Alla voce e alla parola in quanto phoné è dedicato Teatri di voce, il ventesimo numero di «Culture teatrali»: superando il significato prettamente verbale, la voce viene indagata nei suoi molteplici aspetti, non solo come esito di un gesto corporeo che a sua volta diventa materia e scrittura, ma anche nel suo rapporto con la testualità a partire da un percorso che dai primi decenni del Novecento, con Artaud e Decroux, giunge fino ai nostri giorni, con il Workcenter di Jerzy Grotowski e Thomas Richards e la Socìetas Raffaello Sanzio.
Marco De Marinis inaugura il volume con un saggio sulle nozioni di «poesia come corpo-voce» e della voce scenica in quanto «azione vocale o sonora» nel teatro del Novecento. Lautore, analizzando in particolare le visioni teatrali di Artaud e Decroux, dimostra la totale inadeguatezza di dicotomie come teatro del corpo/teatro di parola. Le ricerche dei pedagoghi francesi sulle azioni fisiche sono di fatto inscindibili dalle indagini sulla voce. Artaud esamina le qualità sonore e vibratorie della parola fin dai primi anni Trenta, riflessioni che cerca di verificare inizialmente con la messa in scena dei Cenci fino allinvenzione delle glossolalie – la lingua sonorizzata che costituisce il testo delle letture poetiche degli ultimi anni. Decroux invece accostava alle ricerche sul mimo corporeo quelle sul mimo vocale, che consisteva nella creazione di un nuovo linguaggio costruito dalle sonorità «emesse involontariamente durante lesecuzione del movimento».
Lucia Amara sviluppa le riflessioni sulla parola come vocalità in Artaud concentrandosi sullultima fase delle sue ricerche teatrali, che De Marinis definisce come “Secondo Teatro della Crudeltà”. In Sostanza sonora e vocazione performativa nelle glossolalie di Artaud vengono analizzati gli scritti composti dallartista francese tra il 1943 e il 1948: da Il ritorno della Francia ai sacri principi allemissione radiofonica Pour en finir avec le jugement de Dieu andato in onda nel 1947. Si tratta di testi composti in occasione di letture pubbliche, basati sulla scomposizione e sonorizzazione della parola tramite i principi della ripetizione e variazione ritmica.
Piersandra di Matteo analizza la vocalità in quanto phoné – nei registri di grido, balbettio, onomatopea – senza trascurare il suo rapporto con la lingua scritta e orale. Lautrice si sofferma particolarmente sulleffetto sensoriale e psico-fisico della parola e sul connubio/scissione fra verbo e corpo nelle creazioni della Socìetas Raffaello Sanzio e della formazione londinese di Bock e Vicenzi.
Azione vocale: discorso musicale e polifonia scenica di Ernani Maletta dimostra quanto i principi del linguaggio musicale influiscano nella formazione dellartista teatrale soprattutto per quel che riguarda la valorizzazione delle sue potenzialità vocali. Lautore brasiliano parte dalle sperimentazioni dei maestri riformatori del Novecento teatrale per poi soffermarsi sullattività artistica e pedagogica di Francesca Della Monica, attività incentrata sullapplicazione dei codici musicali alla prassi scenica.
Il complesso saggio di Tihana Maravic coniuga invece il concetto del “santo folle”, che trova la sua maggiore ricchezza espressiva nel Cristianesimo Ortodosso, al lavoro del Performer grotowskiano, fenomeno già ravvisabile nella filosofia di fondo dellApocalypsis cum figuris (1969), ultimo spettacolo del maestro polacco.
Silvia Mei compie
unanalisi iconografica della voce di Mina,
partendo dal video della celebre canzone Ancora
ancora ancora (1978), più volte censurato per i richiami erotici delle
immagini. Lautrice definisce il «corpo-volto» della cantante come parte
integrante della sua voce: un trait
dunion tra le parole e la musica. Il «corpo-voce-volto» di Mina diventa il
«ritratto della sua voce», come dimostrano le caricature fantasiose che
costituiscono le copertine dei suoi recenti album.
Il saggio
di Charlotte Ossicini indaga le
tendenze della letteratura e della drammaturgia in epoca postmoderna,
caratterizzate dalla decostruzione del linguaggio e del personaggio-eroe e il conseguente
ritorno del coro. Il passaggio dallespressione «predrammatica» (del teatro
antico) al «prediscorsivo» (che caratterizza la scena contemporanea) coincide,
secondo Ossicini, con levoluzione della vocalità corale e la creazione di uno
spazio sonoro: ne sono testimoni certi spettacoli memorabili di Max Reinhardt e Einar Schleef.
Conclude
la sezione Teoriche del periodico
lintervento di Marco Galignano
sugli studi audiopsicofonologici di Alfred
Tomatis (versione completa consultabile su www.cultureteatrali.org), parte del recente volume
Arte, Pedagogia e Scienza della Voce.
Galignano utilizza le ricerche dellotorinolaringoiatra francese sulla voce, la
sua emissione e ricezione, come punto di partenza per le riflessioni legate alla
pedagogia vocale nella prassi scenica.
Nella sezione Poetiche troviamo gli scritti di artisti le cui ricerche sulla voce scenica rappresentano il tratto rilevante del loro percorso: da Moni Ovadia che riscopre la valenza intima e mistica del canto in quanto «viaggio nellinteriorità» al concetto di «oralità scritta» o «scrittura orale» di Enzo Moscato che intende conciliare così lopposizione tra verbo e testo. Lettera
su ciò che non scriverò di Mariangela Gualtieri auspica il ritorno della parola valorizzata
nelle sue qualità sonore e semantiche. Laura
Mariani analizza invece le tecniche vocali
di Ermanna Montanari, attrice, scrittrice e fondatrice del Teatro delle
Albe, la cui poetica sviluppa le intuizioni di Carmelo Bene e Leo de
Berardinis nel campo delle sperimentazioni sulla voce umana. Marco
Isidori e Maria Luisa Abate riportano il pensiero di “voce teatrale”
nella qualità di suono vibratorio, maturato in oltre 25 anni di sperimentazioni
con lensemble Marcido. Infine Kinkaleri racconta il lavoro fatto
per la messa in scena de Le serve di Genet, ultimo stadio del
progetto sul ventriloquismo sviluppato nellarco del biennio 2009-2010.
I materiali del Dossier si soffermano su due delle più significative realtà teatrali dei nostri giorni: il Workcenter di Pontedera e la Socìetas Raffaello Sanzio. Thomas Richards e Mario Biagini, eredi delle ricerche grotowskiane nellambito dellArte come Veicolo, illustrano le linee direttrici dei gruppi di lavoro da loro diretti: il Focused Research Team in Art as Vehicle e lOpen Program. Entrambi i progetti coniugano il lavoro sugli antichi canti di tradizione alle azioni del Performer, riscoprono la parola poetica nelle sue qualità ritmiche, sonore e sensoriali e nella potenzialità di avvicinamento tra attanti e partecipanti. Lesperienza della Socìetas in rapporto al lavoro sulla vocalità, dalla decostruzione del linguaggio alle implicazioni filosofiche della phoné, viene invece analizzata dagli scritti dei suoi fondatori Romeo Castellucci e Chiara Guidi.
Conclude questo numero monografico di «Culture teatrali» unantologia delle più significative pubblicazioni novecentesche dedicate al tema della voce. Si tratta di studi che appartengono a diversi ambiti disciplinari – dalla critica letteraria alla filosofia e antropologia – e che costituiscono unulteriore e preziosa strumentazione per lo studioso di teatro.
di Adela Gjata
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