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Livia Cavaglieri

Trust teatrali e diritto d’autore (1894-1910)
La tentazione del monopolio

Corazzano (Pisa), Titivillus, 2012, pp. 173, euro 15,00
ISBN 978-88-7218-347-2

 

Il “trust teatrale” questo sconosciuto: l’espressione è familiare a chi si occupa del teatro italiano tra la fine dell’Ottocento e il primo trentennio del XX secolo, ma il fenomeno storico è ancora avvolto da mistero. Livia Cavaglieri ha deciso di occuparsene in un bel volume che,  inteso come il primo di un percorso a più tappe, si concentra sulle sue origini a partire dal 1894 fino al 1910.

 

Dopo un’ampia panoramica introduttiva in cui vengono individuate le trasformazioni di lungo corso che coinvolsero la produzione e distribuzione degli spettacoli dall’Unità d’Italia agli esordi del Fascismo, l’autrice si sofferma sull’arco cronologico designato evidenziando come proprio in questo giro di anni inizi a farsi strada la percezione di un indebolimento delle forme tradizionali di spettacolo e dei sistemi produttivi su cui si fondavano. I primi trust teatrali furono appunto forme di sperimentazione di nuove strategie per  ampliare il mercato teatrale, tentativi da parte di organizzatori teatrali di limitare il rischio di impresa e di equilibrare il rapporto tra investimenti e ricavi in un momento in cui i costi di produzione tendevano a incrementare anche a causa dell’apparizione di un nuovo capitolo di spesa: i diritti d’autore.

 

Proprio alla lotta per il monopolio dei testi è dedicato un capitolo dell’opera che ripercorre le fasi attraverso cui Marco Praga, divenuto direttore generale della Società Italiana degli Autori nel 1896, riuscì a scalzare la concorrenza e a sostituire al libero mercato l’egemonia dell’istituzione che rappresentava. Unico serio inciampo al suo procedere fu un “industriale privato”, Adolfo Re Riccardi, anch’egli desideroso di sfruttare le potenzialità economiche del commercio dei copioni.

 

La «bomba dei trust teatrali» scoppiò non casualmente tra il 1904 e il 1908, nel quadriennio in cui la contesa Praga-Re Riccardi si era temporaneamente risolta con l’acquisizione da parte della SIA del catalogo “dell’azienda rivale”. Livia Cavaglieri individua e descrive i primi episodi pioneristici di trust drammatici come quello del conte Alfredo Giansanti Baracchini al Teatro Valle di Roma, che riservò per sé l’esclusiva di 198 commedie sulla piazza romana, quello degli esercenti del Teatro Lirico Internazionale, che tentarono di accaparrarsi tutte le operette dei cataloghi Sonzogno e SIA per la piazza di Milano, e quello della Società Suvini Zerboni che, dopo aver ottenuto il controllo di ben sette sale milanesi, tentò di espandere il proprio “impero” su Genova e Torino.  Ma il primo trust di dimensioni nazionali fu messo in piedi da Achille e Giovannino Chiarella.

 

Grazie al coinvolgimento di Re Riccardi e di alcuni tra i maggiori capocomici del momento, il progetto dei fratelli Chiarella si dotò non solo di sale teatrali, ma anche di un catalogo di copioni e di sette tra le migliori compagnie drammatiche, riuscendo ad integrare in questo modo «le attività di produzione, di distribuzione e di esercizio». L’iniziativa suscitò l’ostilità della SIA timorosa di una flessione negativa per i titoli degli autori da lei protetti.  La società Chiarella-Re Riccardi trovò comunque l’appoggio di una vasta compagine di operatori dello spettacolo inclini a pensare che proprio la SIA, fomentatrice di una battaglia condotta in nome della libertà di mercato e della drammaturgia italiana, costituisse il vero ostacolo alla concorrenza. Negli anni successivi la vicenda si proseguì con colpi di scena (lo scioglimento di Re Riccardi nel 1907 dalla SIA e, nel 1908, anche dalla società con i Chiarella) e accuse che trascinarono i protagonisti nelle aule di tribunale. Si vedano nel volume in particolare le pagine dedicate al processo per diffamazione intentato da Re Riccardi contro Giannino Antona Traversi (che lo aveva accusato di ingerire nelle scelte artistiche delle compagnie costringendole a rappresentare dei testi da lui scelti) risolto, nonostante la condanna di Antona Traversi, in una vittoria di popolo per la SIA che lo aveva sostenuto.

 

Episodio dopo episodio l’autrice del volume giunge a chiudere il cerchio:  capocomici e “impresari” (importatori, esercenti, proprietari di teatri, ecc.) cercarono in questo periodo di allearsi. Il loro connubio era frutto di un “malinteso” circa gli obiettivi che sarebbe emerso solo posteriormente. Nell’immediato a impedire la loro unione furono soprattutto gli autori, divenuti una componente del sistema teatrale sempre più attiva e organizzata. Ed fu proprio la SIA a mandare a monte i principali tentativi di trust avviati in questo periodo.

 

Se qui si conclude l’analisi relativa al teatro di prosa l’Appendice del volume, affidata alla penna di Matteo Paoletti, si occupa del trust nel teatro lirico. Travolto da una forte crisi in Italia all’inizio del Novecento fioriva invece in America latina e negli Stati Uniti dove i teatri si contendevano i migliori artisti italiani. È a Buenos Aires che nel 1907 Walter Mocchi fondò la Società Teatrale Italo-Argentina (STIA) con lo scopo di creare un trust «tra l’industria teatrale italiana e quella sudamericana» mentre nel 1908, con la complicità del conte Enrico di San Martino di Valperga presidente dell’Accademia di Santa Cecilia, dette vita alla Società Teatrale Internazionale (STIn), «un trust teatrale italiano con sede a Roma». Si configurava in questo modo un grande progetto che mirava alla costituzione di un monopolio lirico di dimensioni transeoceaniche.

 

Come i capitoli precedenti anche l’Appendice è il risultato di un’accurata ricerca sul campo. Tutto il volume infatti, scritto con garbo e chiarezza, si fonda in buona parte su fonti primarie inedite, ma mette anche a frutto la bibliografia e le indagini documentali disponibili (come quella ricchissima condotta a suo tempo da Paola Daniela Giovanelli) rileggendo le fonti in una nuova prospettiva. Aspettiamo trepidanti la seconda puntata.

 

 

di Emanuela Agostini


La copertina

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