoscimento
di un ruolo centralissimo dellimpresario nelle scelte editoriali delle opere
chiariane. Dalla stampa di tre commedie in «edizioni spicciolate» (LOrfana, Venezia, Fenzo, 1751; LOrfana riconosciuta, Venezia, Fenzo, 1751; e Lerede fortunato, Venezia,
[Pasinelli], 1751; cfr. Laura Riccò, «Parrebbe
un romanzo». Polemiche editoriali e linguaggi teatrali ai tempi di Goldoni,
Chiari, Gozzi, Roma, Bulzoni, 2000, p. 47), facenti funzione di libretti di
sala, fino alluscita dai torchi del quarto tomo delle commedie nel 1758 si
delinea lautorità e lintelligenza commerciale di Grimani, impegnato in prima
linea, e presto affiancato dallinteressato Pasinelli, a gareggiare con il
fronte Bettinelli-Medebach e a confrontarsi con successi e cadute del “rivale” Goldoni. Il saggio offre curiosi spunti di approfondimento sulla figura di Michele Grimani e sulla parabola produttiva di Pietro Chiari al suo servizio,
proponendo anche una verifica delle funzioni capocomicali nei teatri San Samuele
e San Giovanni Grisostomo. Chiude la sezione dei saggi lo
studio di Lucia Nadin sulla presenza
nel teatro veneziano della figura di Giorgio
Castriota Scanderberg, leroe emblema della resistenza cristiana
antiottomana. Lautrice ripercorre la fortuna della storia del principe
albanese in teatro, tramite lanalisi di uno scenario e di una tragedia. Il
primo, già presente in una raccolta secentesca di «opere regie», replica per lo
più il racconto biografico di Marin
Barleti (1510), arricchendo la narrazione con effetti spettacolari come la
lotta delleroe coi leoni, o ponendo laccento sulle scene dello scontro col
gigante o del duello coi guerrieri del sultano. Già cara al Settecento
veneziano è invece lambientazione turchesca, che rimanda ai quotidiani e
controversi rapporti della Serenissima con limpero ottomano. La tragedia di Trifone Smecchia, il cui manoscritto è
stato da poco riportato alla luce, riduce la spettacolarità e insiste invece
sulleroe e principe in tutto e per tutto devoto alla patria, sovrano clemente
e pacificatore. È in ultima analisi un esempio curioso e di certo non isolato di
come la Commedia dellArte abbia saputo cogliere lefficacia narrativa e
spettacolare di vicende destinate a popolare i palcoscenici per secoli e nelle
forme più diverse. Chiudono il fascicolo un
contributo di Beatrice Alfonzetti in
ricordo di Franca Angelini e la
consueta Bibliografia goldoniana, a
cura di Sandro Frizziero.
di Lorenzo Galletti
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