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Jura Soyfer

Teatro I e II

A cura di Hermann Dorowin
Traduzione di Laura Masi

Perugia, Morlacchi, 2011, vol I, pp. 394, € 15,00 ISBN 9788860743855; vol. II, pp. 324, € 15,00 ISBN 9788860743862

Accogliamo con grande piacere e interesse l’uscita dei due volumi curati da Hermann Dorowin che colmano finalmente una lacuna nella ricezione dei testi di Jura Soyfer in Italia. Nato in Ucraina nel 1912, cresciuto a Vienna, intellettuale antifascista, militante nelle fila della sinistra socialista e poi comunista nell’illegalità, poeta satirico e lirico, giornalista, autore di commedie e di un romanzo sulla fine della socialdemocrazia austriaca, Soyfer rappresenta una vera e propria eccezione nel panorama culturale austriaco degli anni Trenta, caratterizzato anche nei migliori autori da paralisi creativa e dalla fuga nel mito asburgico. Non a caso già nel 1946 un numero speciale del «Politecnico» dedicato alle giornate di febbraio del 1934, vale a dire alla guerra civile combattuta per le strade della “Vienna rossa” e all’avvento dell’austrofascismo, inserisce nelle pagine sulla cultura dell’epoca il Canto di Dachau di Soyfer tradotto da Franco Fortini.

 

È tuttavia a partire dagli anni Ottanta che Soyfer vanta in Italia una piccola ma molto attiva cerchia di studiosi e ammiratori che ha promosso non solo la traduzione in lingua italiana di sue poesie, prose giornalistiche e del romanzo Così morì un partito, ma anche fortunati allestimenti scenici delle sue commedie e convegni, nonché prodotto contributi critici di rilievo. L’esauriente bibliografia che chiude questa raccolta dei maggiori testi teatrali di Soyfer testimonia del resto l’interesse internazionale che ha suscitato e continua a suscitare l’opera dell’autore austriaco. Come sottolinea anche il curatore il fascino che emana ancora oggi dalla figura di Soyfer scaturisce dalla fantasia, ironia e vitalità dei suoi scritti e che risaltano ancora di più a fronte della tragica e prematura morte dell’autore nel campo di concentramento di Buchenwald. Inoltre quella di Soyfer è una produzione che per originalità e intelligenza critica riesce a rendere come forse nessun’altra l’atmosfera dell’Austria alle soglie dell’Anschluß. Così nell’accurata e illuminante introduzione a quest’edizione Dorowin traccia un ritratto puntuale e appassionato di una vicenda umana e di un periodo storico, collocando l’opera di Soyfer sia nel solco di una tradizione culturale specificamente austriaca e nel contempo europea, sia nell’ambito del dibattito culturale e dello scontro politico dell’epoca.

 

Cinque sono le commedie di Soyfer che ci sono giunte per intero, frutto di un’intensa attività scrittoria concentrata tra il 1935 e il 1937, destinata a quei piccoli teatrini allestiti nei caffè viennesi che erano sorti per sfuggire in qualche modo alla censura e ai controlli del regime. Nonostante la condizione di precarietà in cui nacquero e la scarsità di risorse e mezzi tecnici Soyfer, attento conoscitore della tradizione teatrale viennese, affidò ai suoi testi drammatici l’ambizioso tentativo di creare un nuovo teatro popolare che non fosse semplice cabaret o spettacolo di evasione ma si richiamasse all’esempio del teatro comico di Nestroy o Raimund, vale a dire un teatro ricco di invenzioni fantastiche e linguistiche, capace di divertire e insieme di affrontare seriamente problemi contemporanei. Nacquero così: Weltuntergang (Fine del mondo), sguardo ironico sul comportamento degli uomini di fronte ad una catastrofe annunciata e imminente; Der Lechner Edi schaut ins Paradies (Edi Lechner guarda in paradiso), fantastico viaggio a ritroso nel tempo di un ex-operaio alla ricerca delle cause della disoccupazione; Astoria, farsa grottesca sulla truffaldina invenzione di un paese privo di realtà territoriale, che si rivela tuttavia una perfetta macchina statale di guadagno e oppressione; Vineta, metafora allucinata di una società di automi, ambientata in una città sommersa in fondo al mare; Broadway-Melodie 1492, adattamento del dramma Kolumbus di Tucholsky e Hasenclever, che reinterpreta in chiave antimperialista la scoperta dell’America. 

 

L’ottima traduzione di Laura Masi riesce a trasmettere la vivacità e la freschezza di queste commedie. Pur nell’impossibilità di rendere sempre giustizia alle sfumature dialettali e ai conseguenti allusivi giochi di parole, lo scorrevole italiano del testo e le attente ed equilibrate scelte linguistiche della traduttrice permettono di cogliere la tipica mistura soyferiana di tono leggero e di serietà di fondo. Soyfer trasforma infatti la satira sull’attualità in un’attenta analisi e in un atto di denuncia di comportamenti e situazioni che assume una valenza più ampia. Così una commedia come Fine del mondo si riferisce certo alla dittatura e guerra incipienti, ma in senso più ampio mostra la cecità e pigrizia degli uomini, incapaci di reagire alla propaganda e alla pubblicità, nonché il problematico rapporto tra intellettuali, scienziati e potere. Analogamente nel Lechner Edi si affronta il complesso rapporto tra il progresso scientifico e quello culturale e sociale. Astoria stigmatizza l’alleanza tra stato clerico-fascista e capitalismo, e insieme i meccanismi tipici della ricerca del consenso di massa, mentre Vineta è sì un altro nome per quella Vienna che stava per essere travolta dal nazismo, ma anche il ritratto inquietante e assurdo di quella società che dimentica la storia e aliena l’uomo.

  

L’analisi e il commento delle singole opere contenuta nell’introduzione evidenzia inoltre la varietà di approcci nella resa drammatica di una determinata tematica: dall’uso di una cornice fantastica per contenere un’“azione interna” realistica all’inserimento al contrario di una vicenda irreale in una cornice realistica. I due livelli assumono di volta in volta tratti umoristici, satirici, onirici, grotteschi, mantenendo sempre viva la dimensione di critica politica e il messaggio utopico. Nei drammi troviamo così accanto a scene divertenti e trovate esilaranti, momenti di riflessione e persino, come nel caso di Vineta, tragici e angoscianti. In particolare alle canzoni sparse nei testi Soyfer affida la sua denuncia delle ingiustizie sociali, le sue osservazioni psicologiche, le sue speranze di rigenerazione dell’umanità. La canzone della terra intonata dalla cometa Konrad che all’ultimo momento decide malgrado tutto, di risparmiare il pianeta (in La fine del mondo), o La canzone del vagabondo che chiude Astoria, così come La canzone dell’uomo semplice (contenuta in un altro testo teatrale andato purtroppo perduto), sono tra le migliori liriche di Soyfer e riassumono i sogni e le speranze di un’intera generazione.

 

Se il testo tedesco a fronte consente di compiere un immediato confronto tra la versione italiana e l’originale, il ricco apparato di note a commento delle commedie fornisce per altro informazioni utilissime sul contesto storico e sul dialetto viennese. In realtà anche senza dovere necessariamente ricorrere a questi supporti il lettore di oggi ha modo di apprezzare l’efficacia della costruzione teatrale di questi drammi, sviluppati con grande coerenza e senso della messa in scena, come nota Dorowin, intorno ad una geniale idea o trovata di fondo. L’augurio dei curatori è che queste traduzioni contribuiscano a fare conoscere e amare i testi di Jura Soyfer ad un pubblico più vasto. Come hanno mostrato finora diversi esempi di adattamento scenico dell’opera di quest’autore scomparso all’età di soli ventisei anni, il suo teatro, i suoi versi, la sua stessa figura si rivelano particolarmente adatti ad avvicinare un pubblico giovane ad argomenti seri e perfino tragici e a testimoniare una fede incrollabile nella vita e nell’arte anche in tempi difficili e situazioni estreme.


di Alessandra Schininà


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