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Studi goldoniani, XI, 3 n.s., 2014
Quaderni annuali di storia del teatro e della letteratura veneziana nel Settecento

pp. 185, euro 50,00
ISSN 2280-4838

Il terzo numero della nuova serie degli «Studi goldoniani» si apre con un breve contributo a firma di Bodo Guthmüller dedicato alle elaborazioni goldoniane delle vicende dell’eroina Griselda. Lo studioso indaga i cambi di rotta che intervengono nella scrittura di Goldoni tra il rimaneggiamento del testo di Apostolo Zeno per l’opera musicata da Antonio Vivaldi (1735, teatro San Samuele) e la stesura della tragicommedia per la compagnia di Giuseppe Imer. Nella riscrittura per il teatro operistico l’avvocato veneziano è costretto al rispetto delle regole di quell’ambiente, dove il successo del cantante vale più del contenuto e della logica della vicenda narrata, e per questo finisce per produrre un’opera di raffinata sartoria tra vecchi cavalli di battaglia e nuovi aggiustamenti, in cui le diverse parti sono ben cucite ma mal assortite. Nella sua versione per i comici di Imer, invece, Goldoni può applicarsi a dare un senso più profondo e completo al suo componimento: a questo scopo, anche sull’onda del recente successo del suo Belisario, reintroduce il personaggio di Artandro, simbolo della purezza della vita rurale già assente in Zeno, e dota Griselda di uno spirito battagliero che ne fa una vera eroina tragica.

Eduardo Rescigno porta alla luce il libretto inedito e mai rappresentato del Don Marzio di Francesco Maria Piave, ispirato alla Bottega del caffè di Goldoni e musicato da Samuel Levi. Lo studioso ricompone i pezzi della carriera del librettista e interroga efficacemente i documenti sui rapporti tra questi, il compositore e la vita operistica veneziana a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento. L’analisi del libretto evidenzia l’inesperienza del «giovane letterato» Piave (siamo nel 1841), mentre lo studio della partitura, per quanto parziale (se ne conservano solamente quattro numeri e tre recitativi), mette in valore momenti di grande ingegnosità.

Tramite i principali scritti teorici e alcuni riferimenti alle opere drammaturgiche Paolo Farina riconsidera la figura di Carlo Gozzi “uomo politico”. L’articolo supera la consueta designazione anti-illuminista del conte, mettendo in luce il carattere innovatore del suo pensiero e della sua drammaturgia. In tal senso, più che nei termini di un puro confronto tra vecchio teatro delle maschere e nuovo teatro dei personaggi, il significato allegorico delle fiabe gozziane si scontra con la “verità” goldoniana. Gozzi accusa Goldoni di aver messo in mostra un «mondo sociale alla rovescia» (p. 74), mentre è compito dello scrittore educare alla buona morale e al rispetto delle gerarchie e dell’ordine che la storia, però, nel secolo dei lumi, sta irrimediabilmente riconsiderando.

L’approfondimento sui testi spagnoleschi di Carlo Gozzi, da tempo intrapreso da Maria Grazia Profeti, si arricchisce di un saggio sui rapporti tra la drammaturgia dell’aristocratico veneziano e quella di Calderón de la Barca. La studiosa ribadisce i passaggi fondamentali del lavoro gozziano di adattamento, ovvero la necessità di trasformare il testo originale in funzione della compagnia comica, collocandolo nella realtà teatrale veneziana contemporanea e affrancandolo dalla «meditazione calderoniana», dalla «sua ineludibile percezione della labilità dell’esistenza» (p. 95).

Chiudono la sezione dedicata ai saggi le Noterelle gozziane di Anna Scannapieco. Lo studio prende le mosse dall’analisi dell’inedito contratto suggellato tra Antonio Sacco e Michiel Grimani per l’affitto del teatro veneziano di San Samuele dall’autunno 1758 al carnevale 1762. Le condizioni registrate nel documento testimoniano il grande favore di cui godeva la compagnia di Truffaldino già al suo rientro in laguna dopo la tournée portoghese e sconfessano le parole di Gozzi là dove si proclama salvatore di una compagnia «oppressa, e scemata nelle fortune». Al contrario, alcune piccate annotazioni manoscritte contenute nel Fondo Gozzi della biblioteca nazionale Marciana chiariscono come il felice connubio tra Gozzi e Sacco abbia rappresentato più un’opportunità per il primo di impegnarsi concretamente in uno scontro frontale col fratello-rivale Goldoni, che non un salvagente per il comico in disgrazia.

Infine, nella sezione Rassegne Roberto Alonge e Stefania Felicioli rendono omaggio a Massimo Castri ricordando le sue regie goldoniane, su tutte La trilogia della villeggiatura. Segue la consueta Bibliografia goldoniana (2006-2010) a cura di Sandro Frizziero.


di Lorenzo Galletti


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