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Segnocinema, anno XXXI, n. 172, novembre-dicembre 2011


pp.80, Euro 6.50
ISSN 0393-3865
Il numero 172 di «Segnocinema» si apre con le parole di Alexander Sokurov intervistato da Marco Luceri in occasione della Mostra del cinema di Venezia. Il regista russo, tornato in patria con il Leone d’oro assegnato a Faust, viene invitato a parlare del suo cinema, a motivare le sue scelte e a raccontare, con la profondità che contraddistingue le sue opere, i rapporti con le altre arti e con i tempi in cui viviamo. L’intervento che segue è quello di Marcello Walter Bruno. Il discrimine della “postumità” scopre le radici e l’evoluzione di miti cinematografici quali zombie, vampiri, licantropi e altre creature ‘mutate’ e ne illustra le possibili implicazioni socio-antropologiche e talvolta politiche.

Le “riscoperte” di Paolo Cherchi Usai mettono in questo numero l’accento sulla figura di Pierre Étaix, comico francese nato nel 1928 e ancora vivente. Quasi dimenticato oggi, (di lui si è ricordato Aki Kaurismaki offrendogli una piccola parte in Miracolo a Le Havre, 2011) ma un tempo considerato al pari di Jacques Tati. Cherchi Usai ripercorre la sua carriera dall’ascesa iniziata nei primi anni Sessanta fino al declino giunto nel 1970 con un film rivelatosi un fallimento.

La parte centrale e più ricca del numero riguarda il tema della Low Definition, provocatoriamente portato allo scoperto in un momento in cui i mezzi di riproduzione visiva (dal cinema e televisori 3D fino all’epocale passaggio al digitale delle antenne di casa nostra) puntano con insistenza sulla qualità della definizione. Tutti i saggi di questo Segnospeciale sono mirati a scoprire come si manifestino nel film quei valori storici culturali ed estetici legati alla definizione dell’immagine, in questo caso ‘bassa’. Lo si vede bene, come spiega Alessandro Amaducci nell’intervento Alla ricerca dei pixel perduti, in quei film dove il medium tecnico utilizzato (sia diegeticamente che extra diegeticamente) costringe a pensarci. Ciò vale sia per quei film che sono stati girati con mezzi digitali e che oggi mostrano la loro obsolescenza sia per quelli che per raccontare usano immagini ad infrarossi, immagini di telecamere di sorveglianza o altri dispositivi analoghi.

La conversazione con Peppino Ortoleva a cura di Silvio Alovisio e Enrico Terrone cerca di inquadrare il tema in una prospettiva di storia dei media, partendo da Marshall McLuhan, primo a introdurre il concetto di bassa definizione nella ripartizione tra media caldi e freddi. Luca Giuliani ripercorre un po’ di storia riguardo all’introduzione del colore e mostra come non sempre la tecnologia legata alla definizione (il digitale in questo caso) si sia mossa per ragioni estetiche.           

La sezione prosegue poi con il saggio di Yuri Lavecchia Questioni di grana grossa, dove l’autore si interroga sull’uso estetico della bassa definizione e fornisce un piccolo inventario dei tratti lo-fi più utilizzati per ‘sporcare’ un film. Luca Bandinelli sposta l’indagine sul suono a bassa definizione, sottolineando le differenze con le immagini e come i concetti di basso e alto possano essere diversamente interpretati spostandosi da un ambito all’altro. A concludere la sezione una piccola filmografia a bassa definzione, ovvero “10 (+1) esempi di estetica LD nel cinema contemporaneo”.

Nelle rubriche che seguono le recensioni dei film usciti nelle sale, sono da segnalare i resoconti di importanti rassegne festivaliere quali Venezia, Locarno e Pordenone. In chiusura Segnoserie Tv (a cura di Luca Bandirali e Enrico Terrone) analizza la prima stagione della serie americana Glee (B. Falchuk, 2009) e Actor Segno (a cura di Mariapaola Pierini) e Segnosound (a cura di Paola Valentini) parlano rispettivamente dei film I ragazzi stanno bene (L. Cholodenko, 2010) e Il Grinta J. E. Coen, 2010).      

di Paolo Grassini


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