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Hystrio, a. XXV, n. 1, gennaio-marzo 2012
trimestrale di teatro e spettacolo

pp. 132, euro 10, 00
ISSN 1121-2691

 

Spetta ad Eugenio Barba, intervistato da Claudia Brunetto, aprire la “Vetrina” di «Hystrio», che questo anno raggiunge il ragguardevole traguardo di venticinque anni di attività. Il fondatore dell’Odin Theatret traccia un bilancio della compagnia, ora in tournée con La vita cronica, e apre prospettive sul suo futuro. Roberto Canziani si occupa della Biennale del Teatro di Venezia, quest’anno impostata sulla formula “Sette magnifici sette” concepita dal direttore Alex Rigola, che ha coinvolto in questo progetto registi di respiro internazionale come Thomas Ostermeier (Death in Venice), Jan Fabre (The Holy Ganster), Stefan Kaegi (Bodenprobe Kasachstan), Rodrigo Garcia (Muerte y reencarnaciòn en un cowboy), John Lauwers (The Slow Lie), Ricardo Bartis (El box dell’attore), Rigola (Sette peccati: attore, il tuo nome non è) e Romeo Castellucci (Sul concetto di volto nel Figlio di Dio). Protagonista di “giovani mattatori/4” è Alessandro Gassman che Fausto Malcovati inquadra nel suo percorso artistico, dai contatti con importanti registi (Ronconi, Nanni, Quartullo, Longoni) alla sua maturazione come attore e direttore dello Stabile d’Abruzzo e ora del Teatro Veneto. La breve conversazione con Constanza Macras, preceduta dal suo profilo tracciato da Roberto Canziani, è occasione per parlare dei processi creativi adottati per le sue coreografie, con particolare attenzione a Berlin Elsewehre. Chiude la “Vetrina” l’intervista rilasciata da Antonio Calbi a Diego Vincenti, in cui si parla della situazione del teatro milanese, in attesa di auspicati interventi da parte della neonata giunta comunale.

 

Molte sono le tappe di viaggio previste in “Teatromondo”. Si parte da Berlino, dove Elena Basteri ha seguito le ‘prime’ principali. Nel Deutsches Theater hanno debuttato Das Schoss da Franz Kafka che la regia di Nurkan Erpulat assume con grande fedeltà testuale per ottenere un allestimento modesto, e Die vier Himmelsrichtunges, ideazione di Roland Schimmelpfennig con Almut Zilcher e Ulrich Matthes applauditi protagonisti. Si è rivelata imponente la messinscena di Eugen Onegin, ricavata dal poema di Alexandr Puskin da parte di Harmin Petras per la produzione della Schaubühne. Si chiude nell’Hebbel am Ufer con la messinscena dell’ultimo lavoro di Constanza Macras Here/After. Il resoconto di Margherita Laera ci porta a Londra. Tema assai ricorrente negli spettacoli di apertura della nuova stagione è la riflessione sulla violenza, a partire dall’allestimento crudo e crudele di Saved di Edward Bond firmato da Sean Holmes per il Lyric Hammersmith, di Roadkill di Cora Bissett applaudito nella sala del Barbican Centre anche grazie alla pregevole interpretazione di Mercy Ojelade e Adura Onashile. The New World Order, collage di cinque brevi testi di Harold Pinter affidati alle competenze della compagnia Hydrocraker (regia di Ellie Jones), costituisce la riuscita produzione del Barbican Centre. Non meno denso di problematiche inquietanti è apparso il filo conduttore dell’ultima edizione dell’Ulster Bank Dublin Theatre Festival, visto che affronta gli abusi subiti da donne e minori nel corso della recente storia irlandese. Di questo parlano, tra gli altri, The Blue Boy e World’s End Lane della regista Louise Lowe, come racconta Gabriella Calchi Novati. Il servizio di Stefania Bevilacqua affronta l’ultima edizione del Festival Internazionale del Teatro Sirenus tenutosi a Vilnius, vera e propria vetrina per i registi più accreditati della scena nazionale (Oskaras Koršunovas, Gintaras Varnas, Aidas Giniotis e la giovane promessa Artūras Areima). L’itinerario di “Teatromondo” prosegue con la tappa al Festival di Wroclaw. Motivo dominante di questa edizione, come relaziona Laura Caretti, è l’esplorazione dell’inconsueto, del “non comune” nel teatro contemporaneo, secondo quanto emerso dagli allestimenti di Krystian Lupa, Ivo van Hove, Emma Dante e Romeo Castellucci. Interessante è la tappa a Praga, seguita da Pino Tierno che racconta il fermento creativo in atto, anche per effetto dei contributi seminali lasciati da Václav Havel. Sergio Lo Gatto apre lo sguardo sul Baltic Theatre Festival di Riga, dove si è distinto Alvis Hermanis con Ziedoris e l’universo (produzione New Riga Theatre), mentre Renate Klett approfondisce la messinscena di Dancing with Dada, ideazione e regia di William Kentridge, un artista sudafricano che si caratterizza per la fusione di vari linguaggi, immagini, suoni, parole, danza.

 

Compete a Giovanni Azzaroni e Matteo Casari la cura del dossier “Il teatro in Giappone oggi”. Introduce il tema Giorgio Amitrano che racconta il suo avvicinamento alla cultura niponnica, prima attraverso letture poi in qualità di spettatore; segue Gunji Yasunori che illustra gli impegni finanziari assunti dal governo e le iniziative private a favore dello spettacolo, orientato verso il consolidamento dell’identità nazionale con pari riconoscimento delle peculiarità regionali. Mao Wada ci aggiorna su come si materializzano l’organizzazione e la distribuzione delle produzioni all’interno dei circuiti teatrali, non trascurando prezzo dei biglietti, orari e costumi sociali. Delle caratteristiche artistiche del Nō, la forma più antica della cultura della rappresentazione giapponese, si occupa Matteo Casari, che completa il quadro delle conoscenze con una breve intervista a Umewaka Naohiko, attore drammaturgo e regista impegnato nella conservazione del genere, non trascurando la possibilità di sperimentare i linguaggi innovativi della modernità. Il dossier prosegue con la considerazione delle altre espressioni rappresentative giapponesi, dal teatro kabuki, che Giovanni Azzaroni ripercorre nelle sue traiettorie storiche fino alle operazioni di rinnovamento avanzate da Ichikawa Ennosuke III con Yamato Takeru del 1956, al bunraka, tradizionale forma di teatro di figura che, come dimostra Bonaventura Ruperti, oggi conosce pochi tentativi di ammodernamento, a differenza di quanto si riscontra nel teatro di prosa Kyōgen, dove attori come Shigeyama Akira e Nomura Mansai hanno introdotto importanti novità nelle tecniche di recitazione. Per quanto riguarda la danza, prima Maria Pia D’Orazi analizza il but nelle singolari interpretazioni di Hijikata Tatsumi e Ōno Kazuo, poi Elena Cervellati si sofferma sulla penetrazione di questa espressione artistica d’avanguardia, nata alla fine degli anni Cinquanta del Novecento, nella cultura dello spettacolo europeo citando le esperienze di Carlotta Ikeda, Iwana Masaki e Onishi Sayoko. Gala Follaco dedica il proprio servizio a Suzuki Tadashi, fondatore dell’omonimo metodo di training. Un altro personaggio di statura internazionale, il danzatore Teshigawara Saburō, è l’oggetto delle pagine firmate da Enrico Pitozzi, che ricorda gli spettacoli più celebri ed evidenzia il rapporto creativo tra la luce di scena e i movimenti del corpo. Di interesse è l’intervento di Katja Centonze che documenta l’operosità creativa degli artisti contemporanei impegnati a sperimentare il connubio di danza e teatro con la ricerca di linguaggi tecnologici, che animano le performances di Dumb Type, Ishinha, Hirata Oriza e Gekidan Kaitaisha. I contributi conclusivi di questo ricco dossier sono rivolti alla tradizione e alle caratteristiche del teatro di narrazione (Matilde Mastrangelo), ai rapporti di Pier Paolo Pasolini con la cultura niponnica, riconosciuti da Doi Hideyuki in Edipo Re e Medea, alla fortuna scenica delle commedie di Mishima Yukio in Italia (Giuseppe Liotta), grazie agli allestimenti firmati da Tito Piscicelli, Ferdinando Bruni, Andrea Adriatico, Piero Ferrarini e Massimo Castri.

 

Con il “Teatro di figura” si ritorna alla realtà italiana. Laura Bevione ci racconta la annuale rassegna internazionale promossa dalla compagnia torinese Controluce. Vicino a spettacoli legati al 150° anniversario dell’Unità (Cà Luogo d’Arte con Locomotiva 1861 – appunti per un compleanno italiano, i burattinai Gianluca Di Matteo, Marco Grilli, Vladimiro Striniati e Gaspare Nasuto), nel cartellone figurano anche produzioni di artisti internazionali, quali il duo belga Clais de Lune Theatre, l’ungherese Giulio Molnàr, i canadesi Les Sages Fous, applauditi assieme ad Antonio Pizzuto.

 

Nella sezione “Teatro Ragazzi” Mario Bianchi si muove tra i festival Segni d’Infanzia di Mantova e Zona Franca di Parma.

 

Anagoor sono “I protagonisti della giovane scena/38”. La compagnia di Castelfranco Veneto, fondata nel 2000, sviluppa un teatro di ricerca basato sull’assenza della parola e fondato su una drammaturgia in cui si intrecciano video, suono, musica, canto, elementi pittorici, evidenti in Giorgione e nella ultima creazione Fortuny, ispirata a Mario Fortuny, celebre artista, fotografo, esperto di illuminotecnica.

 

La consueta rassegna delle “Critiche” si presenta ricca di recensioni di spettacoli teatrali raccolti secondo criteri regionali.

 

Il testo pubblicato dalla rivista milanese è Babele di Ana Candida de Carvalho Carneiro (Premio Hystrio Scritture di Scena_35, edizione 2011.

 

Nella Biblioteca Albarosa Camaldo raccoglie le schede relative alle novità editoriali italiane legate alla cultura dello spettacolo.

 

Competono a Roberto Rizzente le tante e preziose informazioni raccolte ne “la società teatrale”.

 

 

 

di Massimo Bertoldi


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