«La bestia immaginaria è una forma importantissima di realtà
provvisoria»: è questo lincipit di Animali
immaginari, un prezioso libro dovuto alla fervida creatività di Giovanni
Morelli; il volume è accompagnato da una postfazione di Nico Stringa,
dal titolo Giovanni Morelli e la “realtà
provvisoria”: appunti sugli anni giovanili, a proposito degli Animali
immaginari, utilissima per illuminare alcuni tratti misteriosi della
personalità dellautore e i retroscena di una pubblicazione fantasiosa e,
insieme, misteriosa.
La raccolta morelliana enuclea un campionario di ventisei
improbabili mostri, agendo in maniera contraria rispetto al Manuale di zoologia fantastica (1957) di
Jorge Lous Borges, apparso in Italia nella traduzione di Franco
Lucentini per Einaudi nel 1962. Diversamente dallo spirito che anima la
collezione poetico-mitologica dello scrittore argentino, Morelli saffretta a
dichiarare che le sue sono invenzioni descritte in modo paradossale e
illustrate dai disegni dello stesso autore. Nel dichiarare le «generalità» del
suo progetto, insiste sul valore della «fantasia» che, fin da quando esiste
lumanità, ha «visto, odiato, amato, temuto, descritto, disegnato, animali
inesistenti» (p. 7).
Tale esercizio immaginativo ha i suoi eccellenti
«antenati»: da Ulisse e SantAntonio nel deserto, al viaggio nellaldilà di Dante
Alighieri, allo scontro fra il drago e lArcangelo per la salvezza di una
principessa, fino «a William Blake, Henri Michaux, Hyeronimus Bosch e a tutti i convinti visionari di tradizione
europea, dal delizioso basilisco al tragico minotauro, dalle grandi formiche
verdi dAtlantide nei racconti dei vecchi Finlandesi agli Angeli dei sogni
delle fanciulle romantiche» (ibidem).
Ogni volta si avverte il desiderio di prefigurare un animale «unico», a un
tempo eterno e solitario, grandioso e microscopico, rapido e immobile nel
movimento, orribile a vedersi e sorprendente, visibile e astratto, colorato e
diafano; insomma, è una forma della «transitorietà eterna» della natura «negli
aspetti che luomo teme maggiormente, cioè il mistero, la potenza e leternità»
(p. 9). A questo punto, però, Morelli definisce la propria svolta compositiva,
scegliendo di collocare la sua galleria di visioni dalla parte del mondo
animale, seguendo la trama dellevoluzione delle specie viventi, entrando nella
sfera di bestie inesistenti eppure propense a sognare, sezionando
anatomicamente la loro ambigua apparenza sospinta verso una spiritualizzazione
non spirituale. «I loro nomi finiscono per essere brutalmente greci, con
qualche rarissima eccezione orientale e scandinava. I loro proprietari li
sfruttano per continuare ad avere un poco di paura» (p. 11).
Un disegno di Giovanni Morelli La genesi del volume di testo e disegni, inscindibili luno
dagli altri come in un manuale di anatomia (di quellAnatomia per artisti, curato da Morelli a
partire dal 1966 ed edito dalla casa Lega di Faenza, cui si deve
collegare la stesura di Animali
immaginari), si può datare per lappunto allinizio degli anni Sessanta;
conta, pertanto, la formazione giovanile di una personalità versatile, che
oltre la natia Faenza frequenta i circoli artistico-culturali di Bologna e,
poi, dal 1965, di Venezia. Dal libro emergono non solo i riflessi degli studi
di medicina, ma anche la passione per il disegno e la pittura, accanto alla
tentazione musicale. Limmaginario del giovane Morelli mette insieme tanti
linguaggi, gioca sullallusività, esprime le sue convinzioni politiche,
predispone un sistema di pensiero intricato e tendente alla circolarità, che
coniuga, senza esaurirlo, il confronto tra
lo slancio surreale dellinvenzione e lirruzione indiscreta della quotidianità.
Cè anche il desiderio di giocare sul registro dellironia
grafico-narrativa: visto che la bestia fantastica non esiste, non può esistere,
allora – scrive Morelli – «dobbiamo spesso riconoscere la banalità e la
volgarità illustrativa» (p. 9). Mentre inventa, lo scrittore-disegnatore
procede alla destrutturazione della propria fantasia, perché nelle sue
elucubrazioni palpitano elementi primordiali, descritti con plausibile
distacco, come se si trovassero sul tavolo delle autopsie, sotto gli occhi
dellartista-scienziato, osservatore di una realtà instabile e transitoria.
di Carmelo Alberti
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