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Theaterheute, n. 4, 2012


2012, n. 4, pp. 72, € 12, 00
ISSN 0040 5507

 

Si apre all’insegna della drammaturgia russa classica la sezione “Aufführungen” di «Theaterheute», in cui si raccolgono le recensioni degli allestimenti principali di recente produzione. Alvis Hermanis propone una nuova edizione di Wassa Shelesnowa, commedia scritta da Maxim Gorki nel 1910. Sul palcoscenico dei Kammerspiele di Monaco il regista costruisce uno spettacolo di esasperato naturalismo, dall’ambientazione scenografica ai costumi degli attori, tra i quali emergono Katia Herbers, Elsie de Brauw, Stefan Bissmeiers, Oliver Mallison, Benny Claeseens, Stephan Bissmeier.

 

Kirschgarten di Anton Čechov è oggetto di due diversi allestimenti. Il primo, firmato da Stephan Kimmig per il Deutschen Theater di Berlino, si basa su una lettura in chiave marcatamente moderna, dove drammaticità e comicità innestano tensioni e delicati contatti umani. Alla riuscita della rappresentazione contribuisce una compagnia affiatata e artisticamente pregevole formata, tra gli altri, da Angela Meyer, Cristoph Franken, Natalja Belitski, Nina Hoss, Thomas Schumacher, Melke Droste. Lo stesso capolavoro čechoviano è stato applaudito nel Thalia Theater di Amburgo, grazie alla regia di Luk Perceval che approfondisce con particolare cura il tema della nostalgia. Figurano nei ruoli principali Barbara Nüsse, Matthias Leja, Wolf-Drietrich Sprenger, Oda Thornmeyer, Tilo Werner.

 

Nella Schaubühne di Berlino Thomas Ostermeier firma la messinscena di Fräulein Julie di August Strindberg, adattando il dramma alla nostra contemporaneità per meglio evidenziare le inquietudini della protagonista affidata alle competenze di Tschulpan Chamatowa, e le perversioni di Jean (Jewgenij Morinov). Si respira aria Biedermeier aggiornata alla contemporaneità in Marquise von O… di Heinrich von Kleist nella versione scenica di Frank Castorf per la berlinese Volksbühne, che ha evidenziato le doti di Kathrin Angerer nella parte del titolo, affiancata da Sylvester Groth, Ilse Ritter, Hendrik Arnst. Se in Germania si privilegia il repertorio classico, in Austria l’attenzione si orienta verso la drammaturgia contemporanea. Nel Burgtheater di Vienna è stato applaudito Das fliegende Kind, dramma di Roland Schimmelpfennig incentrato sulla morte di un figlio che porta i genitori al delirio. La regia si mantiene rigorosa e attenta alle pieghe psicologiche dei personaggi, affidati a Barbara Petritsch, Johann Adam Oest, Cristiane von Poelnitz, Peter Knaack, Falk Rockstroh e Regina Fritsch.

 

L’Akademie Theater ha prodotto Life and times 3 & 4 di Nature Theatre of Oklahoma, compagnia di New York guidata da Kelly Cooper e Pavol Liska, che con questo spettacolo prosegue la serie del titolo omonimo. Sono conversazioni telefoniche che affrontano isolati episodi di ambientazione metropolitana. Si presenta come una devastante demistificazione dell’American Dream dell’era Bush la novità di Tom Kushner, Ratgeber für den intelligenten Homosexuellen zu Kapitasmus und Sozialismus mit Schüssel zur heiligen Schrift, che «Theaterheute» pubblica in versione integrale nella sezione „Das Stück“. L’autore di Angels in America pone al centro di un nucleo familiare la figura patriarcale del vecchio Gus che malato di Alzheimer, convoca i suoi cari per comunicare loro la volontà di suicidio, non prima di aver raccontato il proprio vissuto di trasgressioni sessuali e ribellioni politiche. Prodotto dal Nationaltheater di Mannheim, il testo violento e provocatorio è stato interpretato in modo convincente da Edgad M. Böhkle nel ruolo principale con Klaus Rodewald, Irene Kugler, Thomas Meinhardt.

 

Per il Theater Hau di Berlino è il momento dei bilanci, come emerge dall’intervista rilasciata dall’intendente Matthias Lielenthal e dalla sua collaboratrice Kirsten Hehmeyer. Sorta di spazio alternativo e indipendente, aperto ad artisti di prestigio come Constanza Macras e Stefan Kaegi che in merito offrono una preziosa testimonianza, è oggetto da parte della relazione di «Theaterheute» di valutazioni positive (Eva Behrendt) e negative (Franz Wille).

 

In “Akteure” si legge il profilo artistico di Thomas Langhoff, regista recentemente scomparso che ha consegnato al teatro tedesco allestimenti passati alla storia. Dopo il debutto nel 1977 con Einsame Menschen di Gerhart Hauptmann nel Maxim Gorki Theater di Berlino, dove due anni dopo trionfa con Drei Schwestern di Anton Cechov. Altrettanto produttivi sotto il profilo della qualità artistica sono risultati i dieci anni (1991-2001) di direzione del Deutsches Theater della capitale, in cui approfondisce i legami con Botho Strauss e Heiner Müller. In un altro articolo di “Akteure” ci si occupa brevemente di attrici tedesche emerse nella recente rassegna “Berlinale”: Martina Gedeck interprete di Die Wand, Corinna Harfouch in Was bleibt di Hans-Christian Schmidt, Nina Hoss nella parte di Barbara di Christian Petzold e Birgit Minichmayr protagonista di Gnade di Matthias Glaser.

 

La sezione “Teorie” è occupata dalla recensione di due libri dedicati ad Adolphe Appia: N. Sonntag, Raumtheater. Adolphe Appias theaterästhetische Konzeption in Hellerau, Essen, Klartext Verlag, 2011, e Theater ohne Fluchpunkt. Das Erbe Adolphe Appias: Szenographie und Choreographie in zeitgenossischen Theater, a cura di G. Brandstetter e B. Wiens, Berlin, Alexander Verlag, 2010.

di Massimo Bertoldi


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