Personalità eccellenti della
cultura teatrale francese, direttori di Teatri Nazionali, docenti e
giornalisti, collaborano a questo nuovo numero della rivista della Maison Vilar
avignonese. NellEditoriale, Jacques Théphany propone il recupero di
alcuni contributi tratti dagli incontri estivi legati al Festival di Avignone,
nella tradizione inaugurata da Vilar
nel 1964 con i Rencontres, dedicati a
molteplici questioni. In particolare, il fascicolo offre un primo rendiconto
degli interventi presentati nellestate 2015. Un triplice omaggio tocca in
apertura a Roland Monod (1929-2015),
attore di cinema e di teatro e metteur en
scène dagli anni Cinquanta. Già Presidente dellAssociation Jean Vilar e
Ispettore generale delle Scuole di Teatro francesi, lo ricorda Yves Ferry, suo allievo al Théâtre
National de Strasbourg. Sono accenti commossi e grati per il dono desperienza
e di amicizia (p. 5). Jacques Lassalle
ne considera il talento e lattività teatrale sul filo dei loro incontri,
partiti dalla frequentazione comune di Bernard
Dort e dalla collaborazione con questultimo allIstituto di Studi Teatrali
della Sorbonne Nouvelle negli anni Settanta. Lassalle mette in valore inoltre
il lavoro di Monod presso il Théátre Quotidien de Marseille, fino a quando il
legame si stringe nel passaggio alla Presidenza della stessa Associazione. Lex Amministratore della
Comédie-Française lo ricorda, infine, nelle ultime
interpretazioni: «Je le découvrais un acteur selon mon cœur, quelque part entre
Bresson et Oliveira, sobre jusquà lépure, plus soucieux dêtre que de
paraître, ancré au cœur du texte, inlassable quêteur dame» (p. 8). Un secondo omaggio è dedicato a Peter
Handke da Michel Corvin, il
quale propone una «lezione» sul drammaturgo tedesco: «Il a reinventé le
théâtre, en tant que poète et prohète, en raison de ses inventions
dramaturgiques ; en raison de son invention satirique: sans méchanceté
excessive, Handke est un authentique humoriste» (p. 15). Lo studioso passa poi
in rassegna testi e spettacoli di Handke celebri in Francia, da Les gens déraisonnables sont en voie de
disparition (1979) a Par les villages
(1983) e a Toujours la tempête
(2012). In occasione delluscita del suo saggio La lecture innombrable des textes du théâtre contemporain (Éd. Théâtrales
2015), lo stesso Corvin insiste sui criteri di lettura della drammaturgia
attuale, per lui così ardua e appassionante. Lo dimostra nella conversazione Apprendre à lire [le théâtre]?, dove
passa da Botho Strauss a David Harrower e a Rafael Spregelburd, fino a Valère
Novarina. Di questi ultimi notevole conoscitore, Corvin afferma: «Il est
partisan de la non-compréhension. […]
Novarina veut nous envahir par les choses dites, les choses dites doivent nous
pénétrer. Et cela cest le caractère matériel de lécriture» (p. 27). Fedeli al ricordo dei grandi
artisti che hanno illustrato la scena francese, altre voci intervengono per
riflettere sulle loro opere. È il caso dellattore Marc Citti, formatosi alla Scuola di Nanterre-Amandiers con Patrice Chéreau. Avendo raccolto in
volume (Les Enfants de Chéreau, Actes
Sud-Papiers 2015) le sue esperienze relative allarte dellattore, viene
intervistato da Claire David. Ne scaturisce una riflessione sulle differenze
pedagogiche fra la scuola atipica di Nanterre e quella canonica del
Conservatoire. Emerge il riconoscimento dellartista scomparso nel 2013,
sicché, commisurata a virtù umane semplici e autentiche, la sua unicità geniale
è sottratta al mito che la circondava al tempo del pur sorprendente esordio
giovanile. Lomaggio seguente è rivolto da Georges Lavaudant agli attori che lo
hanno accompagnato in tante creazioni quale direttore di teatri importanti. I
momenti salienti si fissano sulla messa in scena di Richard III di Shakespeare
ad Avignone nel 1984. Il successivo discorso animato da Jean-Marie Apostolidès verte sugli elementi scenici che avvalorano
il testo e la recitazione di quello spettacolo, in particolare mediante lanalisi
dellimportanza assunta dalla colonna sonora (bande-son) e dalle immagini. Tornano alla mente Le Balcon alla Comédie-Française e Phèdre allestita in India. Éric Ruf, amministratore della Comédie, interviene qui come direttore
dei «Cahiers», presentando al convegno del 4 luglio 2015 Gouverner cest incarner il proprio pensiero in La profondeur et la légèreté… Il
bilancio dellultimo festival di Avignone, tracciato in conferenza stampa,
tocca al direttore Olivier Py, che
oltre le cifre ricorre alle speranze e alle forze di Utopia: «Une ville en état
dutopie, cela a beaucoup résonné cette année avec une idée du désespoir
politique, de la révolution impossibile» (p. 58). E in prospettiva, annuncia
uno spettacolo di Luchino Visconti, Les Damnés, allestito il prossimo anno
dalla Comédie-Française. Lallegata brochure riproduce la raccolta delle Lettere inviate da Jean Vilar alla moglie, Andrée Schlegel, lungo trentanni. Lattenzione è sempre puntata
alla maturazione della propria arte, già concepita come missione alta, come
impegno totalizzante, fra letteratura, recitazione e rappresentazione. Laffetto per lamata lo
rafforza, a lei ricorre per trarre coraggio e perseveranza: «Ce travail, lart
du théâtre, exige unattention extraordinaire, une diversité de qualités telles
que lhomme mur seul peut arriver à un bon résultat» (2 novembre 1941).
Collabora allora con André Clavé,
nella Compagnie de la Roulotte. «Jai
terriblement peur de me casser la figure avec Stindberg. Tu vois, je ne voulais
pas parler de théâtre dans cette lettre [...]. Comment veux-tu que je te sépare
de ce que jaime?» (luglio 1943). A Parigi, Vilar è in difficoltà
per rappresentare Caligula di Camus, perché questultimo intende
sospendergli i diritti (gennaio 1945). Nel 1950, lattore, già noto, è in tournée in Scandinavia, dove recita i
classici francesi e resta commosso dallaccoglienza del pubblico. Nellagosto
1951 scrive dallufficio di direttore del TNP a Chaillot. Poi scrive da Edimburgo, nel settembre 1953, dopo il
successo di Don Juan. Scrive ancora da Parigi (agosto 1954), sulla necessità
delle tournées, per lucro e per
morale: «Comment refuser à ce théâtre monté à bout de bras, à ce théâtre (qui
est aussi mon moyen dêtre libre), laudience internationale?» (p. 41).
Da Montevideo (settembre 1957) medita sullamarezza del mestiere, gustata nella
solitudine: «Le comédien travaille dans le vide. Ce quil fait ce soir, ce soir à minuit sera
défait» (p. 53). Nellottobre del 1958, a Montréal, legge «ce cher Saint Simon
qui devient pour moi comme un vice» (p. 55). Ma senza rammarico:
verranno giorni in cui lironia scherzerà con la fatica artistica e
organizzativa. Questo Epistolario, biografia episodica e schematica, è una specie di
racconto a contrappunto, rarefatto ma concentrato, da accostare alla sua Chronique romanesque (1971). Lultimo
scritto, del novembre 1969, finisce con la minaccia spiritosa: «Si tu vas voir
une pièce dAnouilh, je divorce. Prends
garde!».
di Gianni Poli
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