È difficile addentrarsi nella memoria protetta di una communitas, cementata da rapporti plurisecolari, nel tentativo di studiarne scientificamente le tradizioni, specie se quelle tradizioni sono ancora in vita. Il rischio dellanacronismo e del folcloristico è dietro langolo. Il libro di Luciano Mariti lo evita programmaticamente. La sua edizione critica de La Giudiata, sacra rappresentazione anonima, in ottave cantate, messa in scena fin dal Quattrocento a Ronciglione, nel viterbese, è il frutto di un accurato lavoro filologico, che offre non solo un contributo imprescindibile per la storia dello spettacolo, ma anche una rigorosa base testuale a disposizione di chi, ancora oggi, quella tradizione spettacolare fa rivivere e perpetua.
Il volume, capostipite di una collana dedicata alla storia e alla letteratura di Ronciglione, pubblica per la prima volta il testo della Giudiata, dedicato alla vicenda biblica di Giuseppe lebreo. Un testo tramandato oralmente, per generazioni. Da secoli, le ottave della Giudiata rappresentano una sorta di tessuto connettivo della comunità ronciglionese, anche in ambito extraspettacolare: recitate a memoria nelle osterie tra vino, scommesse e digressioni; “masticate” davanti al focolare, alla sera; oppure “ruminate” dai contadini nei campi, nelle ore di riposo, insieme a ottave estemporanee e stornelli, versi della dantesca Commedia e dellOrlando furioso. Un alfabeto vivo. Una tavolozza di espressioni, di modi di dire, di esempi pratici, presente nella memoria come un prontuario di vita.
Analogamente, lo spettacolo della Giudiata è per Ronciglione un monumentum mai dimenticato e suscettibile di periodici allestimenti. Lultimo in ordine cronologico è stato quello del 2004, per la regia di Alfredo Stella. Fu contestualmente alla messinscena del 1945, allestita dalla Lega dei Liberi Contadini, che il testo orale della Giudiata venne ricomposto e dattiloscritto dagli attori, secondo la testimonianza dellallora dodicenne Corrado Chiodi. Ledizione critica di Mariti prende le mosse da quel copione dattiloscritto, basato a sua volta su un testo anonimo pubblicato dalleditore ronciglionese Giacomo Menichelli nel 1695 (ristampa migliorativa della pubblicazione del 1688 ad opera dello stesso Menichelli). Si tratta della riedizione, una delle tante, della Rapresentatione di Josef, Jacob e fratelli, sacra rappresentazione scritta e allestita a Firenze nel Quattrocento, edita per la prima volta tra il 1490 e il 1495 circa per i tipi del Miscomini. Proprio il Josef sembra essere il punto di riferimento testuale della Giudiata.
Inequivocabile, dunque, la filiazione dalla sacra rappresentazione fiorentina. Nel saggio introduttivo, Mariti da un lato contestualizza La Giudiata nellinterattivo quadro della cultura umanistica del capoluogo toscano, caratterizzata a Ronciglione da figure di spicco quali Francesco Netti, Giovanni Dolci, Paolo Sassi. Dallaltro, evidenzia lacquisizione delle componenti morfologiche topiche derivate da quella illustre tradizione fiorentina di teatro sacro. Si pensi alla mutuazione dei “pezzi chiusi”, come gli interventi dellAngelo (lannuncio e la licenza) e la cosiddetta “inframessa”, inserto profano teso ad alleggerire il dramma.
Uno sguardo analitico è poi riservato da Mariti al confronto tra il testo drammaturgico e quello biblico (soprattutto negli accorgimenti che fanno del primo un testo moderno), nonché alla prosodia delle ottave, la cui musicalità si basa su uno schema monodico fisso. Perché La Giudiata è, prima di tutto, uno «spettacolo in canto»; di più: è l«unica testimonianza vivente di una Sacra rappresentazione cantata» (p. 59). Alla componente musicale, nello specifico, è dedicato un contributo tecnico di Simona Bedini (pp. 180-186), che registra la trascrizione in musica di due momenti dello spettacolo, tratti entrambi dallallestimento del 2004.
Infine, Mariti passa in rassegna le principali trasformazioni performative che la Giudiata di Ronciglione ha vissuto nei secoli, dalletà umanistica al Seicento fino ai giorni nostri. Attraverso le pregevoli fonti iconografiche corredanti il volume, lo studioso illustra, in particolare, la metamorfosi dello spazio scenico: dai paratattici luoghi deputati quattrocenteschi, fino al palcoscenico accentrante della messinscena moderna, destinato a congelare il movimento scenico, in origine molto più vitale e articolato. A farne le spese, inevitabilmente, linterazione con il pubblico, la contiguità/sovrapposizione tra “scena” e udienza. Anticamente era la comunità di Ronciglione tutta ad andare in scena: attori-spettatori sorpresi a recitare sé stessi. Il libro di Mariti fissa la memoria di quel che fu La Giudiata, salvaguardando lidentità di un paese, di un mondo ancora vivo eppure profondamente mutato.
di Gianluca Stefani
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