“Un Eduardo, per fortuna, basta a vivificare un secolo.
E
non solo uno…” (Elsa Morante, Lamata.
Lettere di e a Elsa Morante, a cura di Daniele Morante, Torino, Einaudi, 2012,
pp. 420-421; riportato da E. Porciani in questo volume, p. 138)
Riattivare
i classici è dovere dello studioso, a maggior ragione se il classico è nostro
contemporaneo. Opera di “riattivazione”, e non di commemorazione, è stata
lintensiva “tre giorni” napoletana Eduardo:
Precursori, modelli, compagni di strada e successori (25-27 settembre 2014,
Biblioteca Nazionale di Napoli), di cui questo volume, curato da Francesco Cotticelli, consuntivamente
trascrive il fruttuoso dialogare.
Eduardo: modelli, compagni
di strada e successori è una pubblicazione scientifica ma è anche uno zibaldone di
monologhi eduardiani, di assoli su Eduardo
De Filippo che, a distanza di trentanni dalla morte del Grande Attore made in Italy, fa il punto sulla sua eredità
(drammaturgia, archivio),
in Italia e nel mondo (Francia, America Latina, Spagna, Inghilterra), sulle
relazioni che il maestro aveva creato in vita (Grassi, attori e attrici di compagnia, scenografi), sui rimandi
intertestuali tra la sua drammaturgia, il romanzo e il cinema del Novecento (Morante, Pasolini, Wilder), sulla
fortuna scenica (Servillo, Luca De Filippo, Santagata, Cirillo).
Il
volume apre da un concetto di fondo: quello della classicità di Eduardo e dellinfluenza
centrifuga che proprio questa condizione ha generato e genera. Dicono Pieri e Scannapieco: «Come
ogni vero classico, Eduardo non si limita a inventare, o influenzare i suoi
precursori, la propria tradizione di riferimento; piuttosto li ascolta, ne
indossa inevitabilmente gli abiti e altrettanto inevitabilmente se ne spoglia:
li transita verso nuovi orizzonti nel mare della storia, consapevole della
precarietà del viaggio. E, come ogni vero classico, ha posto in ascolto anche i
suoi “successori”» (p. 15). Tra i citati precursori la maschera di Petito, Pulcinella, Viviani, Scarpetta, ma anche Altavilla, Basile e gli autori napoletani del Seicento. Tra i “successori”,
appartenenti anche a linguaggi differenti, un lungo elenco che presenteremo
brevemente.
Siro Ferrone, ad esempio, lega la
precoce classicità di Eduardo, e la sua influenza contemporanea, a una modalità
di lunga durata legata a uno specifico atteggiamento nei confronti della
propria produzione drammaturgica. Di carattere consuntivo, come – solo per fare
qualche nome illustre – quella di Molière,
Goldoni e Riccoboni, la drammaturgia eduardiana, prontamente fissata sulla
pagina a stampa, ha potuto tutelare sé
stessa, risolvendosi in un movimento di salvaguardia della tradizione (i precursori
di cui sopra). Dice infatti Ferrone che «è propria dei figli darte quella
schietta coscienza culturale che spinge a tutelare in modo più solido che nella
trasmissione orale il patrimonio artistico di famiglia» (p. 18).
Consolini si riaggancia alla
specificità della drammaturgia dattore, nel caso di Eduardo arricchita dal
virtuosismo popolare ed elitario, che crea unintensa «stratificazione di
diversi registri linguistici» (p. 169), per introdurre la questione della non
comprensione dellopera eduardiana in Francia. Il maestro napoletano appare poco
al di là delle Alpi ed è mal
studiato e frainteso da quella tendenza della cultura francese «di leggere le
manifestazioni teatrali di casa nostra attraverso il prisma delladeguazione o
meno al presunto e mitico modello originario della sacrosanta Commedia
dellArte» (p. 168).
Piermario Vescovo si tuffa, invece,
dentro il mare dei filoni drammatici, e tra tutti, decide di seguire a larghe
bracciate quello della magia. Partendo «dallultimo nastro di Eduardo» (p. 150),
rappresentato dalla registrazione della Tempesta,
tradotta in napoletano seicentesco, individua un magic circle che dal prestigiatore Sik Sik a Otto Marvuglia della Grande magia, passando per Luca Cupiello
morente e lallucinazione del presepio, arriva al mago Prospero. Da alcune
interviste individuiamo un Eduardo nostalgico che registra la sua ultima performance rammentando la fascinazione
che provava negli anni desordio di fronte alla magia del teatro popolare,
ricucendo così ciclicamente quel “cerchio magico” lungo una vita. In un percorso
tanto vicino allillusione si inserisce lincontro e il dialogo con Pier
Pasolini Pasolini e il suo ultimo progetto realizzato postumo Le avventure di Re Magio randagio, per
il quale aveva previsto un Eduardo-Epifanio, pericolosamente vicino a Luca Cupiello
artigiano-sognatore di un meraviglioso presepio.
Se
Vescovo si sofferma sul dialogo Eduardo-Pasolini, Bentoglio chiarisce le
origini di unamicizia con Paolo Grassi, dunque con il Piccolo Teatro di
Milano. Da parte sua Elena Porciani
tesse un richiamo tra Filumena Marturano e Elsa Morante, donne che non sanno
piangere, rintracciando alcune lettere che Eduardo ed Elsa, “ragazzini” amanti
del teatro, si scambiarono. Cotticelli, dal canto suo, dedica pagine attente
alla figura e al ruolo di Titina De Filippo
(non trascurando altre primedonne eduardiane), in particolare per la scrittura
(consuntiva) di Filumena Marturano,
testo profondamente segnato dallinterpretazione dellattrice.
Veniamo
poi a Eduardo Oggi di scena. Il
contributo di Anna Barsotti ricostruisce
la fortuna scenica di Le voci di dentro
e propone unanalisi attenta della fortunatissima messinscena di Toni Servillo,
del 2013, in
rapporto alle diverse, ma interessanti soluzioni proposte da Alfonso Santagata
nella sua versione del 2004. Il discorso di Barsotti è introdotto dalla
descrizione della pièce di Eduardo,
della messinscena che lattore-autore firmò nel 1948 e della versione
televisiva del 1978. Non a caso aveva detto Eduardo: «Secondo me Le voci di dentro avrà molta vitalità in
avvenire» (in V. Pandolfi, Intervista a
quattrocchi con Eduardo De Filippo, «Sipario», 119, 1956). Aveva ragione!
In
un mondo in cui “si sono imbrogliate le lingue”, la drammaturgia eduardiana si
fa classica e attualissima, per non dire di denuncia, stimolando la
drammaturgia a noi più vicina (di cui qui parla DAmora) e, fortunatamente, con sempre maggiore assiduità, anche le
sale teatrali – con tanta più urgenza oggi che piangiamo la scomparsa di Luca,
figlio di Eduardo e baluardo, a suo modo efficace, di quella tradizione.
di Chiara Schepis
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