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Ruzante

Moschetta

A cura di Luca D’Onghia

Venezia, Marsilio, 2010, pp. 391, € 40,00
ISBN 978-88-317-0596

Dopo l’edizione curata da Ludovico Zorzi (Ruzante, Torino, Einaudi, 1967), Luca D’Onghia propone una nuova e completa edizione della Moschetta, raccolta in un volume di Marsilio che inaugura il progetto editoriale dedicato a Il Teatro di Angelo Beolco il Ruzante diretto da Ivano Paccagnella.

Nella esaustiva e articolata Introduzione D’Onghia affronta con rigore scientifico e competenze filologiche molte questioni ancora dibattute relative al capolavoro del commediografo padovano che si colloca nella fase centrale della produzione, fiancheggiato dal Parlamento, Dialogo secondo (o Bilora), Dialogo facetissimo e Fiorina. D’Onghia svincola la struttura dei cinque atti dal modello plautino-terenziano imperante nel Cinquecento: mancano vecchi e giovani, servi e padroni, ossia gli ingredienti basilari per il lieto fine. «Quel che accade in scena non fa che ristabilire lo status quo desiderato dal marito, interessato a riprendere la propria relazione adulterina con Betìa e farla da padrone in casa del compare Ruzante» (p. 18). Mancando il problema della fame e le opposizioni sociali, il tessuto narrativo della Moschetta si cala nell’intimità assai poco rassicurante, anzi crudele, della dimensione domestica degli affetti. Abbondano nel testo metafore e similitudini che connotano i comportamenti umani in senso animalesco, quale sintomo del degrado ferino che definisce le manifestazioni dell’amore. Esauriti il minuzioso esame della psicologia dei personaggi e l’analisi dell’uso del dialetto bergamasco da parte di Tonin, si passa al problema della datazione della Moschetta, che D’Onghia affronta analizzando la prima edizione della commedia, realizzata nel 1551 da Stefano Alessi, e L’egloga da ruzante nominata la moschetta (Codice Marciano Italiano XI 66), che contiene il prologo e l’inizio del primo atto di una redazione precedente. Assumendo le testimonianze raccolte dal biografo Girolamo Garofano, lo studioso sostiene che il commediografo padovano si sia recato tre volte a Ferrara e sempre in circostanze legate a manifestazioni carnevalesche: nel 1529 come raccontato da Cristoforo Messisbugo; l’anno dopo quando recitò la Moschetta marciana nella stessa circostanza in cui Ludovico Ariosto propose la replica della Lena e il secondo Negromante; nell’anno 1532 secondo la fondamentale testimonianza di una lettera di Ruzante al duca d’Este. Così il termine post quem della commedia ruzantiana sarebbe il 1530, mentre la stesura dell’Egloga-Moschetta si situerebbe tra il 1529 e il 1530. Il termine ante quem è stabilito nel 1533, per la presenza di contaminazioni riscontrate nel Marescalco di Pietro Aretino, rielaborato in quell’anno.  

Se l’esperienza ferrarese è unanimemente considerata decisiva nel percorso creativo del Beolco, come dimostrato dal legame con Ariosto che determinò in Ruzante l’esperienza della commedia regolare (Piovana e Vaccaria), è ipotizzabile che anche la Moschetta abbia esercitato una certa influenza nell’intreccio narrativo della Lena (atto III, scena 2) e in parte nella Cassaria in versi anche se, osserva D’Onghia, «si tratta certo di un manipolo di passi la cui importanza non potrà essere esagerata» (p. 61).  

Oltre al testo della Moschetta, corredato da un ricco apparato di note, il volume di Marsilio pubblica L’Egloga de Ruzante nominata La Moschetta, l’Intermedio d’una commedia de Ruzante alla Pavana, il Rasonamento de Ruzante. Completano l’impianto filologico la sinossi di Egloga, Intermedio, Rasonamento, l’indice delle parole e dei fenomeni linguistici annotati e la ricca e aggiornata bibliografia.

 

di Massimo Bertoldi


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