Lo scrittore Gian Luca Favetto
apre il nuovo numero di «Duellanti» con un articolo commuovente e appassionato
sulla tragedia che lo scorso marzo ha colpito il Giappone. Il terremoto, lo
tzunami e il pericolo del nucleare conquistano lattenzione della rivista,
occupando lintera sezione “radiografie”. Ricordando la sua prima esperienza di
contatto con una civiltà «straniera, ma non estranea», Favetto riflette
sullapparente distanza che divide Oriente e Occidente, notando come si
trasformino gradualmente in sentimento didentità e di appartenenza.
Aya Shigefuji, redattrice della
rivista, in visita a Tokyo al momento del terremoto, racconta la sua tragica esperienza
concentrandosi in particolare sulla resistenza del popolo giapponese al sistema
di «(dis)informazione» dei media locali. La giornalista di origine nipponica dà
vita a un vero e proprio diario scandito dal racconto della sua personalissima avventura
(senza rinunciare a confessare le sue paure e le sue ansie) che alterna a puri
fatti di cronaca: televisioni e giornali tacciono sulla nube tossica. Le vere
risposte a drammatici interrogativi si riescono a ottenere solo dallestero; la
rete è lunico mezzo per rimanere informati in tempo reale: «stare lì, connessa
con quel mondo virtuale, pieno di persone che si scambiano commenti, mi fa
sentire meno sola». Lo scarseggiare di cibo, la paura della contaminazione
nucleare e il senso di spaesamento si uniscono allautocensura del governo nei
confronti delle esplosioni nelle centrali sparse in tutto il Paese. Frustrata
dal senso di colpa, la Shigefuji decide di trasferirsi in Italia, commentando
linteresse di televisioni e carta stampata a distanza di pochi giorni: «una
ricerca affannosa e quasi estenuante per avere aggiornamenti su quello che fino
a ieri era al primo posto dellagenda mediatica. È come una giostra che
ruotando vorticosamente su se stessa cancella e sostituisce, si accanisce e poi
dimentica».
In totale contraddizione con
lopinione espressa dallo scrittore Gian Luca Favetto, lartista Valerio
Berruti pone laccento sullenorme divario esistente tra il popolo italiano e
quello nipponico, senza tuttavia fornire opinioni originali, rischiando la
banalità e il luogo comune.
Sempre nella stessa sezione,
Riccardo Mazzon propone uninusuale analisi sulla ripetizione di certe immagini
nel corso della Storia. Concentrando il nostro sguardo sul Paese del Sollevante
possiamo verificare un dato estremamente rilevante: i fumetti, i film e i
cartoni animati prodotti in Giappone denotano come il «luogo dellimmaginario»
di questo popolo sia lesplosione di luce, la mutazione genetica. Akira,
i Pokémon, Dragon Ball rappresentano solo gli esempi più famosi.
In realtà «decine di altri manga (e non) attingono allimmaginario
radioattivo». A concludere lo spazio dedicato alla catastrofe giapponese,
Franco Marineo interviene a proposito della sovrapposizione tra realtà e
finzione che, a partire dall11 settembre 2001, si verifica ogni qual volta i
nostri occhi si trovano di fronte a un immaginario apocalittico. Usando le
parole di Jean Baudrillard: «è come se la realtà fosse invidiosa
della finzione, che il reale fosse geloso dellimmagine... È una specie di
duello tra loro, a chi sarà il più inimmaginabile». Marineo sviluppa questo
pensiero aggiungendo: «se si manifestano eventi la cui visualizzazione supera
il limite di ciò che credevamo racchiuso nellorizzonte del pensabile, ci
sorprendiamo a riflettere che siamo spettatori di “immagini inimmaginabili” e
subito, piuttosto curiosamente, proviamo a rintracciare, nel campo mnemonico
delle immagini che abbiamo attraversato nel passato, sequenze simili, frammenti
visivi gemelli, racconti adiacenti a quelli che travolgono la nostra
quotidianità spettatoriale».
Per la sezione “incontriepercorsi”,
Marco Chiani intervista Filippo Marcelloni, coautore insieme a Roberto
Faenza del lungometraggio Silvio Forever. Il regista spiega le logiche
che hanno dato forma alla sua opera, ovvero il montaggio di materiali
eterogenei, che hanno lasciato sulla scena un solo uomo: il mattatore Berlusconi.
Silvio Forever rappresenta un lavoro spurio, composto da materiale di
archivio, filmati televisivi e video caricati su YouTube. A questa composizione
hanno lavorato i giornalisti Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo.
Il redattore sottolinea come Marcelloni rifletta sulle potenzialità del
linguaggio. Secondo il regista, «se si facesse lesame esatto delle parole che
usa, non credo risulterebbero essere più di cinquanta. Mentre la sinistra e
tutti gli altri partiti cercano leloquio e le astrusità, con la conseguenza di
non arrivare alla pancia della gente, lui centra il bersaglio con un linguaggio
scarno, essenziale. A forza di martellare, proprio come succede con la pubblicità,
ciò che dice ti entra in testa. La sua è vera e propria scienza, quella del
marketing applicato alle menti». Lanalisi del film prosegue con altri due
interventi: il primo, firmato da Gianni Canova, tende a considerare Silvio
Forever un involontario testo apologetico e devozionale del personaggio
Berlusconi. Il secondo, scritto da Riccardo Caccia, non risulta una vera e
propria recensione del film, quanto piuttosto una serie di constatazioni sul “berlusconismo”.
Il numero di aprile prosegue con lapprofondimento su Il gioiellino di Andrea
Malaioli, che dopo gli orrori della porta accanto messi in scena ne La
ragazza del lago, passa agli orrori della finanza “creativa”,
diabolicamente attuati da unazienda agroalimentare chiamata Leda,
identificabile nella Parmalat di Callisto Tanzi. Luca Barnabé intervista
il regista quarantenne, ponendo laccento sulle analogie e i rimandi al crac
della grande impresa italiana. A questo proposito Malaioli afferma: «lazienda
al centro del film rappresenta un caso di simulazione clamoroso. Questi manager
occultano la realtà, manipolano, gonfiano e falsificano i conti. Leda appare
piena di salute mentre sta collassando e soffocando in problemi sempre più
gravi. È una delle caratteristiche dell “Italia senza vergogna” contemporanea,
la società dellapparenza e della presunzione, dove sembra non esistere una
verità oggettiva». A differenza di Barnabé e Rocco Moccagatta, Marco Toscano si
concentra sul personaggio di Ernesto Botta (alias Callisto Tanzi) interpretato
da Toni Servillo, ponendo laccento sul suo ruolo di supremo mistificatore.
Le numerose interviste di questo
numero vedono come protagonisti anche Gore Verbinski e Paul Haggis.
Il primo risponde alle domande di Marzia Gandolfi a proposito di Rango,
western anomalo grazie al quale il regista polacco è approdato nel mondo
dellanimazione digitale. Haggis, incontratosi con Federico Gironi, racconta la
genesi di The Next Tree Days, un thriller che pone interrogativi morali,
riflettendo ancora una volta sul dibattito dei valori americani con lo scopo di
metterne a nudo le contraddizioni.
Nella sezione dedicata alla Berlinale,
spicca lintervento di Carlo Chatrian su Nader and Simin, a
Separation, con cui questanno il regista iraniano Asghar Farhadi
si è aggiudicato lOrso doro. Secondo il critico, nellunità di una
drammaturgia di base, ciò che rende unico il discorso di Farhadi è «lallargamento
della prospettiva». Le sue sceneggiature considerano luomo come un animale
sociale e tendono a mettere in rilievo come la vita in comunità male si adatti
al desiderio di verità e comprensione proprio degli individui. Per Chatrian, da
questo assunto deriva la questione al centro di tutto il cinema contemporaneo,
ovvero la dialettica tra lessere e lapparire. «Che si chiami dogma religioso
o convenzione sociale, rispetto dellautorità paterna o orgoglio individuale,
tutti i personaggi risultano vittime di una devozione tanto paradossale, quanto
tragica. In questa visione la società iraniana non è più il teatro di una
singolarità deprecabile, ma la scena in cui si acutizza una malattia diffusa».
Per concludere, restano da
segnalare i ricordi di due mitiche e insostituibili personalità del cinema
statunitense, scomparse di recente: Fabio Vittorini ripercorre la brillante
carriera di Elisabeth Taylor, mentre Federico Pedroni ricorda un maestro
della commedia americana, il genio dissacrante Blake Edwards.
di Francesca Valeriani
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