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North-West Passage 7, 2010


n. 7, 2010, pp. 116, € 18
ISSN 978-88-7470-083-7

Il numero si apre con l’omaggio di Anita Persson in memoriam di Karl-Åke Kärnell (1923-2000), presidente della Strindberg Society di Stoccolma e uno tra i maggiori studiosi dell’opera del drammaturgo svedese, in particolare per quello che concerne gli aspetti linguistici. Segue la pubblicazione di un intervento inedito di Kärnell del 1992, Metaphors in Strindberg’s Plays. Some Aspects.

 

Egil Törnqvist prende in esame la realtà teatrale scandinava degli anni 1970-1993. I due decenni sono caratterizzati da un uso della performatività teatrale (intesa come compresenza nello stesso luogo di attori e spettatori) con finalità molto diverse: gli anni settanta vedono i gruppi di estrema sinistra veicolare tramite il teatro un messaggio di pace contro la guerra in Vietnam; il decennio successivo, quello del boom della televisione e del cinema, è caratterizzato da una revisione del modus operandi di coloro che si interrogano sulle specificità del medium teatrale.

 

Elettra Carbone conduce un’analisi intertestuale di Canzio di Aleksis Kivi avendo come base concettuale di partenza la concezione platonica del testo come essere umano e dell’essenza fisiologica del lavoro d’arte. A questo si aggiunge quanto affermato da Michail Bachtin e ribadito da Julia Kristeva riguardo all’influenza che la rete di relazioni sociali ha sull’individuo. La studiosa ricerca in Canzio gli elementi ricollegabili all’educazione e alla formazione del suo autore e il modo in cui essi strutturano il testo; dopodiché concentra la sua attenzione sul processo evolutivo del protagonista in dipendenza dai suoi rapporti interpersonali. La domanda a cui si cerca di rispondere è: «how do Canzio and Canzio cope with this multiplicity of voices?».

 

Sandra Colella indaga le ragioni delle aspre critiche mosse alle musiche composte da Paolo Sperati per il Gildet paa Solhoug (Festa a Solhoug) per la messinscena al Christiana Theater il 13 marzo 1856. Nel saggio si ricostruisce il momento storico-sociale della Norvegia intorno a quegli anni, per evidenziare come il dramma di Ibsen vede la luce in un momento in cui si assiste alla rinascita di una forte identità nazionale, che causa un feroce risentimento contro qualunque interferenza straniera. Quella rappresentazione del dramma ibseniano doveva essere un momento di esaltazione nazionale. Porre nel giusto contesto il lavoro di Sperati permette di riqualificarne il valore intrinseco e di suggerire una nuova lettura critica delle polemiche di cui fu oggetto.

 

Cristina Falcinella analizza la figura di Anna Magdalene Thoresen (1819-1903), suocera di Ibsen e figura di spicco della cultura letteraria del suo tempo. Danese di nascita e norvegese di adozione, ella fu una tra le prime donne che vide i suoi lavori pubblicati e tradotti in Germania e in Olanda. Thoresen fu anche impegnata nel nuovo movimento di emancipazione femminile norvegese e il suo attivismo utilizzò perfino il canale divulgativo della scrittura. Falcinella è interessata a mettere in luce l’influenza di questa figura e del suo lavoro nella costruzione delle emblematiche eroine ibseniane.

 

Elisa Pecere rintraccia tre chiavi di lettura fondamentali nell’analisi del lavoro drammaturgico di Strindberg: l’autobiografismo, la storia, la metateatralità. Limitando la sua analisi al Queen Christina (1901) l’autrice intende evidenziare i motivi della riflessione sul teatro presenti nel dramma.

 

Nella sezione Performances & Materials, si segnalano Braunschwig, diptyque ibsénien. Une maison de poupée – Rosmersholm di Roberto Alonge – in cui si relaziona su alcune messinscene francesi dei due testi, tutte della stagione 2009-2010 – e Tino Carraro on Strindberg, in cui è riportata una interessante intervista di Franco Perrelli al celebre attore.

 

 

di Diego Passera


La copertina

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