Cinergie
Il cinema e le altre arti
A cura di Roy Menarini
n. 6, novembre 2014, pp. 171
ISSN 2280-9481
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Il sesto numero di «Cinergie»,
rivista semestrale fondata da Roy Menarini, presenta, rispetto
alle precedenti edizioni, un rinnovamento del formato, sia nella
veste grafica che nella suddivisione dei contenuti, arricchendosi di
una sezione dedicata alle recensioni di eventi e libri. Al periodico
si affiancano «Cinergie Media», webzine a cadenza libera e
senza vincoli nella proposta di argomenti, e «Cinergie Libri»,
miscellanee annuali pubblicate da Mimesis Edizioni.
Lo speciale monografico di questo
numero, interamente in inglese, è dedicato ai festival studies,
aprendo una riflessione sullo stato di tali studi nel contesto
italiano e suggerendo percorsi di ricerca legati ai temi della
cinefilia, della critica e della geopolitica del consumo
cinematografico (tematiche delle quali la rivista si è fatta, ormai
da anni, promotrice).
Riprendendo le parole di
Marijke de Valk, Monia Acciari sottolinea come lo
studio dei festival cinematografici richieda «una pista di indagine
mobile», dovendo trattare prodotti in bilico tra «accordi di
produzione, accoglienza da parte dellaudience, schemi
globali di circolazione e interferenze delle principali industrie
cinematografiche mondiali». Attraverso uno studio mirato del London
Indian Film Festival e del Florence Indian Film Festival, lautrice
cerca di capire in che modo e in che misura tali rassegne siano
capaci di stimolare riflessioni sulle questioni dellintegrazione e
dellappartenenza etnica.
Degno di nota anche il
saggio di Ludovica Fales, che prende le mosse da
unaffermazione di Igor Blazevic, fondatore del One World
Festival di Praga, il quale definisce gli human rights festivals
«informazione e testimonianza più che arte o intrattenimento».
Da qui, lautrice sviluppa riflessioni sia di tipo tassonomico
(indagando la definizione di human rights film nella sua
componente etica e politica), sia relative alla sociologia
dellaudience (elaborando il concetto di shared
responsibility).
Ricca di interesse la
sezione Art and media files, dedicata al rapporto tra le arti
audiovisive e le nuove opportunità concesse dalla tecnologia
informatica e digitale. Si pensi a MUBI, piattaforma di video on
demand ancora poco diffusa in Italia, che Marina Resta
descrive come un ibrido tra una cineteca online, per la
tipologia di contenuti, e un social network, per la modalità
di fruizione. Lo studio della architettura di tale piattaforma
sarebbe utile, secondo la studiosa, per comprendere «le potenzialità
delle piattaforme social nellattuale ecosistema
crossmediale».
Clarissa Diana e Beatrice
Pagan mettono invece a confronto due servizi di broadcasting,
Sky e Mediaset, analizzandone le diverse strategie in relazione alla
sempre maggiore diffusione di devices mobili predisposti alla
fruizione di contenuti.
La sezione Orienti
Occidenti, dedicata allopera di Sergej Iosifovič
Parajanov, regista sovietico di origini armene, si articola in
due saggi: Sergei Parajanov: Saving Beauty, di Siranush
Galstyan, e Sajat Nova e le traiettorie invisibili del film di
Marianna Vianello. Questultimo contributo è incentrato su
Il colore del melograno, film consacrato da Parajanov al poeta
armeno Sajat Nova. Secondo Vianello, in tale pellicola la
«trasfusione eterologa di generi che si concretizzano sullo schermo»
non deve essere interpretata come un richiamo alla storia
dellArmenia e al trauma mai superato del genocidio. Nellopera,
infatti, nota Vianello, i confini tra biografia e autobiografia si
fanno molto sottili, fino a coincidere, nella misura in cui Sajat
Nova e Parajanov, sebbene in contesti spaziali e temporali diversi,
«introducono il sentimento nostalgico come catalizzatore delle loro
opere».
Nella sezione Sotto analisi
convince il pezzo di Diego Cavallotti su The Garden
Lodge Tapes – Freddie Mercury, gli home video e YouTube.
Riprendendo la teoria del dispositivo di Frank Kessler e Mirko
Tobias Schäfer, Cavallotti si preoccupa di definire i problemi
legati al tema della transizione cosiddetta «interdispositivale»,
con particolare riferimento al passaggio dal video analogico
amatoriale a YouTube. Questultima piattaforma, proprio perché
«sistema ibrido di gestione dellinformazione», in bilico tra
pubblico e privato, innescherebbe un processo di mediazione
paradossale capace di innervare «la costruzione dellidentità
come stratificazione di immagini».
Segnaliamo, infine,
il saggio Barriere nella metropoli di Davide Zanello,
che analizza la rappresentazione degli italiani nel cinema americano
degli anni Settanta, in relazione allideologia e allidentità
statunitensi. Dalla fine degli anni Sessanta, la metropoli, da
sfondo, diventa progressivamente protagonista e generatrice di
eventi, e i personaggi che la abitano si fanno sempre più
«intimamente rappresentativi». Come nel western (che André
Bazin definiva “lOdissea americana”) il cinema a stelle e
strisce abbandonava la ricostruzione storica in favore di una
esaltazione della componente mitica, così nel cinema americano degli
anni Settanta tale esaltazione viene trasposta in contesti
metropolitani, e la frontiera da infrangere, un tempo territoriale,
«diventa simbolicamente quella della new frontier kennedyana».
Chiude il volume la sezione
Recensioni, dove si passano in rassegna i principali eventi
cinematografici, si commentano le ultime uscite editoriali sulla
settima arte e si fa un resoconto dei festival di Berlino e Venezia.
di Raffaele Pavoni
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