Un
libro può entrare dentro un libro? Forse no, ma come i vecchi
modelli delle auto vengono rilanciati da carrozzerie aggiornate e
motori potenziati e come di un film datato si propone la versione
restaurata e integrata, o, ancora, come le opere darte vanno
incontro a necessario restauro, ecco che anche lopera del pensiero
(critico) va in incontro alla stessa necessità. Un libro che cerca
di entrare dentro un libro può aiutare a rinverdirne il pensiero,
fissandolo in precise coordinate storiche e mostrandone la precoce
modernità, quella che, magari, al tempo della sua pubblicazione, la
mancanza di una giusta distanza prospettica aveva impedito di
attribuirgli.
Allora,
al di là dellindiscusso valore scientifico delloperazione
filologica di Lorenzo
Mango
sulle carte di preparazione di Edward
Gordon Craig
relative al breve testo pubblicato nel 1905 The
art of the Theatre
(di cui nel libro vengono riportati quelli che lo studioso napoletano
chiama Manoscritto A e Manoscritto B), ciò che al lettore di oggi –
al giovane lettore di oggi – appare significativo è lo scavo
attento nelle dinamiche storiche e ambientali, nelle esperienze
artistiche e personali intercorse nella carriera di uno dei teorici
più affascinanti e complessi del teatro moderno. Passaggi, viaggi e
residenze fondamentali per la teorizzazione di un pensiero pratico.
«È come se Craig pensasse e ripensasse allinterno dello stesso
pensiero» (p. 293), avverte lautore di Lofficina
teorica di Edward Gordon Craig,
e così facendo comincia a spiegare il titolo di questo volume:
lavorio, teorizzazione, sperimentazione empirica, osservazione,
pratica del teatro fuori dai recinti conosciuti della propria
tradizione, instancabile irrequieta curiosità.
1905.
Una premessa:
la prefazione di Mango ha più il sapore di un post-scritto, di una
conclusione, che di una premessa, ma, così maliziosamente posta
“pre”, propone e impone (poiché lottica è convincente)
lapproccio al testo. Considerando il 1905 come plausibile anno di
inizio del Novecento – fedele alla sua abitudine di stabilire
indicative coordinate cronologiche allargomento di volta in volta
trattato –, lautore non propone unipotesi ma espone una tesi,
sicuro di confermarla nel corpo del testo. Insieme a una serie di
altri avvenimenti storico-politici, non solo dunque teatrali, il 1905
è lanno di pubblicazione del pamphlet
craighiano di cui questo studio ricostruisce la genesi: un breve
testo in cui lattore-pedagogo inglese espone la sua idea di teatro
basato sul moderno concetto di regia. «È in quellanno, infatti,
che la regia – che ha avuto fino ad allora un lungo e complesso
fenomeno di gestazione – acquisisce una sua identità specifica,
quella che ne farà, a tutti gli effetti, lelemento che più
caratterizza la matrice linguistica del secolo», scrive lautore
(p. 10).
The
art of the Theatre
è un piccolo opuscolo in forma di dialogo di una cinquantina di
pagine nel quale Craig denuncia il valore autoriale della regia: non
solo pratica di mestiere ma vera e propria forma darte. Craig
afferma «in sintesi lidea che la regia sia una manifestazione
artistica e che possa avere una sua propria identità teorica» (p.
11), e in questo sta già tutta la sua modernità.
Continua
Mango: «Obiettivo di questo studio è entrare nelle pieghe delle
pagine di The
art of the Theatre
per esaminarne in dettaglio le dinamiche e le enunciazioni teoriche
e, al tempo stesso, approfondire tutto il lavoro di genesi che
condusse a quel risultato» (p. 11). “Lofficina teorica” non è
altro che questo: è un ambiente mentale, è un accumulo di
esperienze che hanno prodotto pensiero teorico partendo da dati
pratici e oggettivi legati al lavoro di scena.
Se
il 1905 è subito denunciato come anno cruciale nella vita di Craig,
questo studio torna indietro, e di molto. Si fa riferimento alla
formazione del giovane figlio darte (è figlio della famosa
attrice inglese Ellen
Terry
e allievo prediletto di Henry
Irving),
si passa poi alle prime regie britanniche di fine Ottocento,
fondamentale banco di prova per testare la non compatibilità
dellambiente teatrale inglese con la personale spinta
sperimentale, e si giunge al trasferimento in Germania nel 1903. A
contatto con la scena tedesca comincia a delinearsi lo spazio della
vera e propria “officina teorica” dellartista alle soglie
della maturità. Il testo di Mango prende quindi in esame gli
articoli pubblicati in quegli anni da Craig su riviste e le diverse
stesure del libro, per poi spingersi almeno fino al 1907. Si accenna
quindi a un altro famoso e contraddittorio assunto legato al nostro
regista-scenografo-teorico: la teorizzazione della Ubermarionette.
Facendo leva su una bibliografia attenta e aggiornata, e su un serio
lavoro darchivio, lautore propone spunti di ricerca sufficienti
allimpalcatura di un secondo studio, il cui argomento fa perno
sulla genesi dellidea di supermarionetta: sperimentazione pratica
poi volutamente mascherata da mistificazioni simbolico-spirituali.
Senza
nulla togliere al valore scientifico della ricostruzione filologica,
lo studio di Mango è particolarmente accattivante laddove delinea i
contorni dellirrequietezza e della curiosità di Craig. Si fa luce
così sugli incontri e gli incroci, le interferenze e gli scontri con
grandi personaggi del primo Novecento europeo, alcuni arcinoti, come
Reinhardt
e Hofmannsthal,
Isadora
Duncan
e Eleonora
Duse,
altri decisamente meno familiari come il mecenate Kessler,
il direttore Brahm
o larchitetto belga Henry
Van de Velde.
«Prima
dei libri, le persone» commenterebbe Cesare
Garboli,
ed in effetti lo studio di The
art of the Theatre
pare essere un interessante “pre-testo”. Mango, pagina dopo
pagina, non solo entra nel testo di Craig ma lo oltrepassa; più
interessato, da contemporaneista, alla pratica scenica, si concentra
sulle persone e sui rapporti. Sottolinea dunque la centralità che
tutti questi personaggi assunsero nel teatro mentale di Craig: non
più considerato un visionario ma un uomo di teatro in anticipo sui
propri tempi.
di Chiara Schepis
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