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Luigi Bonazzi

Gustavo Modena e l'arte sua


Perugia, Morlacchi editore, 2011, pp. XXXIV, 183
ISBN 978-88-6074-437-1

Esce sul finire del 2011, quinto numero della collana Spettacolo dell’editore perugino Morlacchi, la ristampa anastatica dell’edizione del 1865 di Gustavo Modena e l’arte sua, con una introduzione di Alessandro Tinterri. Si tratta di un libretto di meno di duecento pagine dedicato da Luigi Bonazzi al grande attore, maestro d’attori, patriota repubblicano.

 

Primo in Italia a ripercorrere le gesta di Gustavo Modena a pochi anni dalla sua scomparsa, il testo offre un’ampia panoramica sulla sua vita, dalla pratica del palcoscenico alla partecipazione ai moti repubblicani. D’altra parte non potrebbe essere altrimenti, perché se il patriottismo guida fino alla data della morte ogni azione e ogni scelta di Modena, i due aspetti sono tuttavia inscindibili, e nessun ritratto dell’attore che voglia tener conto di uno solo di essi può essere considerato completo. Bonazzi illustra benissimo il carattere dell’uomo tutto teso a servire la causa della libertà, tanto da eleggere questo motivo a filo rosso del suo racconto. L’esperienza della scena si intreccia continuamente con quella dell’uomo politico: le giovanili presenze tra le file dei ribelli del 1831 interrompono i primi successi di un attor giovane che aveva saputo sostenere, senza subirla, la vicinanza di interpreti del calibro di Luigi Vestri o Giuseppe De Marini; al contrario il rifugio in Inghilterra e le difficoltà economiche inducono Modena a tornare al teatro, dove si scopre eccellente narratore della Commedia dantesca; infine sono ancora la speranza e la fiducia nei nuovi moti che a partire dal 1848 ne fanno una figura evanescente della scena teatrale, sempre pronta ad abbandonare il palcoscenico per imbracciare il fucile.

 

Come detto, l’arte scenica non sfugge all’influenza del credo politico, ma è forse proprio da qui che scaturisce l’importanza della riforma teatrale di Gustavo Modena. Quando giovanissimo decide di costruirsi una compagnia, lo fa rompendo con tutte le consuetudini: gli attori che ne fanno parte sono giovanissimi, spesso filodrammatici, non ancora viziati dal modo di recitare di quelli che Bonazzi chiama «ciurmadori», tutti protesi a ricevere l’applauso attraverso una recitazione caricata e di maniera. Ai suoi Modena insegna il gusto di un’arte misurata, che cerca il punto di equilibrio tra il tragico e il comico in ogni personaggio, la sua verità. Ma soprattutto, e qui sta l’innovazione più grande per il teatro italiano del primo Ottocento, in ottemperanza alle sue convinzioni politiche, Modena opera una vera e propria riforma dei ruoli: egli accantona la pratica gerarchica dell’assegnazione delle parti, riservandosi il diritto di affidare di volta in volta agli attori i personaggi che più si addicono alle loro caratteristiche. Come Bonazzi sottolinea attentamente, questa decisione non proviene, come potrebbe essere per i padroni della scena che gli succederanno, dalla prepotenza del Grande Attore che si vuole unico beniamino del pubblico (tant’è che egli stesso rinuncerà talvolta a parti primarie per affidarle ai suoi allievi), quanto piuttosto dalla convinzione che l’arte non sia uno strumento per raggiungere un successo personale, quindi un fine, quanto piuttosto un mezzo. Leggiamo poche parole esemplari dell’autore del nostro testo: «Egli vide nell’arte drammatica, non già un’arte ricreativa, ma un magistero, un sacerdozio, un apostolato per promuovere le alte e generose passioni, e con queste le virtù civili, la libertà e l’indipendenza delle nazioni» (p. 11). Questa è la convinzione che lo spinge a seguire le orme del padre e che lo muove in tutta la sua carriera d’attore.

 

Ma il Modena di Bonazzi non si esaurisce qui, seppure, come abbiamo visto, da qui nasce alla scena. L’importanza di questo libretto sta anche nell’attenzione con cui l’autore riproduce davanti agli occhi dei suoi lettori, passo dopo passo, le migliori interpretazioni del grande attore. Pare infatti che egli fosse insuperabile nella parte di Saul nell’omonima tragedia alfieriana, e ancor più nelle vesti del protagonista del Luigi XI di Delavigne. Per costruire i suoi personaggi, Modena studiava il testo fino ad assimilarne «ogni fibra», fino a conoscere il cuore di Saul, di Luigi XI o di Roberto d’Arteveld (protagonista del Cittadino di Gand di Hippolyte Romand, altra parte in cui Modena era superbo, a detta di Bonazzi) e riprodurne il carattere. Le sue esibizioni non si fondavano sul gesto perennemente grave ed esagerato di chi vuole soggiogare il pubblico fino all’ultimo spettatore del loggione, ma invece sul contrasto improvviso tra i sentimenti e su un continuo gioco di sbilanciamenti nel tragico e nel comico, scena dopo scena. Da quello che si ricava dalle dettagliate descrizioni di Luigi Bonazzi, Luigi XI su tutti doveva apparire come una vero e proprio esempio di personaggio grottesco ante-litteram, ma l’effetto che aveva sul pubblico doveva essere di grande realismo, se riusciva a far «balzare dallo scanno lo spettatore facendogli sclamare: questo è vero!» (p. 72, corsivo dell’autore). Questo documento (preso con tutte le precauzioni del caso e senza dimenticarne l’intento encomiastico) è tanto più importante in quanto opera di un compagno di palcoscenico, di chi conosce il teatro da dentro e sa perciò guardarlo e descriverlo. In più, l’occhio di Bonazzi appare al lettore scevro da invidie o sentimenti di rivalità, così da offrire piuttosto un ritratto luminoso di quella che fu certamente una delle figure fondamentali del nostro Ottocento teatrale.

 

Infine, è doveroso rendere merito al caro Bonazzi per l’attenta, seppur parziale, descrizione che dà del teatro dei suoi anni. Nell’esaltare l’importanza del ruolo di Modena nel panorama spettacolare, non risparmia di darci informazioni sui teatri d’Italia e il loro pubblico, quasi città per città. Non manca di farci i nomi degli attori migliori che si spartirono le scene col suo preferito, prima e dopo l’esilio di quest’ultimo lontano dall’Italia. Elenca finalmente i drammi più rappresentati, restituendo un disegno preciso dell’offerta e del gusto contemporanei. Fa della sua operetta un tassello da consultare per chiunque voglia studiare il nostro teatro nel primo Ottocento.



di Lorenzo Galletti


La copertina

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