Prosegue il progetto editoriale di Marsilio, che prevede la pubblicazione di testi legati alle “Variazioni sul mito” di uno specifico soggetto. Questa volta la cura del volume dedicato a Prometeo compete a Federico Condello, autore anche della ricca introduzione in cui mette a fuoco le questioni fondamentali dibattute dalla storiografia teatrale. Centrale in merito è il quesito, tuttora irrisolto, circa la presenza della mastodontica rupe evocata nel testo negli allestimenti antichi, cui nemmeno le regie del Novecento hanno rinunciato. Come dibattuto rimane il problema relativo allattribuzione di Prometeo incatenato ad Eschilo, considerate le divergenze stilistiche e lessicali, morali e religiose, tanto da alimentare il sospetto dellopera rimaneggiata. Esaurita la trattazione degli ingredienti narrativi assunti da Eschilo dalla tradizione e riconosciuti i legami con le leggende numeriche, accadiche, babilonesi ed ebraiche, Condello si addentra nella ‘grecità della commedia eschilea, che apre lantologia nella traduzione dello stesso, per poi illustrare la sua fortuna nellantichità e nel medioevo in cui sopravvisse come «astratto repertorio classico» (p. 27). Con il Cinque-Seicento, preceduta dallintuizione di Boccaccio, la figura di Prometeo muta la propria sostanza simbolica, diventa emblema dellintelligenza che può governare il mondo, si sostanzia nelluomo. Così nel Novum Organum di Bacone (1609) è incarnazione della scienza. Fu con letà romantica che si assisté allesplosione del mito, annunciato dagli esiti delle riflessioni filosofiche settecentesche che biforcarono limmagine di Prometeo quale segno di opposizione o di sostegno alla scienza, al progresso, alla civilizzazione. Nel romanticismo, invece, questa contrapposizione confluì in ununica identità, si combinò in una sintesi in cui convivevano «i temi della disperata filantropia e delleroico ribellismo, dellarte come creazione para-divina e dellelàn civilizzatore nel suo ambiguo rapporto con lo stato originario, dellautentica ‘rivoluzione sociale e della lotta fra scienza e natura, o fra libertà e fato, o fra uomo e Dio» (p. 36). E questa la strada che fa convergere nella nuova figura di Prometeo la mistica del “genio”, del poeta in possesso del “fuoco celeste”, incompreso e solitario, in rivolta. Esemplare, in merito, è lInno a Prometeo del giovane Johann Wolfgang Goethe, che si legge nella traduzione di Maria Grazia Cioni. Si tratta di un componimento poetico che avrebbe dovuto aprire il terzo atto di un dramma dedicato a Prometeo rimasto allo stato di frammento. Domina linvettiva contro le divinità, lesaltazione del poeta creatore, soprattutto la trasformazione del Titano in essere umano. Il boom del mito esplose nel corso dellOttocento. Il Prometeo liberato, composto da Percy Bysshe Shelley tra il 1818 e il 1819 (traduzione di Giuseppe Conte) costituisce lemblematica rappresentazione del rifiuto, della lotta contro la tirannide contaminata da visioni oniriche, della protesta culturale e sociale, religiosa e poetica, secondo limmaginario del poeta romantico. Nella novella Prometeo male incatenato di André Gide (traduzione di Tobia Zanon), ambientata a Parigi «nel maggio del 189…», lomonimo protagonista è recluso in carcere, con laquila a rodergli il fegato fino a quando riusciranno ed evadere assieme. «Gide – osserva Condello – sembra riconsegnare il Titano al suo destino di emblema metaletterario, […] che non afferma e non nega – ma esercita senza pause, in un certo senso subisce, la propria libertà» (p. 65). La prima parte del Novecento assorbì il mito di Prometeo senza offrire particolari riletture innovative rispetto alla fisionomia del personaggio quale simbolo astratto di rivolta contro il potere, la religione e la morale, come sintetizzato da Shelley. Le catastrofi prodotte dalla Seconda guerra mondiale, soprattutto pensando alle bombe atomiche cadute su Hiroshima e Nagasaki, alimentarono una visione negativa circa il rapporto tra scienza e progresso, che, di conseguenza, svilupparono una sorta di prometeismo malinconico, critico, scettico, anche arrendevole. E quanto emerge, tra i tanti esempi, da La rupe di Cesare Pavese, estratto dai Dialoghi con Leucò (1947) e pubblicato nel volume di Marsilio, il quale, oltre a disporre di unesaustiva introduzione, propone utili ed essenziali notizie su ”gli autori e i testi” e una ricca e ragionata bibliografia.
di Massimo Bertoldi
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