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ARIEL, a. I, n.1, gennaio-giugno 2011
Semestrale di drammaturgia dell'Istituto di Studi Pirandelliani e sul Teatro Contemporaneo

pp. 212, euro 22
ISSN 1125-3967

«Due intellettuali del teatro; due amici, che hanno vissuto vite parallele, segnate da rapporti costanti, collaborazione e stima: e che ci hanno lasciato, entro un breve spazio di tempo, insieme lasciando un incolmabile vuoto» (Franca Angelini). Questo l’incipit dell’ultimo numero di «Ariel», dedicato ad Alessandro d’Amico e Luigi Squarzina, due uomini di teatro tout court, la cui opera viene rievocata da storici del teatro, attori, registi, allievi e amici. La loro collaborazione, iniziata nei primi anni Cinquanta nelle stanze della redazione dell’Enciclopedia dello Spettacolo, prosegue nella decade successiva per la realizzazione dell’ambizioso progetto della Biblioteca Museo dell’Attore di Genova (MBA), punto di riferimento internazionale per la ricerca storiografica teatrale. Aleggia, tra i due, la figura di Pirandello, oggetto di studio ricorrente nella loro lunga attività intellettuale.

 

Di Alessandro d’Amico, classe 1925, Dina Saponaro e Lucia Torsello rammentano i tratti salienti della biografia intellettuale: gli studi e la cronaca teatrale; l’impegno presso l’Enciclopedia dello Spettacolo, la monumentale opera ideata dal padre Silvio dove è caporedattore dal 1949; il teatro radiofonico degli anni Sessanta-Settanta; l’insegnamento all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica (1967-1970) e quello universitario a Lecce (1970-1975); gli studi pirandelliani e la pubblicazione dei quattro volumi di Maschere nude (1986-2007), esito di uno studio ventennale sull’opera del drammaturgo siciliano; la fondazione, nel 1966, insieme a Ivo Chiesa, del MBA di Genova, reso famoso con le mostre dedicate ad Adelaide Ristori, all’architetto e scenografo Virgilio Marchi o a Luigi Pirandello, per nominare alcuni nomi importanti.

 

L’opera del nostro studioso vine ricordata, in seguito, da attori, colleghi e amici di famiglia. Sono memorie intrise di stima e gratitudine quelle di Carlo Cecchi, risalenti alla primavera del 1974, in occasione della messinscena di L’uomo, la bestia e la virtù; così come quelle di Francesca Benedetti, legate invece all’esperienza dell’Accademia, di cui fu allieva. Annamaria Andreoli ricorda con un sorriso il “compagno di banco” Sandro, a partire dagli insegnamenti di Giovanni Macchia, rammentando le comuni peregrinazioni alla scoperta di Pirandello. L’intervento di Ferdinando Taviani propone il suggestivo progetto della pubblicazione di un libro unico e complessivo degli studi pirandelliani di d’Amico, rintracciandone un’ipotetica struttura. Roberta Carlotto racconta le innovative esperienze radiofoniche degli anni Settanta, coadiuvate da Lidia Motta, soffermandosi sui programmi animati da Carmelo Bene: dalle Interviste impossibili, dove il carismatico attore dava voce a famosi personaggi del passato, alla riscrittura di Salomè, fino alla trasposizione radiofonica di Cuore di De Amicis, progetto rimasto incompiuto.

 

Franco Ruffini riflette sulle opere maggiori del maestro Sandro: l’Enciclopedia dello Spettacolo e il Museo Biblioteca dell’Attore, quest’ultima importante soprattutto per avere accostato «il sapere dei libri con il sapere della scena». La promiscuità tra teoria e pratica del MBA viene marcata anche da Alessandro Tinterri, il quale ripercorre i momenti cruciali della sua storia: la scoperta degli archivi e cimeli di Adelaide Ristori e Tommaso Salvini, le mostre, i convegni, la pubblicazione del «Bollettino», l’arricchimento con ulteriori Archivi e Fondi, fino alla ‘normalizzazione’ nel 1987, anno dell’allestimento della seconda grande mostra al Teatro Massimo di Palermo dedicata a Pirandello capocomico. L’importante esperienza del MBA di Genova viene approfondita dallo stesso d’Amico nell’intervista rilasciata a Valentina Venturini (già apparsa in «Teatro e Storia», a. XVII, n.24, 2004), dove si esamina, inoltre, la recitazione dei grandi attori ottocenteschi. Tra lessico familiare e vocazione agli studi di Stefano Geraci si sofferma sugli anni di formazione di d’Amico, il periodo della seconda guerra mondiale. Concludono la voce su d’Amico due testi dello stesso: la trascrizione di un suo intervento al Convegno Le arti del Novecento e Carmelo Bene tenutosi  a Torino nel 2002 e il saggio L’attore italiano tra Otto e Novecento, analisi dell’arte scenica di alcune vette del teatro italiano: da Ettore Petrolini a Eleonora Duse ed Ermete Zacconi.

 

Del maestro Luigi Squarzina (1922-2010) Elio Testoni delinea una sintetica biografia mettendone a fuoco la poliedrica attività di regista, drammaturgo, docente, critico e saggista. Diplomato in regia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica nel 1945, Squarzina ha diretto diverse istituzioni teatrali, dal Teatro Ateneo di Roma al Teatro d’Arte Italiano che fonda nel 1952 insieme a Vittorio Gassman, passando poi per il Teatro Stabile di Genova che diresse per 14 anni, dal 1962, insieme a Ivo Chiesa approdando infine al Teatro di Roma (1976-1983). Fautore della regia critica che pose le basi del Nuovo Teatro italiano nel dopoguerra, Squarzina ha ampiamente concorso al rinnovamento della scena nazionale con i suoi 10 drammi, le 114 regie di prosa, 31 regie liriche, 8 televisive e 12 radiofoniche. Uno dei maggiori pregi da attribuire all’intellettuale romagnolo è la capacità di integrare storia e teoria del teatro con la pratica scenica. All’insegnamento universitario (nel 1970 è tra i fondatori del D.A.M.S. di Bologna) e alla direzione della Sezione Teatro Drammatico dell’Enciclopedia dello Spettacolo (1952-1957) accosta l’attività di drammaturgo e regista. Le quarantanove note di regia correlate ai suoi spettacoli, peraltro linfa vitale di diversi corsi universitari, ne rappresentano un esempio lampante. Alla luce di questi documenti Testoni analizza le messinscene squarziniane di Ibsen, Shakespeare (del quale propose un’Amleto, nel 1952, in edizione integrale da lui stesso tradotto) e dei classici greci, «perennemente contemporanei»; esamina infine il suo pensiero sul lavoro del regista che deve essere tutt’altro che demiurgico e autoritario, per cui «la vera ‘regia’ sarebbe formare una compagnia».

 

Eros Pagni racconta la sua esperienza di allievo e attore in molti spettacoli diretti da Squarzina. Lettera a Luigi Squarzina s’intitola invece l’omaggio di Paolo Puppa. Paolo Bosisio esamina il capitolo goldoniano della carriera registica di Squarzina, dallo storico e fortunato allestimento dei Due gemelli veneziani (1963) con Alberto Lionello nei panni del protagonista, alla Locandiera anticonvenzionale del 1991, che mette in scena una Mirandolina in veste di «matura donna d’affari». I contributi di Carmelo Alberti e Franca Angelini completano l’analisi delle messinscene goldoniane. Alberti approfondisce gli elementi costitutivi degli spettacoli, le scelte registiche e l’eco della critica, mentre l’Angelini si sofferma su un testo meno noto di Goldoni, L’avventuriere onorato. Fabio Nicolosi, allievo e collaboratore di Squarzina, indaga il lavoro del maestro sulla drammaturgia pirandelliana. Il rapporto con Pirandello, iniziato nel 1957 con la trasposizione scenica di Ma non è una cosa seria, è approfondito ulteriormente dallo stesso regista in un’intervista di Nino Borsellino del 1985. Seguono i ricordi di Glauco Mauri, interprete del personaggio di Tersite nella messinscena squarziniana di Troilo e Cressida (1964) prima, e di quello di Pécuchet in Bouvard e Pécuchet nel 1968. Marina Marcellini esamina, infine, le tre varianti della inedita commedia La ricercatrice, stese da Squarzina tra il 1993 e il 2001, un thriller sugli intrighi e segreti del mondo universitario.

 

 

di Adela Gjata


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