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La comédie à l’époque d’Henri III
Deuxième Série, Vol. VII (1576-1578)
Coll. «Théâtre français de la Renaissance»

Firenze, Olschki, 2015, IV-672 pp., euro 67,00
ISBN 9-788822-263759

Nel piano editoriale ambizioso e perseguito lungo decenni (progettato e diretto da Enea Balmas e Michel Dassonville dal 1986), si apprezzano le due Serie che raccolgono Tragedie e Commedie della Renaissance francese. Mentre si annuncia la conclusione della Seconda Serie e la preparazione della Terza, esce il volume di Commedie che copre il periodo 1576-1578. Si tratta di cinque testi di tre autori diversi e significativamente complementari. Così collocati, costituiscono un punto avanzato nella produzione teatrale dell’epoca, poiché raccordano il medioevo all’età classica, mentre nuove forme consone al potere si sostituiscono agli spettacoli più popolari.

L’umanesimo rinascimentale offre nei due generi teatrali una consapevolezza che cresce con la diffusione delle opere a stampa e il relativo allargamento della fruizione presso il lettore colto; in un momento in cui erudizione ed espressione ridondante sembrano anticipare compiacimenti barocchi e contestare l’eredità medievale, sopravvissuta nei “sacri” Misteri. Questo libro, nel suo limite settoriale rigoroso, è in grado di raccordarsi al fenomeno più vasto dell’epoca in trasformazione e mostrare come lo sviluppo di gusto e sensibilità sappia creare adeguati moventi e vincoli formali.

Ad esempio, infatti, a proposito del lavoro di Pierre Le Loyer su Aristofane, scrive il curatore Riccardo Benedettini: «L’exercice de Le Loyer est donc la reprise et l’adaptation des points de vue multiples qui apparaissaient chez Aristophane, mais cet etymon de la littérature classique acquiert, à côté de l’expérience humaniste, une conscience précise de toutes ses ressources potentielles. […] Le poète est ici ouvert à la littérature classique» (p. 448), così innovando e restando fedele «à l’héritage médiéval» (p. 450). Nell’esame delle pièces e degli autori, la comprensione delle opere dei secoli precedenti orienta l’interesse verso il tempo dell’affermazione di una completa professione teatrale.  

Ciascun testo costituisce una monografia, curata da studiosi diversi. Una coerenza metodologica e strutturale è evidente nell’organizzazione dell’opera, le cui Parti introduttive constano di paragrafi dagli elementi ricorrenti: 1) specificità dell’autore e dell’opera; 2) biografia; 3) collocazione storica del testo e nell’eventuale raccolta d’edizione; 4) riassunto della pièce; 5) fonti e confronti tematici, stilistici, strutturali; 6) scelta del testo; 7) note bibliografiche (Testo, Fonti, Studi). Grazie all’integrazione del gruppo, alla collaborazione interdisciplinare e linguistica (studiosi italiani e francesi si dividono i compiti confrontandone gli esiti), si ottengono una qualità molto elevata e  potenzialità comunicative di portata internazionale.

Seguendo l’andamento monografico, si accede a rubriche comuni che esaminano strutture, trame e temi, per desumerne costanti e variazioni. Così le ricorrenze prevalenti, riscontrabili nell’insieme dei testi (con eccezioni) sono la scrittura in versi (a rime baciate), la suddivisione in Atti e in Scene, l’inizio e la fine dettati da un Prologo e da un Epilogo, la raffigurazione di personaggi “comuni”, tratti da una classe borghese comunque animata da scopi venali. L’intrigo prevede ostacoli a progetti solitamente amorosi e matrimoniali e il loro superamento, in peripezie dalle varie gradazioni fantastiche e umoristiche. Ricorrono il coup de théâtre e l’agnizione per la ricomposizione finale della vicenda problematica col matrimonio, rappresentato nel banchetto quale momento della felicità conquistata.

La prima pièce, Le muet insensé di Pierre Le Loyer (1576, ma nell’edizione corretta del 1579, accessibile presso l’Università di Pisa), progredisce tortuosa in cinque Atti nel mostrare il «martyre amoureux» d’un allievo avvocato di buona famiglia abitante a Tolosa. L’oggetto femminile del desiderio è Marguerite, corteggiata dal giovane Ecolier, innamorato respinto. Gli effetti dell’amore non corrisposto si manifestano nel protagonista – divenuto, appunto, muet e insensé – attraverso il processo linguistico della parodia della poesia d’amore. Neppure l’intervento diabolico di un Mago riesce a indurre il sentimento sperato. La demonologia è infatti disciplina peculiare dell’autore che ricorre a sortilegio ed esorcismo. L’influenza è dalla traduzione del Negromante ariostesco di Jean de La Taille (1573, in La comédie à l’époque d’Henri II et Charles IX, 1997, nella presente Collezione). I padri dei due giovani riusciranno a combinare le nozze, che l’Epilogo sigla: «Souvienne-vous que la chose espérée / Est bien souvent de nos mains égarée: / Et qu’une chose éloignée d’espoir / Est au rebours mise en notre pouvoir» (p. 163).

Nella commedia successiva, La reconnue di Remy Belleau (1578), ambientata a Parigi, si racconta la separazione di due fidanzati e l’attesa a cui la donna è costretta e durante la quale subisce gli assalti di tre pretendenti, fra cui l’avvocato suo tutore. Il suo matrimonio con l’apprendista avvocato appare inevitabile, alla notizia (falsa) della morte del fidanzato in guerra. Ma il ritorno del redivivo Capitano semina confusione fra gli incauti e instaura la giusta armonia del suo ménage. In un ambiente ancora borghese, l’eroina racconta la sua infanzia sfortunata e gode premio per la sua virtù. Modellata sulla Clizia di Niccolò Machiavelli e su L’Eugène di Étienne Jodelle, si chiude con l’invito al banchetto per gli attori.

I due testi di Gerard De Vivre presentano esempi di dialoghi a scopo didattico, prodotti dall’autore insegnante di francese in Belgio. Il primo, ispirato ai personaggi mitologici Théséus e Dianira, «une comédie à l’antique en la quelle vous verrez comme en un miroir (par manière de dire) les variables accidents de Fortune, assez bien au vif exprimés» (p. 339). Pièce semplice e convenzionalmente pedagogica, secondo l’uso del teatro dei gesuiti, propone l’illustrazione di casi esemplari d’una morale edificante. Vi appare peculiare l’introduzione sistematica di didascalie per la messa in scena, accanto a un originale sistema di notazione grafica, in sette caratteri tipografici, simbolici di altrettanti atteggiamenti e/o movimenti scenici. La fonte ispiratrice sarebbe il Roman (in effetti, Le Etiopiche) di Eliodoro di Emèsa.

L’altro testo (del 1578), in omaggio alla «fidélité nuptiale», è definito «un exercice utile et divertissant pour la jeunesse». Quale elemento nuovo, vi appaiono delle Canzoni. A ricalco su Terenzio e Plauto, la commedia raffigura Palestra, sposa in attesa del marito Pamphlippe, partito in guerra. Resistendo alle profferte di un innamorato, la virtuosa moglie riabbraccia lo sposo al suo ritorno. Il Servo congeda gli spettatori citando il Vangelo.

Ultima viene La comédie Néphélococugie, ou La nouée des cocus (1578) di Le Loyer, traduzione e adattamento degli Uccelli di Aristofane. La motivazione dell’autore è ipotizzata dal curatore nella «provocation du texte, subordonné au pur divertissement et à des jeux verbaux explosifs […]. Dans la perspective séditieuse et déformante de l’ironie, la gentille Toulouse est comme l’Athène des sophistes» (pp. 447-448). Oltre ai motivi d’interesse e filologico e rappresentativo, è divertente all’orecchio e all’immaginazione visiva del poeta erudito, la scelta del nome dato alla Città-Regno costituita fra le nuvole e la mirabolante impresa della sua fondazione. Gioielli d’invenzione neologica sono gli epiteti applicati ai Personaggi-Uccelli, pennuti starnazzanti e sentenziosi, giunti dalla Grecia sognata a volteggiare sulla Francia.

La Bibliografia, esauriente e specialistica, è impegnativa per il lettore medio, che troverà difficile anche l’apparato scrupoloso delle note e del commento.


di Gianni Poli


La copertina

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