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Immagini di seconda mano Eventi

Apertasi con La verifica incerta (Italia 1964, primo esempio italiano di questo tipo di cinema, ad opera di Gianfranco Baruchello e Alberto Grifi) e Cortometraggi – Mash-up dal web (una selezione di collage cinematografici visibili in internet), la giornata (6 dicembre) della Cinquanta Giorni di Cinema Internazionale a Firenze 2012 dedicata al Mash-up cinema, si è conclusa con due produzioni di quest’anno. La prima, Formato ridotto (Italia 2012), prende il titolo dagli innumerevoli frammenti di film di famiglia che mette insieme, attingendo al cospicuo bagaglio di immagini dell’Archivio Nazionale del Film di Famiglia: 8 mm, Super 8, 9,5 mm e 16 mm, a colori e non. Prodotto da Kiné in collaborazione con Regione Emilia-Romagna, il film dell’associazione Home Movies si articola in cinque episodi, tutti incentrati sul contesto emiliano-romagnolo. Per ciascuno di essi un diverso scrittore è stato chiamato al delicato – per il privato che coinvolge e stravolge – lavoro di reinterpretazione delle immagini, a dare loro cioè, un significato altro rispetto allo scopo per il quale erano state girate, inserendole in un’invenzione narrativa creata ad hoc, dando vita a un film corale, che ibrida fiction e documentario. Proiettato per l’occasione in un ordine invertito rispetto alla sua forma originale, dopo i titoli di testa impreziositi dalla bella animazione di Luca Magi, ha aperto il film Uomini La Domenica, scritto da Emidio Clementi. Presente in sala nella serata del 6 dicembre, lui musicista oltreché scrittore, Clementi ha voluto deliziarci di un lettura dal vivo dei testi redatti per il film. La voce profonda dell’autore ha accompagnato le immagini di partite di calcio delle stagioni 1956-1957, in una radiocronaca sui generis, con lo sguardo dell’oggi attenta più alla platea che al gioco in campo. A nostra volta spettatori incuriositi di quel pubblico della domenica, Clementi ci coinvolge nel gioco di sguardi complici tra gli amici sugli spalti – molti quelli che ammiccano alla cinepresa in un gesto d’intesa con l’operatore di turno – ricostruendo una fresca domenica di tanti anni fa, tra occhi assonnati per il lauto pranzo e tiri in porta. In pochi minuti ci scorre davanti un ricco campionario di immagini, nelle quali risalta il gioco con le angolazioni esasperate, in un vezzo registico dell’operatore che, più che animare il quadro, commuove per l’ingenuità del capriccio artistico.

Pur funestato dalle fastidiose ripetizioni in cui cade a più riprese la voce narrante, l’episodio Il mare d’inverno si avvale dell’esilarante commento di Ermanno Cavazzoni: strutturato come un documentario scientifico sull’usanza tutta italiana della vacanza al mare, il racconto sornione di Cavazzoni ironizza con discrezione sui rituali estivi della costa emiliano-romagnola, fatti di cabine, focaccine, giochi con la sabbia e in acqua, sui quali il  mare, che sopporta pazientemente per due mesi l’anno, si prende la rivincita l’inverno successivo, quando con violenza si abbatte sulla spiaggia ormai disabitata, distruggendo tutto quello che incontra. Stagione dopo stagione, l’autore costruisce una spassosa elegia umoristica del mare.

Per 51 è Giovanni Cattabriga alias Wu Ming 2 a commentare la pellicola del cineamatore Angelo Marzadori sul Festival dell’Unità del 1951 a Bologna, nel Parco della Montagnola. Alla luce degli oltre sessant’anni di storia nazionale trascorsi, il narratore odierno è in grado di interpretare quelle immagini con amara consapevolezza, svelandone le contraddizioni, specchio dei punti deboli dell’allora Partito Comunista Italiano. Le inquadrature che scorrono davanti ai nostri occhi, mostrano con involontaria ironia Togliatti che saluta col contegno di un Papa e lo svolgersi di un concorso di bellezza, nell’ambito della stessa manifestazione che vede sfilare le compagne italiane, bandiera del partito in spalla. Senza rancore, il narratore rilegge lo ieri con lo stesso misto di nostalgia e disincanto col quale lo guarderebbe un ventenne di allora, oggi conscio degli errori fatti e insieme pacificato col proprio vissuto.

Il commento all’episodio seguente, Uomo Donna Pietra, porta la firma di Enrico Brizzi, che a partire da diversi filmati girati nella stessa location, costruisce un’unica storia, quella di un ventenne innamorato della sua Irene, che lì capì di esserne conquistato e tornò per lo scambio delle fedi. La Pietra di Bismantova, la montagna dell'Appennino reggiano celebre per la sua forma a incudine e tristemente nota quale luogo d’elezione per suicidi, diviene così il leitmotiv della cronistoria di un amore, dalla nascita del sentimento, al matrimonio, ai figli.  Rumori d’ambiente e musica si mescolano e si sovrappongono alla voce narrante in un suggestivo mix sonoro, che mentre sottrae alle immagini la verità che le ha prodotte, le restituisce alle emozioni di una nuova vita.

Meno riuscito degli altri, sia per la monotonia delle immagini che per la cantilenante voce over, Strade è l’episodio che accompagnano le parole di Ugo Cornia. Dalla fondovalle Panaro dell’incipit, al reticolato di strade più piccole che solcano l’Emilia-Romagna, fino all’autostrada del Sole ancora in costruzione e ai valichi dell’Appennino, l’autore ci accompagna in un viaggio a ritroso nel tempo e insieme verso un orizzonte in continua mutazione: quello che scopriamo attraverso il lungo camera car che si dipana attraverso gli spezzoni dai quali è (s)composto Strade. Mentre dal paesaggio affiorano aneddoti e riflessioni, sottolineati dalle note del jazz in sottofondo, che spesso dialoga con quanto scorre sullo schermo spingendosi fino al confine col Mickey Mousing. Singolare operazione di riciclaggio e reinvenzione di immagini, Formato ridotto rappresenta un’interessante soluzione artistica, che attraverso l’approccio letterario conferisce un valore aggiunto e dà nuove possibilità di esistere, a immagini che ci parlano di un passato e di emozioni altrimenti destinati a rimanere un’esclusiva dei loro protagonisti, gli unici in possesso del loro senso primo.

Fa il paio con l’originale operazione di Home Movies il film proiettato a seguire, un lavoro di mash-up cinematografico diverso per materiali utilizzati (filmati amatoriali a carattere documentario nel primo caso, tutti celebri film di fiction in questo), ma simile per finalità narrative. Final Cut - Ladies and Gentlemen (Ungheria, 2012), il film-collage di György Pálfi prodotto da Béla Tarr, racconta una storia d’amore attraverso le scene di alcuni, molti – 451 per l’esattezza – tra i più celebri film della storia del cinema. Così un lui, che ha il fascino di Marcello Mastroianni, Brad Pitt e Clark Gable messi insieme (per citare solo alcuni degli innumerevoli interpreti che può vantare), incontra una lei che racchiude in sé l’avvenenza fisica e le dotti attoriali di Greta Garbo, Sharon Stone, Kim Novak e molte altre. Quando due così, due archetipi, s’incontrano, quello che succede è una storia universale, banale se vogliamo, come l’amore: qualche incomprensione, qualcosa che viene taciuto, una parola in più e in un attimo è troppo tardi… o forse no? A un passo dalla fine infatti ci scorre davanti una sequenza che abbiamo già visto, con lui che si alza dal letto dopo una sonora sbronza e risponde al telefono, ma stavolta parla, in cerca di una riconciliazione. Forse allora la sequela di scene drammatiche in cui naufragava la love story dei proteiformi protagonisti del film è stata solo un brutto sogno? Poco importa, il pubblico ha avuto il suo lieto fine e per i più scettici rimane l’aspro pre-finale tragico di poco fa. A voi la scelta. Brillante recycled movie, come recita la definizione sul sito ufficiale del film, Final Cut - Ladies and Gentlemen ha chiuso la rassegna Cannes Classics 2012 del 65° Festival di Cannes, ma afflitto dall’impossibilità di acquisire i diritti d’autore degli innumerevoli film e brani musicali o canzoni che chiama in causa, è destinato a una circolazione confinata nei Festival e poche altre occasioni culturali. A proposito “dell’aspetto acustico” del film, particolarmente interessante è il rapporto che il sonoro instaura con le immagini, per lo più dissociando brani la cui fama è inscindibile dai film che li hanno resi noti e legandoli invece a scene di altri film; ma anche sovrapponendo le battute pronunciate da un attore – sempre in lingua originale – a inquadrature che ne vedono protagonista un altro, generando così un intricato contrappunto sonoro-iconografico, fitto di rimandi intertestuali e fertile di riflessioni semantiche.

Sappiamo che il regista di quest’operazione iperbolica, sovrabbondante di set e interpreti, si sta adoperando per trovare modalità di circolazione più accessibili per il film. Nell’attesa invitiamo il pubblico a non perdere le rare occasioni di vederlo, per l’originalità dell’iniziativa, a dispetto della serie di ovvietà – di situazioni e citazioni – che rappresenta, svelando e celebrando la finzione cinematografica al tempo stesso. 



                                                          [di Elisa Uffreduzzi]


 
Mash-up Cinema – La seconda vita delle immagini


La locandina del film
Final-cut - Ladies and Gentlemen
 
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