Nella
monografia dedicata alla persistenza del melodramma nel cinema italiano, Lucia
Cardone compone un appassionante «atlante immaginario» del genere, nel quale
intelligentemente anziché mirare a un utopistico centone di carattere
enciclopedico, traccia percorsi, suggerisce visioni e letture, che
restituiscono una ben più suggestiva e coinvolgente mappatura delle emergenze
del melodramma nel corso della storia del cinema italiano, dal muto alla
contemporaneità.
La
prosa scorrevole dellautrice precisa dabord
una definizione di melodramma: al di là
delle inevitabili differenze, «il centro, il cuore pulsante del racconto, si
configura come un percorso amoroso e propriamente passionale, irto di ostacoli,
capace di suscitare acutissime emozioni e ineguagliabile coinvolgimento
spettatoriale». Prendendo a prestito gli strumenti della psicanalisi classica, freudiana e
lacaniana in particolare, Cardone sottolinea come la narrazione
melodrammatica sia sostanzialmente incentrata su un amore impossibile, su «una
ricerca del piacere incentrata sul bisogno di soffrire» in ultima analisi.
«Lattitudine
alliperbole e alle altre figure dellenfasi costituisce un tratto costante dei
film che appartengono al genere», trovando dunque nella retorica dellétonnant valido supporto interpretativo.
Completano
il quadro della griglia teorica di riferimento i gender studies, cui le eroine femminili del melodramma,
cinematografico e non solo, ora disconosciute, ora esaltate, offrono fonte
inesauribile di riflessione.
Lautrice
attraversa epoche e generi del cinema italiano muovendo dal muto dei primi
decenni, che attinse largamente allimmaginario teatrale e letterario e nel
quale dunque largo spazio trovarono le protagoniste del melodramma, per
approdare poi a un periodo di magra: «non stupisce, dopo la grande fiamma dei
primi decenni, riscontrare negli anni Trenta e in generale nel cinema del
Ventennio una presenza assai debole di film riconducibili a questo genere».
«Occorre
attendere la fine del decennio per assistere a una ripresa decisa del genere,
con il ritorno di seduzione, colpa, sacrificio e con la valorizzazione dei
sentimenti materni». Gli anni Quaranta segnano il ritorno di fiamma del cinema
italiano per il melodramma, un fenomeno che si intensificherà nel periodo
immediatamente successivo, a partire dalla fine del decennio, che lautrice opportunamente
definisce come l«epoca doro del melodramma, negli anni della sua più fulgida
popolarità». Alimentato dalla diffusione delleditoria popolare dei rotocalchi
e dei fotoromanzi, il melodramma conosce qui la sua stagione più florida: «che
le fortune e le sfortune del filone larmoyant
siano legate alla vicinanza con il romanzo dappendice e soprattutto al
successo della letteratura a fumetti è un dato ormai acquisito».
Se
alla fine degli anni Cinquanta il genere «perde le sue attrattive rispetto a un
pubblico popolare ormai più propenso alla commedia», se ne trovano comunque
tracce significative e declinazioni peculiari in autori come Antonioni e
Visconti prima e Bernardo Bertolucci e i fratelli Taviani poi.
Seguendo
il percorso delle lacrime di tante eroine femminili, lanalisi dellautrice
approda alla contemporaneità, dove il melodramma «trova una nuova dimensione
popolare attraverso lo schermo piccolo, ma spudoratamente accogliente, della
televisione», nel quale la soap opera
si configura come la modalità privilegiata della «ripresa contemporanea del
racconto dappendice».
Infine
tra gli autori del cinema italiano del XXI secolo che hanno dimostrato una
certa propensione per i meccanismi del melodramma in chiave contemporanea,
riletto attraverso la specola delle criticità che caratterizzano questo tempo,
lautrice cita Ferzan Ozpetek, Matteo Garrone, Silvio Soldini, Marco Bellocchio
ed Emanuele Crialese.
A
una prima sezione introduttiva del testo, ricca di riflessioni e a sua volta
stimolante per ulteriori approfondimenti del lettore, segue una sezione
analitica articolata in sei capitoli, ciascuno dedicato ad un diverso film, che
da Assunta Spina (Gustavo Serena,
1915) fino a Respiro (Emanuele
Crialese, 2002), mette in luce diversi modi di darsi del melodramma nel corso
della storia del cinema nazionale. Per ciascun film Cardone affianca dunque
allanalisi filmica un approfondimento dal quale emerge di volta in volta un
diverso aspetto del genere, a cominciare dallintermedialità che caratterizza un testo fortunato come Assunta Spina, che dalle pagine della
novella scritta da Salvatore Di Giacomo (1888) ha incontrato larga fortuna nel
corso del tempo, trovando spazi e forme sempre nuove e testimoniando dunque «la
sua capacità di negoziare con le consuetudini produttive e di consumo di media
differenti e distanti».
di Elisa Uffreduzzi
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