In concomitanza col 68° Festival dAvignon, è uscito un fascicolo (nel 450° anniversario della nascita) dedicato a William Shakespeare e alla sua presenza, nel teatro francese e ad Avignone in particolare. Il volume è aperto da Jacques Téphany, con La Joconde en littérature, che espone la scelta di visuale: «Le monde de Shakespeare est si vaste et nombreux quon ne peut lembrasser que sur un seul visage […]. Nous avons choisi celui dHamlet : de même que Dante, au milieu du chemin de sa vie, est conduit par Virgile aux enfers, Shakespeare explore avec son prince danois les terres inconnues dune comédie à la fois divine et humaine» (p. 1). Le riflessioni attuali, affidate a specialisti, indicano appena alcune tracce per «tentativi desplorazione» del mondo dellautore.
La significativa diffusione dellopera shakespeariana in Francia, è ripercorsa da Florence Naugrette, in De quoi Shakespeare est-il le nom?; a cui segue larticolo di Catherine Treilhou Balaudé, La naissance dune culture shakespearienne en France. La presenza problematica del male in Amleto viene ricondotta allascendenza di Edipo, nellintervista della psicoanalista Elisabeth Roudinesco. Lesemplare edizione scenica è per lei quella di Chéreau (1988), che compendia i tre aspetti di Amleto, «mélancolique, hystérique et au bord de la folie» (p. 30). Lintervento di Jean-Claude Monod verifica in Hamlet il funzionamento del «tabù della regina» seguendo le ipotesi di Carl Schmitt. Il giurista tedesco, aderente tardivo al Reich, aveva infatti letto il ruolo del protagonista quale incarnazione dellindecisione nel suo saggio Hamlet ou Hécube (1956). Attraverso passaggi logici comunque complessi, Schmitt fornisce al commentatore attuale argomenti per individuare nel Teatro di Shakespeare le componenti di «jeu, politique et barbarie» (p. 34). Il ruolo di Vilar nella conoscenza e nella diffusione del Poeta, viene valorizzato da Jacques Téphany. Ripercorrendo litinerario shakespeariano del padre del TNP, sottolinea lavversione di Vilar per Amleto: «Vilar et Hamlet ne saiment pas», afferma lo storico, citando inediti del regista di Sète. Shakespeare en perspective si chiude con una rassegna di pareri di autori celebri sul sommo drammaturgo.
Dune langue lautre è la parte dedicata al problema della traduzione. La storia delle traduzioni di Shakespeare è richiamata da Monique Nemer, che studia puntualmente la traduzione di Hamlet da parte di François-Victor Hugo e ne denuncia limpoverimento causato dalla ricorrente «razionalizzazione» del linguaggio metaforico originale. Un contributo dello stesso Hugo figlio è pubblicato opportunamente, a testimoniare le intenzioni illuminate del traduttore storico, allepoca in cui conduceva ledizione delle Œuvres Complètes di Shakespeare (1865); nel XIX secolo in cui sinstaurano modalità moderne di traduzione, orientate allintegralità e alla cura filologica testuali (p. 55). Sincrociano i giudizi sui metodi e sugli esiti di diverse traduzioni. Jean-Michel Deprats, ultimo insigne traduttore (ed. Pléiade-Gallimard, 2002) definisce limiti e riserve sulle tendenze estreme (modernizzante e classicheggiante) delle traduzioni e riconosce la necessità di rinnovarle continuamente, poiché «optant pour la modernità, elles [traductions] se démodent» (p. 61). Gli fa eco Pierre Leyris, riconoscendo limmancabile influenza interpretativa che ogni versione comporta. Si allineano poi quaranta versioni del Monologo di Amleto (Atto III, Scena 1), con gli esempi di Voltaire (1773), Dumas, Hugo, Schwob, Gide, Bonnefoy, fino allultimo, di Daniel Mesguich (2012). Curiosità preziosa, linserimento di due tavole del fumetto Hamlet, di Gianni De Luca (1980).
Per rendere conto delle molteplici domande suscitate sul senso del personaggio enigmatico, si propone un florilegio di commenti (À la recherche dHamlet), espressi da disparati studiosi e artisti. Fra questi, il contributo forse più stimolante è quello di Pierre Bayard (Le vrai coupable) che partendo da Freud, giunge a giustificare la «colpevolezza» del Principe. Le illustrazioni di questa Sezione mostrano immagini tratte dalle più recenti e tipiche messe in scena, quali quelle di Hubert Colas (2005), Thomas Ostermeier (2008) e Vincent Macaigne (2011). Iconografia adeguatamente depoca, per le restanti Sezioni. Nel repertorio del Festival, Shakespeare simpone per numero di rappresentazioni: dal 1947 al 2013, il Palazzo dei Papi ha ospitato 26 spettacoli di 15 delle sue opere. Ne rievocano gli esiti estetici Florence March (Shakespeare au pied du mur) e Marcel Freydefont (Les scénographies dHamlet au Festival). E ancora, documenti e schede ravvivano la memoria degli 8 Hamlet allestiti dal 1965 (Georges Wilson) al 2011 (Vincent Macaigne). Nel complesso, un dossier ricco e dettagliato, che sia pure col limite connaturale duna prospettiva soltanto avignonese, aggiorna efficacemente su un fenomeno significativo della scena francese.
di Gianni Poli
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