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Bianco e nero, a. LXXIV, n. 578, gennaio-aprile 2014
Rivista quadrimestrale del Centro Sperimentale di Cinematografia

A cura di Alberto Crespi

anno LXXIV, n. 578, gennaio-aprile 2014, pp. 120, € 22,00
ISSN 978-88-430-6855-5


Il numero 578 della rivista quadrimestrale «Bianco&Nero» è dedicato al fenomeno delle Film Commission, ovvero quegli enti (per lo più a carattere regionale) che sostengono la realizzazione di film e di serie tv in un determinato territorio, promuovendo realtà (paesaggistiche) periferiche.

Al dialogo fra film e territorio è dedicata la prima parte della rivista, intitolata I magnifici set. I primi due interventi, rispettivamente a cura di Andrea Rocco (direttore della Genova-Liguria Film Commission) e Marco Cucco, tracciano le coordinate storiche delle Film Commission.

In Tutto cominciò a Moab, Utah, Rocco racconta la genesi di tali enti, dalla nascita dei primi uffici d’accoglienza per le troupes cinematografiche statunitensi a Moab (Utah) e a Big Bear (California) fino alla fondazione, nel 1975, della Afci (Associazione Internazionale Film Commission). Inoltre, il saggio affronta le questioni legate agli enti nel nostro paese: la loro caotica costituzione, spesso per iniziativa individuale; la successiva istituzionalizzazione; la definitiva affermazione sancita dal primo convegno nazionale tenutosi alla Casa del Cinema di Roma nel giugno del 2009.

Il contributo di Cucco (Regioni alla ribalta: vizi e virtù di un incipiente federalismo cinematografico) affronta il problema del rapporto fra Film Commission, Regioni e Stato, a cominciare dalla Riforma del Titolo V della Costituzione, entrata in vigore nell’ottobre del 2000. Secondo tale provvedimento, spetta alle Regioni legiferare nel dettaglio in materia di spettacolo e attività culturali, determinando da un lato una diminuzione dei finanziamenti statali per le opere audiovisive, dall’altro un aumento degli investimenti da parte delle Regioni stesse.

Il saggio di Vito Zagarrio, L’Atlantide delle emozioni. Modi di produzione, modi di rappresentazione del territorio, apre invece la sezione d’interventi a carattere critico-estetico. Traendo spunto da due recenti film, La luna sopra Torino (Davide Ferrario, 2013) e In grazia di Dio (Edoardo Winspeare, 2013), e dal loro rapporto con il luogo in cui sono stati rispettivamente girati (Torino nel primo caso, il Salento nel secondo), Zagarrio riflette sulla capacità del cinema di valorizzare il paesaggio, ma anche su come il paesaggio possa contribuire alla realizzazione di un film.

Paesaggi della crisi (e crisi del paesaggio) di Luca Malavasi sposta invece l’attenzione sull’impatto della crisi economica sul cinema contemporaneo e, in particolare, sul paesaggio cinematografico. Secondo Malavasi, nei film che “mettono in scena” la crisi viene esibita e portata agli estremi la contrapposizione fra centro e periferia. Il paesaggio periferico, sempre più “usato” dal cinema italiano negli ultimi anni, è rappresentato attraverso un collage di luoghi spersonalizzati.

Ricco di interesse è il saggio di Antioco Floris dedicato alla Nouvelle Vague del cinema sardo. L’isola che non c’era. Cinema sardo vecchio e nuovo dal folklore alla modernità racconta la storia della Sardegna come set cinematografico. Dapprima “sfruttata” da registi “stranieri” e raccontata solo come paesaggio rurale e arcaico, la Sardegna è stata successivamente “conquistata” e valorizzata da registi autoctoni come Gianfranco Cabiddu (Il figlio di Bakunin, 1997), i quali hanno saputo offrire una rinnovata immagine della regione, riuscendo a coglierla soprattutto nel suo rapporto, spesso contraddittorio, con la modernità.

I saggi di Lucca Barra e Paola Valentini spostano invece l’attenzione sulla televisione. L’Italia in vetrina. Spazi e modelli produttivi della soap opera televisiva di Barra analizza alcune delle soap italiane più famose: Un posto al sole (Rai, dal 1996), ambientata a Napoli; Vivere (Mediaset, 1999-2008), a Como; Centovetrine (Mediaset, dal 2001), a Torino; Agrodolce (Rai, 2008-2009), in Sicilia. Nel saggio vengono messi in evidenza i fattori economico/produttivi che hanno determinano la scelta dei set. Nel caso di Un posto al sole, ad esempio, la scelta di Napoli è stata dettata dalla volontà della Rai di rivitalizzare la propria sede partenopea; nel caso di Agrodolce è stata la Sicilia stessa a offrirsi di co-finanziare la soap.

Paola Valentini (Sbirri e boss purché di provincia) analizza le fictions poliziesche italiane degli ultimi anni. In controtendenza rispetto al cinema noir e alla contemporanee serie poliziesche prodotte in Europa, le fictions italiane sembrano preferire allo spazio urbano quello provinciale, conseguenza di un processo di valorizzazione del territorio voluto dalle Film commission. Inoltre, nelle opere italiane il paesaggio non diventa mai ambiente (a differenza della maggior parte dei serials americani), ma fa da sfondo allo sviluppo della narrazione.

Conclude questa prima parte un contributo di Monica Dall’Asta, Giacomo Grassi e Lucia Malerba sul “ruolo periferico” di alcune realtà cinematografiche, La sala fai da te e i film li scelgono gli spettatori. In particolare, al centro della riflessione sono tre sale cinematografiche che, a seguito della crisi, hanno cercato di intraprendere una via alternativa di distribuzione del prodotto audiovisivo: il CineMacello di Milano, il Kino di Roma e l’Associazione Kinodromo di Bologna. Queste ultime hanno fatto della sala cinematografica non solo un luogo di fruizione di opere “dimenticate” dalla distribuzione, ma soprattutto uno spazio di confronto, nel quale lo spettatore diviene parte attiva di un progetto culturale atto a promuovere il cinema indipendente e la cultura legata alla settima arte.

La seconda parte del volume si apre con un articolo di Domenico Monetti (Bagliori nel buio. I restauri della Cineteca Nazionale) sulle pellicole restaurate dalla Cineteca Nazionale in programma alla rassegna bolognese Il Cinema Ritrovato e al Festival del Cinema di Venezia. La sezione I mestieri del CSC contiene invece un’intervista al regista Daniele Luchetti a cura di Nicola Lusuardi (Allenatevi come marines e forse diventerete registi) e un articolo (Cross Channel Film Lab) che raccoglie le testimonianze dei partecipanti a un gruppo di lavoro franco-britannico per lo sviluppo di progetti cinematografici innovativi in 3D.

Chiude il volume, come di consueto, la rubrica L’altra serialià, a cura di Ce.R.T.A (Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi, Università Cattolica di Milano). In Visto da Israele Miri Talmon riflette sulle modalità di adattamento negli Stati Uniti delle serie tv israeliane Betipul e Hatoofilm, rispettivamente all’origine delle serie In Treatment e Homeland.



di Diego Battistini


La Copertina

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