Il numero 172 di «Segnocinema» si
apre con le parole di Alexander Sokurov
intervistato da Marco Luceri in
occasione della Mostra del cinema di Venezia. Il regista russo, tornato in
patria con il Leone doro assegnato a Faust,
viene invitato a parlare del suo cinema, a motivare le sue scelte e a
raccontare, con la profondità che contraddistingue le sue opere, i rapporti con
le altre arti e con i tempi in cui viviamo. Lintervento che segue è quello di Marcello Walter Bruno. Il discrimine della “postumità” scopre
le radici e levoluzione di miti cinematografici quali zombie, vampiri,
licantropi e altre creature ‘mutate e ne illustra le possibili implicazioni
socio-antropologiche e talvolta politiche.
Le “riscoperte” di Paolo Cherchi Usai mettono in questo numero
laccento sulla figura di Pierre Étaix,
comico francese nato nel 1928 e ancora vivente. Quasi dimenticato oggi, (di lui
si è ricordato Aki Kaurismaki
offrendogli una piccola parte in Miracolo
a Le Havre, 2011) ma un tempo considerato al pari di Jacques Tati. Cherchi Usai ripercorre la sua carriera dallascesa
iniziata nei primi anni Sessanta fino al declino giunto nel 1970 con un film
rivelatosi un fallimento.
La parte centrale e più ricca del
numero riguarda il tema della Low
Definition, provocatoriamente portato allo scoperto in un momento in cui i
mezzi di riproduzione visiva (dal cinema e televisori 3D fino allepocale passaggio
al digitale delle antenne di casa nostra) puntano con insistenza sulla qualità
della definizione. Tutti i saggi di questo Segnospeciale
sono mirati a scoprire come si manifestino nel film quei valori storici
culturali ed estetici legati alla definizione dellimmagine, in questo caso
‘bassa. Lo si vede bene, come spiega Alessandro
Amaducci nellintervento Alla ricerca
dei pixel perduti, in quei film dove il medium
tecnico utilizzato (sia diegeticamente che extra diegeticamente) costringe a
pensarci. Ciò vale sia per quei film che sono stati girati con mezzi digitali e
che oggi mostrano la loro obsolescenza sia per quelli che per raccontare usano
immagini ad infrarossi, immagini di telecamere di sorveglianza o altri
dispositivi analoghi.
La conversazione con Peppino Ortoleva a cura di Silvio Alovisio e Enrico Terrone cerca di inquadrare il tema in una prospettiva di
storia dei media, partendo da Marshall
McLuhan, primo a introdurre il concetto di bassa definizione nella
ripartizione tra media caldi e freddi. Luca
Giuliani ripercorre un po di storia riguardo allintroduzione del colore e
mostra come non sempre la tecnologia legata alla definizione (il digitale in
questo caso) si sia mossa per ragioni estetiche.
La sezione prosegue poi con il
saggio di Yuri Lavecchia Questioni di grana grossa, dove lautore
si interroga sulluso estetico della bassa definizione e fornisce un piccolo
inventario dei tratti lo-fi più
utilizzati per ‘sporcare un film. Luca
Bandinelli sposta lindagine sul suono a bassa definizione, sottolineando
le differenze con le immagini e come i concetti di basso e alto possano essere
diversamente interpretati spostandosi da un ambito allaltro. A concludere la
sezione una piccola filmografia a bassa definzione, ovvero “10 (+1) esempi di
estetica LD nel cinema contemporaneo”.
Nelle rubriche che seguono le
recensioni dei film usciti nelle sale, sono da segnalare i resoconti di
importanti rassegne festivaliere quali Venezia, Locarno e Pordenone. In
chiusura Segnoserie Tv (a cura di Luca
Bandirali e Enrico Terrone)
analizza la prima stagione della serie americana Glee (B. Falchuk, 2009) e Actor Segno (a cura di Mariapaola Pierini) e Segnosound (a
cura di Paola Valentini) parlano
rispettivamente dei film I ragazzi stanno
bene (L. Cholodenko, 2010) e Il
Grinta J. E. Coen, 2010).
di Paolo Grassini
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