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La scienza del teatro. Omaggio a Dario Fo e Franca Rame.
Atti della Giornata di Studi (Università di Verona, 16 maggio 2011)
A cura di Rosanna Brusegan

Roma, Bulzoni Editore, 2013, euro 20
ISBN 978-88-7870-900-3

Il libro raccoglie gli Atti della Giornata di Studi organizzata da Rosanna Brusegan presso l’Università di Verona nel 2011 ed indaga la genesi dei testi di Dario Fo da un punto di vista strettamente linguistico: dal parlato teatrale dell’uso di alcune commedie a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta allo sperimentalismo del gioco onomatopeico del grammelot in applicazione alle fonti scritturali e medievali ed ai materiali della Commedia dell’Arte.

I debiti di Fo con la lingua di Ruzante risalgono a molti decenni fa; ma è con lo spettacolo Dario Fo recita Ruzante (1993) che vengono saldati definitivamente, sebbene la marcatura dei dati fonetici e musicali del pavano originale perda in Fo la sua specificità e si sbilanci verso un generico lombardo-padano. La lezione-spettacolo prevede infatti inserti testuali parodicamente reinventati attraverso normalizzazione linguistica o reinterpretazione facilior dei tratti più incomprensibili (saggio di Ivano Paccagnella).

Nel più recente Lu santo jullàre Françesco (2002) l’autore contamina ancora con massima libertà e in chiave comica forme antiche e moderne di varia provenienza. E’ sempre il Medioevo tragico e violento del potere della sopraffazione e della fame, quello proposto da Fo e con chiavi narrative fondate sul paradosso e sul controcanto, fra sublimitas d’argomento e humilitas di rappresentazione.

L’operazione di contaminazione e riuso di fonti tipi e stilemi convenzionali, dialetti e lingue è indagata da Luigi Matt. Da una parte rimanda alle tradizioni ed ai riti popolari; dall’altra alla poesia giullaresca delle origini, al teatro delle sacre rappresentazioni e dei misteri buffi, delle farse e delle moralità, delle giullarate e dei fabulazzi osceni. In particolare, Rosanna Brusegan ritrova nel monologo de La Parpàja tòpola le forme del recupero/reinvenzione della lingua giullaresca, nella quale sono qualità sonora della parola ed espressività del dialetto a motivare le scelte drammatiche, le esigenze dell’orecchio a contare più di quelle retoriche.

Monica Longobardi presenta alcuni esempi dello «scurrile poetico», dell’erotico e dell’osceno nella drammaturgia di Fo; mentre Simona Brunetti prende in analisi Hellequin Harlekin Arlekin Arlecchino (1985), monologo affabulatorio in grammelot inserito in uno spettacolo ad episodi, separati da brevi intermezzi musicali e punteggiati da veloci azioni acrobatiche.

La tendenza alla contaminazione testuale trova corrispondenza anche nelle commedie regolari composte fra il 1959 e il 1961. Nicola Pasqualicchio rileva come qui il drammaturgo aderisca alla forma della pièce bien faite di intrattenimento borghese (Feydeau e la pochade) per poi scardinarla attraverso liberi rovesciamenti di intreccio. Il tema è la reiterata infrazione del sistema gerarchico nel rapporto fra potenti e subalterni; la predilezione è per la deformazione caricaturale ed il marionettismo biomeccanico. Tuttavia anche in un contesto di teatro impegnato, il richiamo alla gag ed al ghigno dissacrante emergono prepotenti e restituiscono la cifra più consona al grande poliedrico autore.

I testi presentano un parlato teatrale medio, volutamente colloquiale e privo di particolari asperità; rispecchiano insomma in misura davvero attendibile quell’italiano di ampia diffusione pan-regionale in circolazione nel nostro paese proprio negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Claudio Giovanardi si sofferma sugli aspetti più significativi della sintassi: costrutti che arieggiano certe semplificazioni tipiche della comunicazione parlata; anacoluti e strutture frante nella direzione di una mimesi non parossistica del parlato. Anche per quanto riguarda il lessico è confermata la medietas con presenza di frasi idiomatiche, giochi di parole ed uso esasperato dei puntini di sospensione.

Piero Trifone rileva infine i collegamenti con la tradizione lombarda dello sperimentalismo linguistico. E’ il tema fondamentale dell’antinaturalismo del grammelot come ibridazione aberrante all’interno dell’antinaturalismo iper-comunicativo di Fo. Se ne trovano ampia esemplificazione nelle numerose soluzioni linguistiche anomale ed innaturali quanto creative che accompagnano la parodia dei gerghi tradizionali e dei codici specialistici e si estendono ai linguaggi della malavita, della medicina o della burocrazia, così come agli stessi formulari stereotipati dei movimenti politici di sinistra.


di Michela Zaccaria


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