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Segnocinema, anno XXXI, n. 170, luglio-agosto 2011


n.170, Luglio-Agosto 2011, pp.80, Euro 6,50
ISSN 0393-3865

Ricorrenza particolare quella del n. 170 di «Segnocinema» che celebra con questa uscita i trent’anni della rivista, nata appunto nel 1981. In merito all’anniversario troviamo in apertura un lungo elenco di nomi che ricorda tutti i collaboratori dalla nascita ad oggi.

Prima tra le rubriche consuete è invece Questions and Answers che lascia parlare due insigni critici, Roberto Bertetto e Antonio Canova, della loro attività di romanzieri.

Per Saggi e interventi Roberto Chiesi in The three of a film critic si interroga sui ricorrenti pronunciamenti della critica sulla morte del cinema d’autore. Per farlo non può che partire dalle opinioni dei colleghi. In questo caso quella di Alberto Pezzotta, riportata da un suo articolo pubblicato su Cineforum (n.496, luglio-agosto 2010) in cui l’assunto è appunto quello che sancisce la morte del cinema d’autore. Chiesi, che non condivide questa visione raccomanda di cercare le differenze tra la cultura cinematografica italiana e quella di altri grandi paesi europei. Coglie inoltre l’occasione per ricordare che la legittimazione di modelli ben lontani da quello autoriale, ma anche dall’onesto mestiere viene da dire (un esempio per tutti: la sexy commedia italiana degli anni ’70 e ’80) ha dato luogo a una sorta di relativismo estetico in cui tutto può avere uguale dignità e uguale pregio.

Paolo Cherchi Usai per Gli anni luce riporta la storia del film Tempesta sul Balaton (Itél a Balaton, 1933) dell’ungherese Paul Fejos. Il regista dopo aver conosciuto la fortuna lavorando per gli studios di Hollywood, torna in Europa (si dedica tra l’altro all’etnografia) e realizza questo film,  a quanto pare mai uscito in Italia. Oggi ne rimangono due versioni, entrambe diverse dall’originale non più disponibile e con evidenti differenze di senso tra di esse.

Flavio de Bernardinis con Il recitar credendo dedica la sua attenzione alla drammaturgia di Mario Martone che attinge dall’Ottocento (a teatro con Le operette morali al cinema con Noi credevamo) per rappresentare un ethos nazionale forse mai costruito bene sugli schermi o sui palcoscenici italiani.         

Distanza critica, distanza storica è il saggio di Marcello Walter Bruno che si domanda come il cinema si possa confrontare con la storia e con l’attualità in un’epoca di alta densità mediatica. Nello stesso contesto si parla poi di invasione di campi, con le serie tv che si trasformano in film da sala e di strumenti pseudo cinematografici come i videofonini.

In questo numero ha una centralità la rubrica Segnospeciale che nel ricordare il trentennale anziché perdersi in celebrazioni del passato propone un Alfabeto del cinema futuro, ovvero ventisei voci (da Avanguardia a Zapping) compilate dai collaboratori della rivista chiamati a pronunciarsi su cosa si aspettano dal cinema del futuro.

Seguono le recensioni dei film chiuse da Splitsegno (due recensioni di segno opposto) dedicato al film di Terrence Malick The Three of Life.

Quasi ovvio che la rubrica Festival e rassegne sia quasi tutta per Cannes di cui si elogia la scelta dei film in concorso, mentre non ugualmente positivo è il giudizio per le altre importanti sezioni Quinzaine des Réalisateurs e Un Certain Regard. Alcune pagine sono infine riservate alla tredicesima edizione del Far East Film Fest di Udine.

Nelle consuete rubriche di chiusura da segnalare SegnoSerie TV in cui si parla di Carlos, produzione franco tedesca incentrata sulla vita e le azioni del terrorista internazionale da cui la serie prende appunto il nome.

Actorsegno a cura di Cristina Jandelli si sofferma invece sulla eccellente (e pure controversa) performance di Natalie Portman nel film Il cigno nero di Darren Aronofwsky.

Per il cinema da ascoltare, SegnoSound, spazio curato da Paola Valentini sceglie Il discorso del re di Tom Hooper, film costruito in fondo su una voce, ma che per essere in pieno apprezzato - e c’è da crederlo - deve essere visto in versione originale.       

di Paolo Grassini


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